The Smiths
The Queen Is Dead
La consacrazione arriva nel 1986. Forse The Queen Is Dead non metterà daccordo tutti i fan della band su quale disco sia il migliore, sempre che ce ne sia uno, ma in fondo poco importa, perché se il titolo del disco richiama il tema della dissacrazione delle istituzioni (in particolare Morrissey definisce in una intervista la famiglia Reale come la più inutile di queste) in questo disco, è innegabile, cè tutto il mondo degli Smiths. E proprio la title-track ad aprire le danze con una pregevole introduzione di batteria e, nonostante la raffinatezza di Morrissey non viene mai meno, nel testo lattacco è feroce e diretto: Charles dont you ever crave to appear in the front of the Daily Mail dressed in your mothers bridal veil (Charles, non hai mai desiderato apparire sulla copertina del Daily Mail indossando il velo da sposa di tua madre?).
Mentre sarà la Chiesa ad essere presa di mira in Vicar In a Tutu , sempre in uno spettacolare compendio di scuola musicale fatta di David Bowie e Beatles nelle loro versioni più poetiche. Lamore per Oscar Wilde, invece, è sublimato alle porte di un cimitero, dichiarandolo addirittura superiore a Keats e Yeats (non senza un altro attacco, stavolta a chi si appropria dei versi altrui), un amore spirituale per il poeta omosessuale inglese che ricalca, a sua volta, landroginia del leader della band, o, comunque, il suo difficile rapporto con laltro sesso, tanto divulgato sui giornali e preso in giro da alcuni colleghi increduli (Non ci crede? Se George Michael vivesse la mia vita per cinque minuti, correrebbe ad appendersi al primo pezzo di corda).
Questo stesso strano modo di vivere le relazioni affettive lo porta a dire , nella traccia conclusiva del disco, che tutto ciò che è riuscito a scoprire, in un brano aperto da un sali-scendi del volume, è che Some Girls Are Bigger Than Others e questo è tutto ciò che ha da dire sullargomento.
La genialità dei testi trova un meraviglioso contrasto in Theres A Light That Never Goes Out, in cui, su una dolce melodia, ci racconta di come sarebbe bello morire in due schiacciati da un autobus a due piani (sempre molto campanilistico anche nelle immagini evocate). E nonostante la musica assuma palpitazioni punk in Bigmouth Strikes Again , originale colpo di inventiva che decora il disco, è ancora una volta il testo di Morrissey a lasciare senza fiato, raccontando delle sensazioni provate da Giovanna dArco mentre il suo walkman cominciava a sciogliersi
Un disco da cui attingere citazioni a piene mani, un album spinto al massimo, anche nelle parti più intimiste, forse quasi nella consapevolezza che la carriera volgeva al termine ( I Know Its Over , dice Morrissey, anche se riferito ad altro, in quello che per alcuni critici è il pezzo più bello degli Smiths). E se ci permettiamo di indicare questo disco come una pietra miliare, non è di certo perchè abbiamo la pretesa di interpretare, a distanza di un ventennio, la Storia, ma solo perché ci piace provare a raccontarla, anche solo per il piacere di ricordare di quando esistevano dischi che vendevano milioni di copie conservando un grandissimo valore artistico
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