Iron Maiden
Iron Maiden
Alla fine dell’anno 1979 la storia musicale stava per cambiare per sempre. All’interno di una scena che era sempre stata dominata dal punk e le cui redini erano ormai saldamente nelle mani della new wave , uno sparuto gruppo di band, tra cui faceva capolino il bassista Steve Harris e i suoi Iron Maiden, si ostinava ad opporsi ai concetti di base e agli stilemi tipici di quelle correnti. Questo gruppo di band, che a stento riusciva a sopravvivere e ad avere spazi nei locali alternativi di Londra, Manchester e tutti i centri nevralgici della musica britannica, apparve in una modesta compilation chiamata Methal For Muthas, una raccolta di brani accomunati solo dal fatto di essere più ‘rumorosi’ del solito, anche più dell’hard rock a cui il mondo era stato abituato da Led Zeppelin, Black Sabbath , Deep Purple e Blue Oyster Cult. E quasi per scherzo un giornalista azzardò il termine ‘New Wave Of British Heavy Metal’ , per evidenziare il contrasto con la corrente post-punk denominata new wave, e al contempo sottolineare l’appartenenza a quel sound metallico che alcune band andavano costruendo in quegli anni, primi su tutti i Judas Priest. La Storia si era scritta da sola.
Resterà per sempre un mistero cosa abbia fatto scoppiare quel terremoto musicale che scosse prima l’Europa (il sisma ci mise pochissimo ad approdare in Germania, dove soprattutto gli Scorpions, attivi già da alcuni anni, sterzarono decisamente verso le nuove sonorità) e poi il resto del mondo, ma il mistero più grande resta quella band che in trent’anni di carriera ha conquistato consensi di critica e pubblico come nessun’altra band di Heavy Metal, senza mai scendere a compromessi e senza mai rinunciare ai propri marchi di fabbrica.
Sistemata la line-up (il chitarrista Dave Murray resterà per sempre al fianco di Steve Harris) gli Iron Maiden hanno diverse armi vincenti. La opener del loro disco, Prowler, dominata da un ossessivo effetto ‘crybaby’ (anche noto come ‘effetto wah-wah’ ), mostra la capacità della band di comporre riff memorabili e , insieme, esalta la struggente voce di Paul Di’Anno , potente e splendidamente modulata, una di quelle rare voci riconoscibili sopra ogni dubbio a varie miglia di distanza. Il singer partecipa anche alla composizione di alcuni brani, fra cui la malinconica Remember Tomorrow, in cui, pare, abbia raccontato a modo suo alcune vicende che riguardano suo padre. Ma la padronanza strumentale della band si manifesta nella spettacolare Phantom Of The Opera , ispirata al romanzo di Leroux , in cui sentiamo le chitarre urlare l’angoscia del protagonista nei meandri dei sotterranei in cui si nasconde.
E proprio quest’ultimo, insieme alla strumentale Transylvania (forse non tutti sanno che un tempo aveva un testo, poi eliminato in fase di produzione) e alla title-track , mostra l’attitudine horror del gruppo (il nome Iron Maiden richiama lo strumento di tortura medioevale, presente in moltissimi film dell’orrore, chiamato ‘Vergine di Norimberga’ o , semplicemente, ‘Vergine di ferro’), i cui concerti sono spesso all’insegna di un mini teatrino granguignolesco, talvolta servito da qualche effetto pirotecnico artigianale. Contribuisce all’iconografia, forse sopra ogni cosa, una maschera creata da un roadie, chiamata ‘Edward The Head’ e poi diventata la mascotte ufficiale Eddie, che domina ogni copertina. In questo bizzarro contesto, come continuazione del già citato Transylvania,spicca uno dei pochissimi brani interamente lenti dei Maiden (forse unico insieme alla futura Prodigal Son), la meravigliosa Strange World, racconto di Science Fictionpartorito dal leader della band. Nonostante alcune influenze evidentemente blues, però, questo disco (anche se per i fan più sfegatati della prima era il migliore è il successivo Killers) sembra nascere dal nulla.
La critica si è prodigata in citazioni e richiami musicali, ma la realtà è che l’impatto innovativo delle composizioni strumentali sembra arrivare da un altro luogo, da un altro tempo : non c’è la violenza dell’heavy metal più classico o del thrash metal, i riff predominanti non assomigliano affatto a quelli della tradizione hard rock e, se ben si ascoltano alcuni ‘momenti’ del disco possiamo quasi sentire ( già nella ribelle Running Free, nel cui testo e nel cui spirito si respira inevitabilmente un po’ dell’aria punk di quegli anni) i singulti delle cavalcate maideniane che da The Trooperin poi (brano appartenente al quarto disco Piece Of Mind) domineranno il suono della band. Un cenno minimo lo meritano altri due brani, Charlotte di Harlot, disperata , ma anche ironica, melodia dedicata ad una (immaginaria?) prostituta (uno dei brani che forse più risente della bravura tecnica del batterista Clive Burr, votato all’epoca come ‘terzo batterista del mondo’! ) e il brano Sanctuary che, pur non facendo parte della scaletta originale, fu un singolo talmente conosciuto e talmente tanto riproposto in fase live, che la band ha deciso, nelle ultime ristampe, di inserirlo come seconda traccia in Iron Maiden.
Mistero il successo di pubblico della N.W.O.B.H.M , mistero il successo, tra le poche di quelle band che poi saranno ricordate davvero negli annali della musica, degli Iron Maiden , quel fattore X che celebreranno nel loro decimo disco (X sta, ovviamente, anche per ‘10’), ma questa, signori, è un’altra storia…
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