V Video

R Recensione

6/10

Moonface

With Siinai: Heartbreaking Bravery

Nella sua incarnazione come Moonface, Spencer Krug si sta sbizzarrendo a far uscire di tutto. Musica per marimba, album costruiti sull’organo, e ora questo lavoro in collaborazione con la band finlandese tra krautrock e post-rock Siinai. Si tratta della sua cosa migliore, sotto questo moniker, anche se la forma smagliante del Krug più propriamente canadese era altra cosa.

A pensarci bene, i tempi degli Wolf Parade, dei Sunset Rubdown, dei Frog Eyes e degli Swan Lake sono ben più vicini di quanto sembrino. La realtà è che ormai niente di quell’esplosiva fase creativa della canadian wave resiste, e non è un caso se Krug, sbaraccato il circo, si sia proiettato musicalmente in Europa: dopo i kraftwerkismi divaganti del disco precedente, ci sta, allora, che cerchi di riconquistare la forma canzone con l’aiuto di una band saldamente continentale ma ben allineata sui suoi registri assieme epici e sgangherati. Ne escono brani interessanti, dove tastiere e chitarre tornano a recitare la parte delle protagoniste, anche se su strutture molto più lineari rispetto al passato.

È un Krug riaggiornato, dunque. La roba recente cui si avvicina di più questo sound, per capirci, può essere quella degli ultimi Lower Dens. Art rock dalle fattezze kraute, piuttosto monolitiche (pure troppo, qua e là), nelle cui lente spire Krug può calare i suoi testi simbolici, qua più diretti del solito, per effetti sempre molto solenni (“Faraway Lightning”, “Yesterday’s Fire”, “Lay Your Cheek On Down”).

C’è, a regnare, un’ipnosi ignota alle devianze mattoidi dei progetti canadesi mid-’00, e il rischio, come nelle altre cose a nome Moonface, è che la monotonia e la mancanza di guizzi di certi episodi (“Shitty City”, “Quickfire, I Tried”, la title-track) annacqui la tensione ben riuscita di altri (la filmica “Headed for the Door”, attorno all’orgoglioso rifiuto delle avances di una giovane ammiratrice: «She was only 23 or she was only 24, I headed for the door / I had seen her move this way once before, and I headed for the door») o l’energia sgusciante di certi momenti (“I’m Not the Phoenix Yet”) in cui le mosse tarantolate dei synth danno più giustizia a Krug.   

Il ragazzo c’è. Il battito pulsa. E questo resta un disco così-così che però non smentisce quella dolce sensazione che da Krug un altro capolavoro possa ancora venire fuori.

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 1 voto.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.