Noah and the Whale
Last Night On Earth
Intendiamoci subito, questo "Last Night On Earth" è un disco carino, frivolo, piacevole quanto basta: leggero, ma non senza pretese. Ed è proprio questo il punto, l'eredità dei due dischi precedenti con cui deve convivere che lo margina in uno spazio strettissimo, dove ne soffoca sul nascere i pochi intenti. Uno sguardo al passato ci mostra infatti un intimissimo "The First Days of Spring", paradigma chamber-folk pacato e accuratissimo per incastri melodici in nostalgia di amori (finiti male), e ancora più indietro un "Peaceful, The World Lays Me Down", romantico pop-folk intorno al mondo dai battiti più accelerati e in fioritura di amori (iniziati bene).
Un esordio e una conferma coi botti, fuochi d'artificio sul cielo per l'incanto di tutti, ma in una festa che è arrivata adesso al suo momento di risacca stanca. Un terzo album che maschera la propria fiacchezza creativa in un'allegra spensieratezza in alcuni casi astutamente ethno-world ("L.I.F.E.G.O.E.S.O.N." e "Life Is Life"), in altri in maldestri esercizi pop-rock con tanto di schitarrate banali nel ritornello ("Just Me Before We Met"), ma che comunque conferma ancora una volta l'abilità del gruppo inglese nel ricreare efficaci melodie easy listening, anche se in overdose d'autostima e pacche sulle spalle ("Tonight's The Kind Of Night" e "Give It All Back" su tutte). La sottile convinzione che ci conquista tra una traccia e l'altra è che l'album tutto sia in realtà un riflesso narcisista del frontman dei Noah And The Whale, Charlie Fink (voce e chitarra), che pare mettersi sopra un piedistallo e fare quasi le prove per un possibile album da solista; tolto infatti qualche passaggio synth e un paio di buone basi soft-electro ("Wild Thing" e "The Line"), l'intero apporto strumentale appare privo di spessore, piatto come la carta da parati, laddove a defilarsi (e mancare) sono soprattutto il violino di Hobden e la batteria del fratello di Fink, veri punti di forza dei lavori precedenti, oltre la voce.
Ma come accennato all'inizio, non tutto è da buttare: il passo falso c'è, la caduta di stile pure, tuttavia non si avvertono in maniera esagerata, dato che comunque materiale sufficiente a mantenere vivo l'interesse per le prossime uscite ce n'è, anche se pochino e sicuramente con qualche aspettativa in meno. Anzi, chi si affaccia per la prima volta alla finestra dei Noah, potrebbe addirittura farsi prendere dall'album e lasciare semplicemente il marcio alla critica, malgrado la dolce-amara inconsapevolezza che si sta perdendo il meglio del gruppo.
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