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R Recensione

8/10

Silencer

Death pierce me

C’è un qualcosa di sconvolgente nel duo svedese Silencer a partire dalla storia dei componenti Nattramn e Leere. Un solo album intitolato "Death – pierce me" pubblicato nel 2001, basta per creare il mito e collocarlo tra le pietre miliari del depressive metal. La band si forma nel ’95, due illustri sconosciuti con alle spalle qualche album di Dark Ambient, creano una leggenda che ancor oggi sopravvive, per poi far perdere completamente le loro tracce.

La storia di Mikael Nilsson, in arte Nattramn è un "Black Metal Myth". Personaggio altamente instabile su cui Carlo Lucarelli avrebbe dovuto spendere almeno una puntata.

 Amante dei maiali, pubblica un libro di poesie “Grighjarta” a loro dedicate, la passione è tale che pare durante l’incisione dell’album, Nattramn si sia amputato le dita per poi farsi impiantare delle zampe dell’animale amato al posto degli arti. Questo atto gli fa guadagnare la detenzione in manicomio, dal quale fuggirà per tentare l’assassinio il giorno seguente di una bambina per mezzo di un ascia. A questo punto il racconto diventa fantozziano. Tentata la fuga in bicicletta, viene presto raggiunto dalla polizia e Nattramn - alzata l’ascia al cielo - si lancia verso gli ufficiali chiedendo di essere ucciso.

Le vite lacerate, l’odio verso se stessi, il contatto con la morte, danno origine a queste preghiere autodistruttive, un perfetto condensato di atmosfere dark made in Svezia. E’ proprio qui che ci troviamo ascoltando il primo brano "Death-pierce me". E’ buio, talmente fitto da non percepire nulla intorno, c’è nebbia umida che si attacca al volto, la ritmica semplice, essenziale del pezzo nella parte “melodica” contribuisce allo smarrimento. Ad un tratto irrompe un acutissimo urlo ed inizia il canto di morte. L’urlo, nella struttura dei pezzi anticipa la parte power metal. La voce disperata, cosi diversa, quasi innaturale confrontata alle solite dell’ambiente metal, non ha nulla di maschile, profondo, anzi è una voce di gola, stridula, sforzata, in falsetto, non sofferente ma isterica. Il primo pezzo dura 10 minuti e anticipa il cuore dell’album.

Il secondo brano è "Sterile Nails and thunderbowels", e anche qui la parte ritmica si alterna con quelle black metal iniziando ad acquisire solidità, consistenza. Il terzo pezzo "Taklamakan" inizia con molta più forza ritmica e abbandona l’ambientazione creepy per inoltrarsi nel metal puro. L’album prosegue con un alternanza netta fino all’ultimo brano "Freeble are you- sons of sion", pezzo strumentale, un piano monotono per tre minuti, ripetitivo, annuncia la fine, la quiete, il degno epilogo, la morte, l’assenza.

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etta_07 10/10

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