Dysrhythmia
Terminal Threshold
Chi avesse seguito negli anni la non banale parabola artistica dei Dysrhythmia, dopo lattento e reiterato ascolto dellultimo The Veil Of Control (2016) si potrebbe essere comprensibilmente interrogato sul bivio esistenziale in cui la creatura deforme di Kevin Hufnagel e Colin Marston, per la prima volta in carriera, sembrava essersi imbattuta: lincontrollato eutrofizzarsi del lato più tecnico, metamorfico e schizofrenico di un songwriting già tra i più esigenti della scena avant metal mondiale, a discapito di una certa sottile e cerebrale emozionalità che ne aveva sin dallinizio pervaso gli umori (ed ammorbidito certe asperità epistemologiche). Avrebbe potuto essere unepigrafe a suo modo emblematica, se non fosse che è difficile teorizzare una fine per qualcosa che non si sa bene come abbia avuto inizio: ed infatti lottavo Terminal Threshold, lungi dallaver esaurito le sorprese, rimescola nuovamente le carte in tavola, configurandosi come il disco di minimale massimalismo dei Dysrhythmia, il punto in cui i tre funamboli del Queens riducono allosso il numero di fattori strumentali fra loro combinabili a beneficio delle infinite possibilità insite nello stesso processo.
Il lavoro di sottrazione (anche nella condensazione della tracklist: appena trentadue minuti, ulteriori tre in meno rispetto al già asciutto The Veil Of Control) raggiunge, a tratti, vette pregevoli, soprattutto quando le imprevedibili astrazioni jazzistiche di cui sono intessute le geometrie aliene della chitarra di Hufnagel si frantumano su di un rifferama di spigolosa volumetria metallica. Sebbene ad un livello di realizzazione tecnica incomparabilmente superiore (ma con un gioco di alternanza ritmico-melodica meno stordente e serrato che in passato), Nuclear Twilight sembra per un attimo abbracciare addirittura certo possente heavy di metà anni 80. La sensazione (contraddetta invero solo da una Progressive Entrapment che fa fede al suo titolo) si acuisce nella successiva Power Symmetry, straordinariamente lineare per gli standard della band (tutti da gustare i salti di tono entro cui si muove la thrash-fusion minuziosamente orchestrata da Hufnagel), si solidifica nelle accelerazioni fulminanti di Plague Delay (che risalta ancor più per una costruzione armonica di selenico nitore) e diviene realtà in una Twin Stalkers che, pur sviluppandosi su un pattern tribale preso in prestito dai Vaura e regalandosi un excursus chitarristico vicino alle stringhe quantiche degli ultimi Meshuggah, suona come un autografo dei migliori Nevermore.
Nonostante qualche sbrodolata superflua (lo shredding che fa capolino nel maestoso quadro in movimento di Rule Of The Mountain, con finale aperto insolitamente malinconico) e le consuete citazioni ad un passato ormai troppo lontano (la doppia linea di elettrica e acustica che, nella breve Premonition Error, vuole richiamare letteralmente linsuperato Barriers And Passengers), Terminal Threshold è un disco generalmente riuscito, estremamente puntuale, come forse non ce se ne attendevano più dai Dysrhythmia. Bravi!
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