Tiger! Shit! Tiger! Tiger!

Be Yr Own Shit

Un simpatico disco d’esordio per un simpatico trio italiano. Più precisamente di Foligno, al centro dell’Umbria. Ma di italiano non c’è molto, visto che il disco è influenzato da musica di stampo anglosassone e totalmente “cantato” in inglese: le parole non sono chiarissime, sono per lo più strillate e non prevalgono sul resto. In sottofondo una linea di basso quasi continua, riff di chitarra spesso dissonanti e una batteria che ci dà dentro il giusto.

L’esempio calzante è Say Yeah che nei suoi due minuti abbondanti (nella media delle durate delle tracce) non ha altre parole se non “I’m gonna say yeah”, che viene intervallato da giri di accordi molto catchy e un urlo del cantante non indifferente che copre quasi metà della canzone. Il resto del disco segue più o meno tutto lo stesso schema: lunghi bridge senza voce dove fanno capolino dei sintetizzatori (Pop Stars = Eating Disorders, Insert Disco Beat Here), cambi di tempo intriganti (Last Gang in Town), testi ripetitivi (Say Yeah, Crime Wave). L’unica traccia con una melodia chiara e soprattutto facile da cantare è The Architects of Despair, la più lunga del disco e quella che forse rientrerebbe meglio nei canoni dei prodotti commerciali attuali.

L’amicizia dei Tiger! Shit! Tiger! Tiger! con gli Altro è intuibile, partendo dalle somiglianze tra i due gruppi fino alla copertina di Whispers, EP del 2010, addirittura disegnata dal cantante di questi ultimi. La caratteristica di questo disco è l’onnipresente clima festaiolo: non c’è una traccia che non inciti allo scatenamento ed è praticamente impossibile restare fermi all’ascolto.

Otto brani per la durata totale di 19 minuti: un secondo di meno l’avrebbe reso troppo breve, e con un secondo in più si sarebbe trasformato un prodotto in monotono e ripetitivo. Perfetto da ascoltare in macchina, a casa, nei locali di fiducia e ovviamente a tutte le feste.