A Nosound live @ Jailbreak, Roma, 02-03-2012

Nosound live @ Jailbreak, Roma, 02-03-2012

Leonora apre con il set con una selezione delle sue "electronic ballads" in bilico fra propensioni astrali  e attrazioni terrestri (che portano a battere il ritmo con i piedi), molto vicine per gusto ed estetica tanto ai Lamb quanto a John Foxx. La sua musica talvolta eccede nella ricerca di un suadente garbo, di una pulizia formale, rifuggendo ogni maleducato disturbo, ogni inquietudine, nascondendo ogni emersione della "dark side". Talvolta delle sporcature potrebbero rendere più umana una vocazione artistica: ma quando ci si ostina ad attenersi ad una visione edulcorata delle pieghe dell'anima, allora non si riescono a dischiudere emozioni più viscerali capaci di cambiare il corso di un percorso espressivo che termina la sua corsa a livello epidermico.

Agli estetismi "solari" di Leonora fanno da contraltare le esperienze da "notte oscura" che l'introspettiva visione del mondo dei Nosound produce. Molto più che a metà del guado fra l'uscita di "A Sence of Loss" (2009) e la release del nuovo lavoro (previsto per il novembre di questo anno), la band di Giancarlo Erra mette a fuoco una performance che ripercorre non solo i punti fermi della sua discografia, ma anche quegli episodi che da un po' non prendevano vita su di un palco. Una performance intensamente vissuta dai protagonisti e caratterizzata da contrasti, dall'alternanza di luce ed ombra, dal ricorrersi di rumore e silenzio, dal passaggio fra urgenza espressiva e meditabonda intimità. La scaletta viene inaugurata da quella Idle End che tenne a battesimo il mondo sonoro dei Nosound nel 2004 rappresentandone il primo importante vessillo: psichedelia floydiana, ma anche sospeso ambient rock che erroneamente fu percepito come post-rock. I brani dell'ultimo "A Sense of Loss", Fading Silently, Some Warmth Into This Chill, Winter Will Come mostrano come il percorso artistico dei Nosound sia stato sempre in crescendo, fino al punto di riuscire a rendere tangibili, concrete le loro epifanie emozionali, senza che l'ispirazione primigenia venga soffocata da  architetture musicali non adeguate a veicolarla. In questi pezzi il flusso dei sensi viene mantenuto in rapido movimento e riesce a scorrere dall'anima del compositore, giù fino a quella dei suoi destinatari. Nella setlist ritroviamo una densissima versione di quello stralunato blues-psichedelico rappresentato da Wearing Lies On Your Lips e una magnetica Kites, che ormai è divenuta il centro di gravità nel quale convergono all’unisono le diverse personalità dei membri dei Nosound. Dopo la piccola apocalisse di Winter Will Come (17 minuti di strapiombante vertigine emotiva), rimangono sul palco solo Giancarlo Erra (voce e chitarra) e Paolo Martellacci (voce e tastiere), per rievocare l’esperienza live portata in scena lo scorso anno alla Union Chapel di Londra  e basata sull’idea di denudamento dei brani da ogni velleità rock, riaccostandoli alla loro essenza originaria (ricorderete che nel 2011 è uscito “The Northern Religion of Things”, il cui scopo era proprio questo ritorno al nocciolo). Purtroppo in questa sospesa dimensione, anche a causa del chiassoso vociare di sottofondo, possiamo goderci solo The Broken Parts (gioiellino tratto da “Sol29”, debut del 2005) e la nuovissima Two Monkeys, nella quale questo ideale sonoro di evocativa interiorità, trasforma la musica in melanconica poesia. Gli altri inediti eseguiti confermano la volontà dei Nosound di voler giocare con gli opposti. E così una poderosissima The Anger Song risulta quasi uno shock, in particolar modo dopo il quieto abbraccio del sipario minimale che l’ha preceduta, contraddistinta com’è da una sezione ritmica intenzionalmente sopra le righe  – l’accoppiata Gigi Zito (batteria), Alessandro Luci (basso) è sempre fonte di sussultorio piacere – e da una impetuosità chitarristica insolitamente “rock” per gli standard che si è sempre prefissato Erra. Paralyzed prosegue parzialmente su questa scia, con un crescendo ritmico che ricorda gli U2 di tanti, tanti anni fa, che apre dapprima la strada ad una fase di tenue cantautorato psichedelico (addirittura cantata in italiano!), salvo poi evolvere in una apoteosi conclusiva ipersuonata, drammaticissima, squarciata da un prolungato urlo di Erra, che riporta alla mente certi esperimenti prog Anni ’70 (qualcosa tra Area e Van Der Graaf Generator). Decisamente i “nuovi” Nosound con gli elementi di contrasto sembrano andarci a nozze.

Il bis è affidato alla ormai “classicissima” The Moment She Knew, che mescola molti dei frammenti che sono conficcati nel vivo tessuto d’ispirazione dei Nosound, dai Pink Floyd fino ai Sigur Ros.

Sfortunatamente la serata è stata minata da alcune problematiche che hanno reso, non per colpa della band, i suoni non perfettamente bilanciati nei volumi e certe timbriche – specialmente quelle della chitarra – alterate rispetto ai loro effetti “naturali”.

L’attesa per il nuovo album diventa a questo punto qualcosa che supera di gran lunga il livello di semplice curiosità…

 

Per approfondire: http://www.nosound.net/

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