R Recensione

10/10

Bruce Springsteen

Born To Run

Bruce Springsteen, il Boss del rock. Qualsiasi siano i vostri gusti musicali, dovrete arrendervi e ammettere che di gente come lui c'è n'è poca in giro: una carriera più che trentennale, caratterizzata da dischi capolavoro, e un'ispirazione che non è quasi mai venuta meno. Nell'ultima annata, per esempio, ha pubblicato due ottimi dischi live, Hammersmith Odeon London '75 di inizio carriera e il più recente Live in Dublin: Bruce Springsteen with the Session Band, senza contare il tributo a Pete Seeger di We Shall Overcome (edito appunto con il sottotitolo di The Seeger Sessions) e il buon Magic, che rispetta in pieno la promessa del titolo. Considerando che almeno il 90% dei cantanti che possono vantare una militanza di 25 o più anni nella produzione musicale oggi sono quasi la parodia di sè stessi (vedi alla voce Rolling Stones) o decisamente fuori fuoco (vedi alla voce Neil Young), Springsteen è un esempio di coerenza e progressiva innovazione al tempo stesso che non può lasciare indifferenti. Passiamo ora a questo disco storico.

Bruce Springsteen esordì nel 1973 e i suoi due primi album erano caratterizzati da un rock vivo e grezzo, salvo qualche ballata melodica, che già allora colpì qualche critico ma rimase pressochè sconosciuto al di fuori degli States. Springsteen aveva come caratteristica i testi molto lunghi e abbastanza articolati, che parlavano di motori, corse e personaggi ribelli, elevati quesi ad eroi in un'America che non mantiene mai quel che promette. Il 1975 è l'anno della svolta definitiva, che marchierà a fuoco il corso della musica: esce infatti Born To Run, otto canzoni di passione. Il disco riscosse subito un grandissimo successo commerciale anche grazie alla massiccia trasmissione della title-track sulle radio nazionali statunitensi, e vinse più volte il disco d'oro e di platino. Tuttora questi otto brani rimangono tra i più amati dai suoi fan, e spesso il Boss non esita ad eseguirli durante i live.

Born To Run può essere considerato come un chiavistello che di scatto scardina un'altra porta musicale, assegnando nuove parti alle chitarre e giostrando la voce sovrapponendola spesso alle tastiere, che nella maggior parte della discografia springsteniana rivestono parti importanti. L'avvio è fulminante: Thunder Road inizia con un piccolo accenno di fisarmonica e la tastiera, che poi prosegue a sostenere la voce di Springsteen finchè nella canzone non si inseriscono chitarra e percussioni, perfettamente incastonate anche in improvvise frenate e legeri cambi di ritmo; sul finale si inserisce anche il sassofono e ritorna prepotente la tastiera, a segnare una chiusura veramente epica alla canzone. Il cantato occupa molto spazio, ma le parolo sono lanciate con una tale espressione che le frasi diventano un fuoco che incendia tutto quello che c'è intorno, sollevato dal vento della musica; proprio per questo motivo, anche se spesso i testi si dilungano, la voce non annoia mai, in un concentrato di espressione rabbiosa e speranzosa insieme.

Subito dopo c'è la sterzata di Tenth Avenue Freeze Out, che più che al rock attinge alla tradizione folk e lo mostra evidentemente: le chitarre sono infatti relegate momentaneamente in secondo piano con alcuni accordi, mentre i fiati compaiono dall'inizio e scavano una veloce e calda base, accentuata molto anche dalle note ripetute della tastiera. Gli strumenti musicali si lasciano andare a momentanei virtuosismi, con Springsteen che ripete e ripete il titolo, si crea quasi un piacevole loop, che viene sciolto da contemporanee riprese degli strumenti e la canzone finisce prima di quanto ci si aspetti. Con Night si ritorna invece sulla carreggiata del rock sostenuto e le chitarre che tracciano le trame principali, semplici e a tratti più estese, qui sostenute anche da un ottimo lavoro alle percussioni.

Ciò che rende il brano unico è il raggiungimento della perfetta forma-canzone springsteniana: cantato che, al solito, occupa gran parte della canzone ma che si avverte quasi come uno strumento umano, perchè scandito dalle pause ripetute a fine strofa e dall'inserimento finale di fiati passionali e puntuali. Senza tregua, si viene subito lanciati nella monumentale Backstreets, che si dilata come un'equazione: aggiungi minuti e musica, ma il risultato non cambia, l'uguaglianza tra emozione e melodia resta la stessa: un minuto di introduzione pianistica, dissolta nelle formidabili aperture successive su cui il Boss non canta solamente, stavolta quasi urla nel ritornello senza però mai "steccare"; i tasti bianchi e neri si susseguono in cambi di ritmo incastonati l'uno con l'altro e la chitarra trova anche un breve assolo a metà brano; poi la situazione si rilassa in un crescendo che culmina con la frase "I'm on the backstreets" ripetuta a mille mentre la base musicale si impenna per poi atterrare dolcemente alla fine.

Si apre in seguito quello che è il brano più conosciuto dell'album al ivello generale, la title-track Born To Run, che si merita però il successo riscosso: appoggio iniziale sulla rullata di batteria, poi a proseguire è tutta una meraviglia che procede senza mai guardarsi dietro con l'avanzare progressivo di doppie tastiere, chitarre, percussioni-metronomo e fiati cadenzati, tutto che si scambia il palcoscenico a turno: e così ora vieni addolcito dagli effetti tastieristici, ora ti emozioni su un giro di chitarra, ora balli sul sax scolpito in prima linea e mentre tutto risuona fastosamente Springsteen canta "baby, we were born to run" e tutto ha un senso, compiuto, meraviglioso.

La successiva She's the one ha la stessa durata e la stessa carica di intensità: Bruce inizia subito a dare carezze e schiaffi con la voce mentre sotto di lui lavorano una tastiera a scale crescenti e una chitarra ad accordi, poi alla pronuncia del titolo la starda si fa maggiormente in salita, e con le corde domina i tasti e l'onda del rock travolge la melodia; altra ripetizione del titolo e le chiaterre variano ancor di più, con ancora l'inserimento, usato molto spesso in verità, del sassofono sul finire della caznone ed è ancora una festa di colori e di suoni, ripartiti in picchi e virtuosismi finali. Si ritira un pò il fiato con Meeting Across The River: una semplice ballata pianoforte, fisarmonica e leggeri archi a tinte acquarello a fare da cornice agli stacchi di sassofono, stavolta discreto e più evocativo che passionale, e le frasi amplificate dal microfono; per una volta, invece di un mare in tempesta, troviamo bonaccia, solo un pò di brezza. Ed è un bene. Per l'ultimo brano sarebbe lecito attendersi ancora qualcosa di più movimentato dopo questa parentesi melodica; puntualmente questo arriva, ma è molto di più di una semplice accellerazione, è lo scatto finale che permette al bravo corridore di vincere la corsa.

Pianoforte arrembante e sciolto, chitarra che graffia; immaginate una palla di neve fatta rotolare su un pendio nevoso, si ingrandisce pian piano e diventa talmente grande che alla fine è impossibile fermarla anzitempo. E' proprio così: ci si trova catapultati all'improvviso all'interno di un assolo coinvolgente mentre Springsteen domina ancora tutto con le parole. Ancora una cancellatura veloce, che permete di riscrivere ma non elimina del tutto quello che era stato fatto prima: si inseriscono fiati lenti nell'incedere e una scena è solo per loro, poi tornano ancora tastiere ed eccellenti percussioni per una conclusione semplice a sfociare in poche note; da poche diventano un fiume in piena che rompe ancora gli argini e allaga la fertile pianura del rock. Tutto questo è Jungleland, 9 minuti di emozione pura.

Born To Run era solo l'inizio per questo ragazzo che non credeva più nel sogno americano, e che però ne stava costruendo uno personale, molto più grande. Nel maggio del 1974 il critico musicale Jon Landau disse: "Ho visto il futuro del rock e il suo nome è Bruce Springsteen". Riascoltando questo disco non si può far altro che dargli ragione.

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Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 44 voti.

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PierPaolo (ha votato 1 questo disco) alle 9:53 del 27 ottobre 2008 ha scritto:

Bella recensione da fan

Io invece sono tutt'altro che springsteeniano. C'è un certo tipo di rock americano, compatto e verboso, enfatico e manieristico (Springsteen, Tom Petty, The Band...) che mi entra in un orecchio e mi esce dall'altro. Non possiedo l'enzima per fissarlo in qualche mia cellula cerebrale del gusto, e dell'affetto. Amen.

PierPaolo (ha votato 1 questo disco) alle 9:53 del 27 ottobre 2008 ha scritto:

Bella recensione da fan

Io invece sono tutt'altro che springsteeniano. C'è un certo tipo di rock americano, compatto e verboso, enfatico e manieristico (Springsteen, Tom Petty, The Band...) che mi entra in un orecchio e mi esce dall'altro. Non possiedo l'enzima per fissarlo in qualche mia cellula cerebrale del gusto, e dell'affetto. Amen.

swansong (ha votato 7 questo disco) alle 10:43 del 27 ottobre 2008 ha scritto:

Mai trasmesso granchè!

Innanzitutto complimenti pel l'accorata recensione, quanto al boss, mi accodo al pensiero di Pier Paolo, non mi arriva...Detto questo, senz'altro Born to Run è uno degli episodi più ispirati ed interessanti dello Springsteen versione rockettaro, anche se continuo a preferirlo nella dimensione più legata al folk

Mr. Wave (ha votato 7 questo disco) alle 10:51 del 27 ottobre 2008 ha scritto:

no è il miglior album di Springsteen... (secondo me)

Un album che segnerà la svolta stilistico-artistica del Boss... (ma la summa delle sue capacità artistiche e dei stilemi musicali da lui attraversati, la raggiungerà comunque nell'80 con ''The River'' (mio modesto parere)... Per quanto concerne il discorso musicale, dell'album in questione, credo che rispetto ai due album precedenti, il seguente sia più ricco di spunti ed incisivo. Liriche struggenti e dirette, che narrano una America problematica e ardua da vivere, dai gusti acri e sofferenti, e dalla rivolta giovanile nel ''azzardo'' di non farsi intrappolare nel fugace ''Sogno Americano''. Le perle dell'album, da ricordare sono: Thunder Road, Backstreets, Born to Run e Jungleland... [7.5]

conte max (ha votato 8 questo disco) alle 17:26 del 27 ottobre 2008 ha scritto:

LA GIOVINEZZA ANCORA PURA DI UN ROCKER SINCERO

BUONA RECENSIONE,EQUILIBRATA TRA PASSIONE PRINGSTEENIANA E REALE IMPORTANZA DI UN DISCO ALTRETTANTO AMATO.

E' strano lo riascolto in questi giorni accompagnandolo con un bel libro che approfondisce i testi del boss.

Ancora mi emoziona e questo mi basta, comunque nei classici di storia era una lacuna da colmare ben fatto e saluti.

DonJunio (ha votato 8 questo disco) alle 18:28 del 29 ottobre 2008 ha scritto:

At night we ride through mansions of glory in suicide machines

Amo molto il Boss, e i suoi dischi mi hanno fatto compagnia in tanti momenti della mia vita, fin da bambino quando il mio babbo metteva la cassetta di "Born in the USA" nella sua vecchia 128 e se chiudevo gli occhi mi vedevo percorrere le highways americane anche se eravamo nelle strette strade statali sarde ...ma la sua opera sarà sempre, inesorabilmente qualche gradino sotto i due maestri Young e Dylan. Anche nei suoi migliori album ci sono pezzi sublimi alternati a stereotipi malcelati e questo non è comuqnue all'altezza di "The River" e "Nebraska", i suoi apici.

thin man (ha votato 10 questo disco) alle 4:21 del 9 febbraio 2009 ha scritto:

Un disco che annovera canzoni come Thunder Road, Backstreets, Born To Run, Jungleland e Meeting Across The River è e sarà sempre un capolavoro assoluto

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 8 questo disco) alle 18:58 del 13 maggio 2010 ha scritto:

Bel disco. Non il mio preferito di Springsteen, mi piaciono di più The River, ma anche Born In The U.S.A.. Qui però c'è quel capolavoro di Thunder Road, una canzone bellissima, forse la sua più bella dopo The River. Per chi ama questo Springsteen, fresco e vitale, consiglio il Live At The Hammersmith Odeon London 1975, che è in pratica una versione deluxe, ampliata, di Born To Run, ma dal vivo, con i classici treni di medley rock and roll, che sui dischi in studio non trovavano spazio.

dalvans (ha votato 8 questo disco) alle 15:21 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Buono

Buon disco

David (ha votato 0,5 questo disco) alle 16:44 del primo settembre 2012 ha scritto:

Populismo a gogò.

gionninetynine (ha votato 9 questo disco) alle 14:40 del 3 settembre 2012 ha scritto:

Innocenza a gogò.

inter1964 (ha votato 8,5 questo disco) alle 18:12 del 29 novembre 2012 ha scritto:

Disco superlativo che appartiene alla storia del r'n'r'. Sottoscrivo però quanto già scritto da altri recensori, cioè che davanti a Springsteen ci stanno Young poi Dylan e prima di Born to run ci stanno rispettimavente Nebraska e The River.

The musical box alle 20:56 del 13 agosto 2013 ha scritto:

Questo e darkness hanno scritto semplicemente la storia della musica e del rock...ci devono essere discussioni sulla musica e tutto può o non può piacere ma almeno bisogna riconoscere la grandezza quando si manifesta...thunder road da sola vale l 80% della discografia di tutti i gruppetti mitizzati di questi tempi e non solo...la musica resta quando è ispirazione assoluta, cruda realta che si manifesta con la più tremenda semplicità

redbar alle 13:22 del 18 luglio 2016 ha scritto:

Avendo seguito Springsteen più o meno dalla prima ora, fra fasi intense ed altre di più tiepido interesse, qualche tempo fa mi chiedevo come fosse accaduto che un artista già conosciuto in tutto il mondo negli anni ottanta fra gli appassionati di rock fosse, in seguito, diventato addirittura un fenomeno planetario in grado di scavalcare i confini musicali e coinvolgere, nel rito nei concerti, una massa indistinta di persone attratte irresistibilmente da quell’esperienza. Conosco diverse persone che non seguono in modo particolare uscite discografiche o generi musicali, ma non si perdono per nulla al mondo il periodico tour nazionale di Bruce. La risposta continuo a darmela ogni volta che, come di recente a Milano, riesco ad assistere a un suo concerto: in questi tempi pieni di inconsistenza e mistificazione, c’è bisogno di aggrapparsi a qualcosa di vero e sincero come il “lavoro” di Bruce.

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:48 del 18 luglio 2016 ha scritto:

"è durato piu' il concerto di Springsteen al circo massimo che il golpe in Turchia " cit LOL

Utente non più registrat (ha votato 7 questo disco) alle 9:02 del 10 aprile 2019 ha scritto:

Sì ma... a un certo punto lo capirà mai il mondo che The Wild è migliore di Born to Run?

Dexter (ha votato 10 questo disco) alle 15:01 del 6 novembre 2021 ha scritto:

Voto massimo. 8 canzoni di cui 2 capolavori assoluti. Il più springsteeniano dei suoi album.