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A The Smiths

The Smiths

Sono bastati sei anni e quattro dischi agli Smiths per segnare la storia della musica. Formatisi a Manchester nel 1982 per iniziativa del chitarrista Johnny Marr, debuttano due anni dopo con il disco omonimo, in cui già si evidenziano gli snodi della poetica della band: il recupero di sonorità acustiche e romantiche (assecondate dagli aerei arpeggi di Marr) in cui affogare le inquietudini punk, un’estetica decadente e blasé, il contrasto tra evidenti attitudini melodiche e testi taglienti, duri, spesso politicamente (o socialmente) connotati, destinati ad essere filtrati dal cantato a tratti irriverente e a tratti introverso di Morissey.

Proprio la dialettica tra quest’ultimo e Marr diventa il punto di forza e la ragione della crisi della band: dopo il successo di Meat Is Murder (1985) e di The Queen Is Dead (1986, trascinato dall’inno anti-thatcheriano Bigmouth Strikes Again), il rapporto tra i due leader si incrina: Strangeways, Here We Come (1987), nell’abbracciare arrangiamenti più ricchi e un approfondimento di suggestioni sempre più dichiaratamente pop, segna lo scioglimento della band. Ma la strada aperta dalla new wave di Morissey & Co., nel ventennio successivo (costellato da innumerevoli e spesso superflue antologie), sarà percorsa da un numero infinito di band.