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R Recensione

7/10

Wolf Parade

Expo 86

Spencer Krug e Dan Boeckner, reduci dalle rispettive fatiche nei progetti paralleli, danno alle stampe il loro disco più compatto, più ruvido e tirato. Quasi interamente registrato in presa diretta, forse proprio a rimarcare un’idea di gruppo messa in discussione dalle sortite individuali, "Expo 86" – l'esposizione universale di quell'anno si tenne in Canada, a Vancouver – sintetizza le anime della band: quella più marcatamente indie di “Apologies to the Queen Mary”  e quella più rock di “At Mount Zoomer”. 

Questo è Borges: “Un destino non è migliore di un altro, ma ogni uomo deve compiere quello che porta in sé”. Si perdonerà l’altisonanza della citazione, ma il concetto non pare fuori luogo: senza rinunciare ai tratti distintivi e anzi esaltandoli (il cantato tragicamente sguaiato, le tastiere eighties, le strutture claudicanti, le chitarre acide, la convivenza di un mood malinconico e un altro più solare), i Wolf Parade portano a compimento una formula sonora che avevano in precedenza soltanto lasciato intuire, svincolandosi a un tempo da una “scena canadese” - Arcade Fire su tutti - e dall’ombra incombente dei Modest Mouse, relegati ora a nume tutelare.

"Expo 86" rivela un’alchimia compositiva fatta di cambi, stacchi, ripartenze, accelerazioni, aperture liriche e incursioni nei territori più danzerecci, ma soprattutto riesce nell’arduo tentativo, tanto perseguito da infinite band, di tenere insieme la glacialità di certa new wave e il fuoco del rock’n’roll. Apici, in questo senso, "Cloud Shadow On The Mountain", guidata da un Krug spericolato e in piena vena Sunset Rubdown, "What Did My Lover Say? (It Always Had To Go This Way)" e l'abrasiva "Pobody's Nerfect" (con assolo in odore hard-rock!).

Disco perfetto, dunque? No: i Wolf Parade pagano tanta grazia cedendo qualcosa in fase di scrittura ("In The direction Of The Moon", "Oh You, Old Thing", "Yulia") e difficilmente centrano quelle melodie da perdere la testa presenti soprattutto nel disco d’esordio. Neo non da poco, soprattutto in tempi in cui, per la smania di stare al passo con le uscite, si dedica ai dischi poco più di mezzo ascolto, tornando a far girare solo quelli più cantabili.  

"Expo 86" ci fa vedere di cosa sono capaci i Wolf Parade e sciorina trovate sonore e arrangiative con una facilità invidiabile. Aggiustino il tiro sotto il profilo melodico: poi, davvero, ci sarà da divertirsi.

V Voti

Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 4 voti.
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target 7/10
mavsi 6/10
REBBY 6/10

C Commenti

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target (ha votato 7 questo disco) alle 10:57 del 10 giugno 2010 ha scritto:

Pare che sia il disco che loro si sono divertiti di più a fare, ma per me non è né il loro disco più divertente né il più bello. Dici bene Simone: è un lavoro più compatto, più tirato, più abrasivo nei suoni, ma io ci sento anche meno idee rispetto ai precedenti (ad "At mount zoomer", in particolare: "Queen Mary" suona ormai come una luminosa preistoria, difficilmente paragonabile ai dischi successivi). Pezzi come "Palm road", "In the direction of the moon" o "Oh you, old thing" girano a vuoto, anche dopo ripetuti ascolti: a voler suonare da band sembra che Krug e Boeckner si limitino a divertirsi e sbizzarrirsi nel contorno (hai ragione: qualche bel riff fugace, qualche bella rifinitura di tastiere c'è sempre, anche nei pezzi più tirati via), lasciando un po' vuota la sostanza. Cioè: a non volersi togliere spazio a vicenda, nessuno dà mai la stoccata decisiva. Non mancano bei momenti (1,3,4,6,11), ma sono meno esaltanti e meno numerosi del passato. In cifre, toh, direi 6,5. Arrotondo in su, ma penso che sia il loro lavoro minore.

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 18:04 del 26 luglio 2010 ha scritto:

"il loro disco minore"

Concordo anch'io, anche sul fatto che At mount zoomer sia il loro album migliore e pure sul resto

che ha scritto Francesco. Aggiungo solo che il

sound di questo nuovo (peccato avevo immaginato

altri sviluppi...) è molto più classic rock e

chitarroso (che è, han fatto indigestione di Deep purple?) del precedente.