R Recensione

9/10

John Hiatt

Bring The Family

Struggente, graffiante, maturo e irriverente. Può un solo disco racchiudere tutte queste qualità? Si, se si tratta di Bring the family, il miglior lavoro di John Hiatt dal suo esordio nel ’74 ad oggi.

Un inizio di carriera, quello del rocker di Indianapolis, segnato da luci e ombre, un periodo di crisi e un paio di insuccessi commerciali.

Superate le inquietudini e i problemi personali e forte di illustri collaborazioni con Elvis Costello e Ry Cooder, all’uscita dell’album John Hiatt è già un musicista apprezzato e riconosciuto, se non dal grande pubblico, da tanti artisti della scena rock, country e blues, che ancora oggi suonano i suoi pezzi.

Ad affiancare Hiatt nell’impresa ci sono questa volta Nick Lowe al basso, Jim Kaltner alla batteria e un superlativo Ry Cooder, la cui chitarra slide lascia su quasi tutti i brani di Bring the family un’impronta esclusiva. Particolarmente in evidenza nelle ballate Alone in the dark, Lipstick sunset e Tip of my tongue, la maestria di Cooder si fonde alla perfezione con l’accattivante voce di Hiatt, che proprio tra le note più dolci e soffuse si esalta e da il meglio di sé.

Ballads morbide e malinconiche, dunque, ma in cui Hiatt rivela la profondità timbrica del bluesman d’eccezione.

Accanto a queste e all’altrettanto bella e sofferta Have a little faith in me e all’acustica Learning how to love you, ci sono anche una manciata di pezzi dalla ritmica incalzante come Memphis in the meantime, in apertura di disco, Thing called love e Thank you girl. Riffs taglienti e chitarre in evidenza ad accompagnare uno Hiatt dalla voce sempre più sporca e irruente che canta di donne, di cadillac e del coraggio di amare. Nei testi delle dieci canzoni che compongono l’album le riflessioni su un difficile passato, la passione per la musica, le visioni d’amore e le aspirazioni al riscatto attraverso di esso sono sempre espresse in maniera semplice e diretta trasparendo e mescolandosi in piccole storie quotidiane e disincantate istantanee di scene di vita.

In sintesi: una tappa fondamentale nel percorso dell’autore e una perla vera nel panorama del rock americano.

V Voti

Voto degli utenti: 8,2/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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thin man (ha votato 9 questo disco) alle 4:12 del 9 febbraio 2009 ha scritto:

Ottima recensione per un disco che merita decisamente l'ascolto. Grandissimi Hiatt e Costello

FULVIO1966 (ha votato 8,5 questo disco) alle 15:21 del 3 giugno 2013 ha scritto:

Un esempio non certo facile a trovarsi di "musica nera" cantata da un bianco... Voce sporca, graffiante ma intensissima, difficile trovare il pezzo migliore, impossibile quello peggiore, probabilmente perchè non c'è!!!!!