V Video

R Recensione

7/10

Hjaltalin

Terminal

Dall'estrema terra dei ghiacci, delle montagne e del fuoco (il fuoco dei vulcani) arrivano gli Hjaltalin. Da tempo abbiamo modo di assaporare musica sopraffina dalla lontana Islanda: entità forti, e parte a tutti gli effetti della storia della musica contemporanea come Björk ed i Sigur Rós, si sono guadagnati il successo e la fama grazie a sperimentazioni avanguardiste, sonorità uniche, innovative e magiche. Arrivano invece in silenzio gli Hjaltalin, un silenzio fatto di suoni e melodie dolci e velate. Nel 2009 è uscito il nuovo album, Terminal, ricco di influenze delle più disparate specie musicali. Terminal tocca le vette del jazz, passando per l’indie rock e la musica classica, trasportandoci dolcemente in Islanda. Un'Islanda tuttavia diversa da quella a cui siamo abituati, differente da quella rocciosa ed aspra dei Sigur Rós, e affollata di rumori indistinti che si intrecciano tra loro violentemente. Un'isola nordica lontana, lontanissima da quella algida e fiabesca di Björk. Gli Hjaltalin raccontano di sole, vento leggero e le melodie di Terminal ci cullano lasciandoci planare sulle coste attorno Rekjavik in un tiepido pomeriggio primaverile. I sette strumentisti si alternano e fondono per creare piacevoli melodie alternate a desolati silenzi e turbinanti ritornelli.

L’album è impetuoso, inizia velocemente e con ritmi martellanti. Le prime Suitcase Man, Sweet Impression e Feels Like Sugar hanno ritornelli dinamici e percussioni pulsanti. Nel cuore dell’album troviamo invece ritmi più cauti e rilassati, con le percussioni violente che lasciano spazio a respiri più ampi, a note più lunghe e sostenute ed a melodie più omogenee. Song From Incidental Music ha l’intenzione di creare una rottura con la prima parte, con l’intro un po' confuso e disordinato. Montabone, Stand by You e Hooked On Chili hanno delle sonorità retrò, vagamente jazz e contornate da fiati ed archi classicheggianti. Ma è probabilmente l’ultima parte quella che merita un ascolto maggiore e più approfondito. Sonnet For Matt è la traccia più interessante, malinconica e profonda: imprime un senso romantico a tutto l’album, in un alternarsi di potenti parti vocali e parti strumentali di sopraffina complicità. L’intreccio di fiati, archi, basse percussioni e corde sembra rievocare i cieli islandesi, gonfi di nubi minacciose, che pure lasciano intravedere caldi raggi autunnali a schiarire la terra: è la consapevolezza che il sole tornerà a splendere, dopo la tempesta. Chiudono 7 Years, Water Poured In Wine e Vanity Music, leggere e briose, e un colorato musical primaverile sembra sempre dietro l’angolo.

Ci troviamo di fronte ad un'interessante opera folk, ricca di richiami e riferimenti suggestivi. È notevole la ricerca dell'epicità sonica, dal musical di Broadway alla musica classica, attraverso melodie epiche che si alternano a momenti più intimi e riflessivi. Potremmo addirittura definirlo un lavoro espressionista, che verte la sua complessità compositiva proprio nel comunicare per emozioni ed immagini. E creando una rete di fiati potenti e bassi incalzanti, gli Hjaltalin sembrano volerci condurre nella loro terra ricca di opposizioni, di ghiaccio e fuoco, montagna ed oceano.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.