Moonface
Julia With Blue Jeans On
Prima la marimba. Poi lorgano. Poi la collaborazione con la band finlandese. Spencer Krug, dopo la fine di Wolf Parade e Sunset Rubdown, sta esplorando. E, come spesso accade durante le esplorazioni più selvagge, è finito per arrivare nel posto più ovvio, per la ragione più ovvia. Julia With Blue Jeans On è un disco damore (finito) fatto di soli piano e voce. Più lontano di così uno che viene dal furore scompaginato della canadian wave anni zero non poteva capitare. So far, so close.
Eppure è qui che Krug, nella veste solista di Moonface, ha dato finora il proprio meglio, per quanto i fasti degli anni passati non siano pareggiabili. Al di là di qualche passaggio tirato troppo per le lunghe, il disco funziona, scheletrico ma assieme mai scontato, in un territorio in cui la banalità è il peccato più facile in cui cadere: fin da Barbarian Krug batte i tasti alternando dolcezza (toccante il Leitmotiv che torna in Barbarian II) e veemenza, puntando su linee sorprendentemente nitide e prive di arzigogoli operistici per i suoi standard (Everyone Is Noah, Everyone Is The Ark, "First Violin"). Il che non esclude pezzi che virano verso arie da melodramma (November 2011) o momenti di introversione autunnale in minore che sembrano il denudamento di certi brani sunsetrubdowniani (vd. la title-track).
A stupire di più sono alcuni frangenti di sognante quiete (Dreamy Summer) e una chiarezza diaristica nei testi inedita per la scrittura di Krug, solitamente irta di simbolismi e punti oscuri. Dopo la foga di Heartbreaking Bravery era necessario, evidentemente, per Krug, guardarsi indietro unultima volta per chiarire e chiudere tutto. E così Julia With Blue Jeans On ha un sapore terapeutico rasserenante che ci mostra un Krug-tabula-rasa auspicabilmente pronto per nuove avventure di convulsioni e frenesie.
Passaggio necessario, che Krug rende pure piacevole. Ma non può essere questa la sua veste migliore.
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