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R Recensione

9/10

Meshuggah

obZen

Volevano ritornare a suonare “canzoni”, i Meshuggah, con il nuovo album: materiale più facilmente scomponibile in unità indipendenti e dunque più facilmente riproducibile dal vivo rispetto al monolitico disco precedente. Ma come non fare i conti con un capolavoro come “Catch Thirtythree”, sicuramente un album ancora in larga parte sconosciuto ed incompreso, ma del quale i migliori artisti, non solo metal ma di un po’ tutti i generi, hanno ben saputo far tesoro?

Perché è ormai difficile non condividere il fatto che in tempi in cui si sprecano i “post” – post rock, post metal, post pop, ormai tutto è post-tutto in operazioni che spesso sanno più di riciclaggio o provocazione che di novità – la proposta del quartetto nordico ha avuto il pregio di aver illustrato alla perfezione e in maniera meravigliosamente musicale più che testuale, la condizione dell’uomo contemporaneo, smarrito nell’era tecnologica tra cifre e codici che portano a somme e risultati ai quali egli è alieno, e al quale rimane la dimensione del sogno come unico appiglio per (fingere di) considerarsi vivo e superiore alle macchine, che tuttavia viene frustrata definitivamente nello scoprirla immediatamente ed irrimediabilmente già corrosa, malata e compromessa. Hanno vinto le macchine, l’uomo non vuole riconoscerlo ma ormai ha trasferito alle macchine, alle cose, agli oggetti la proprietà di determinare il corso degli eventi: l’uomo, è già stato detto da decenni, è antiquato, ma non lo è mai stato come oggi.

Non è cambiata la situazione, non sono dunque cambiati i Meshuggah. Che inscrivono l’ultimo lavoro in studio in una riflessione sulla società moderna, che come illustrato tanto nella copertina che nel titolo – “obZen”, mix di obscene e Zen – si è venduta ad una religione della vergogna, dell’osceno, ad un credo malato che più che condurre ad una salvezza sembra ormai l’unica forma di forzata consolazione. Ritorna quindi nella musica la scomposizione matematica dei riff, il bending (che fa un passo in avanti rispetto a “Catch 33”, soprattutto in “Bleed”, dove è reso più macroscopicamente in veloci passaggi cromatici terzinati), l’irreversibile malattia degli assoli, diluiti in lunghe tirate mono-nota che dipingono in pennellate lentissime paesaggi mentali desolanti, i passaggi più volutamente psichici, sulla falsariga di “The Paradoxical Spiral”. Non mancano i soliti lievi spiragli di salvezza: Thomas Haake, che stavolta suona davvero, in mezzo al consueto ordinatissimo caos continua a scandirci sempre e comunque i quarti sui piatti, mentre mister Jens Kidman segue a cantare la sua monocromatica litania. Segnali invariabili durante tutti e cinquantatré i minuti dell’ascolto, che però nella loro inamovibilità servono anche da evidenziatori dell’inferno che li accompagna.

Ma non si sta parlando di una copia del precedente lavoro, anzi: non solo cambia la forma-canzone – le canzoni sono quasi tutte sui cinque minuti, tranne l’ultima, bellissima “Dancers To A Discordant System”, che chiude ancora una volta senza troppe speranze su una futura guarigione compositiva dei Meshuggah (per fortuna) – ma si viene illusi del cambiamento già dal primo ascolto. L’opening “Combustion” con l’alternanza cassa-rullante riporta indietro il calendario a “Chaosphere” e ci ricollega a sonorità decisamente più thrash e – udite udite – c’è un vero e proprio malatissimo assolo, con tanto di salto di tonalità. Ma l’illusione si schianta prima sulle pennate languidissime e pesantissime di “Electric Red” per poi venire del tutto frantumato dalla violenza di “Bleed”. Giusto il tempo di riflettere con “Lethargica” – che si appoggia su un avvio abbastanza collaudato per liquefarsi in un finale che pare la continuazione di “Strings Pulled At Random” dove la dissolvenza sembra solo rendere il tutto ancora più ipnotico – prima che la title track “obZen” apra la seconda e più significativa parte del disco su sonorità che assommano le più diverse esperienze della band. Da qui in poi si respira infatti molto “Catch Thirtythree”, ma ci si apre spesso a sfuriate più tipicamente thrash tipiche del periodo pre-“I” della discografia del gruppo (la parte mediana della stessa “obZen”) quanto ad atmosfere alla “Nothing” (già presenti nel fraseggio mediano di “Electric Red”, ma ben visibili anche in “The Spiteful Snake”). Il binomio “Pineal Gland Optics” e “Pravus” pare essere quello nel quale le istanze diverse degli ultimi dieci anni di carriera discografica dei Meshuggah trovano la migliore confluenza (soprattutto “Pravus” pare una canzone dei primi tempi riarrangiata alla maniera di I”), prima che la già citata “Dancers To A Discordant System” assommi in sé già solo nei primi secondi, tra le altre, “The Paradoxical Spiral” (il bicordo inziale), “Perpetual Black Second” (la furia del riff), “Spasm” (il cantato), il tutto in formato di dimensioni epiche alla “In Life - Is Life/In Life - Is Death”, che già i fan probabilmente smaniano per vedere suonare dal vivo.

E’ l’album della sintesi, riuscitissima.

E del resto andare più avanti di quanto fatto con “Catch Thirtythree” pare davvero impossibile. Perché i Meshuggah hanno scelto ormai da tempo di non andare più avanti, ma di scendere in basso, seguire la spirale che porta sempre più dentro di noi, oggi, e cantare senza tanti giri di parole quello che vi hanno trovato. Testimoni dell’apocalisse, coscienti della fine imminente, affidano alla propria indignazione e disperazione l’ultima e l’unica lucidissima testimonianza della propria esistenza ed urlano, come ultimo atto della rivolta, la propria collera in faccia ad un dio tecnologico da noi creato ma ormai sconosciuto.

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Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 10 voti.
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REBBY 6/10
CigarO 9/10
Lux 3/10
rael 2/10

C Commenti

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Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 18:24 del 10 marzo 2008 ha scritto:

Tu sei bravissimo

e questo è sicuramente fra i miei dischi dell'anno. Un calcio rotante sui coglioni con ustione finale. Metal intelligente e di qualità

Nucifeno (ha votato 9 questo disco) alle 12:20 del 12 marzo 2008 ha scritto:

Allucinanti e psichedelici

Per ora, disco dell'anno

rael (ha votato 2 questo disco) alle 10:03 del 25 marzo 2008 ha scritto:

altri metallari per brufolosi?

Nucifeno (ha votato 9 questo disco) alle 13:44 del 25 marzo 2008 ha scritto:

.

Non penso

Lux (ha votato 3 questo disco) alle 11:05 del 8 aprile 2008 ha scritto:

A fuoco il mio pube!

Questo approccio al metal, mi ustiona il pube!

CigarO (ha votato 9 questo disco) alle 1:58 del 28 agosto 2008 ha scritto:

RE: A fuoco il mio pube!

ahia

simone coacci alle 12:39 del 24 aprile 2008 ha scritto:

Metal per brufolosi? I Meshuggah? Non è che per caso ti riferivi ai...niente? Ma ascoltarlo il disco, magari, prima di parlare? E vale per tutti, me compreso...