R Recensione

8/10

Marti

Unmade Beds

Che ci vado a fare a Genova. Ho le ossa a pezzi e tremo come una foglia. E una paura fottuta, anche. Ci sono troppe cose che mi aspettano, per niente rassicuranti. Magari è il caso di tirare su il bavero del cappotto, e accendere una sigaretta. Saltassero fuori gli occhiali da sole, come ho fatto a ridurmi a questo casino mostruoso. Dai che ci vado a Genova. Ci sono le avanguardie russe. Un po' di sano astrattismo. Geometria. Mi dò una bella ripulita, mi dò. Neanche a parlarne. Un caldo mostruoso come a stare avvolti nel domopack. Come un cretino a tremare ai tropici.

Appena mi infilo nei vicoli dell'angiporto capisco che qualcosa gira storto. Al posto di una bella dose di assonometrie spaziali c'è un tizio che mi squadra, infilato in un androne. Marti. Io l'ho già visto questo. Dio che faccia. Dov'è che si firma per andarsene in giro con una faccia così? Giuro che io questo l'ho già visto. Lui spegne la cicca a terra, mi agguanta per il bavero e mi scaraventa dentro senza tanti complimenti. Buio.

Il posto è minuscolo. Che dentro un androne si sia materializzato un fumoso cabaret tutto abatjour e velluti sdruciti è un fatto che a questo punto non può che passare in secondo piano. Il tizio non fa una piega, punta deciso verso il fondo, poggia le dita su un Fender Rhodes e inizia a suonare. Mi tremano le gambe. Magari accendo un'altra sigaretta. Magari sì.

La prima cosa a cui penso è Nick Cave , la seconda è dio mio questa voce – quella voce – viene dal fondo della foresta. Sarà per l'odore denso di salsedine che nonostante tutto riesce a farsi strada, sarà Genova aggrappata alle colline come una liana. Marti dice qualcosa su un certo God's thick gold wrist watch e al fatto che non sia decisamente il caso di immischiarsi con lui. Non che capisca al volo cosa sia esattamente ma lui è estremamente convincente e a me la cenere si stacca tutta in una volta dalla punta della sigaretta.

Buying things from your past parte senza preavviso con la ferma convinzione di farti muovere il culo. E ci riesce, a modo suo. Un modo per niente lontano da quello dei Tindersticks di Simple Pleasure . Qualcosa come imbucarsi ad un cocktail party a lume di candela.

La terza cosa a cui penso – mentre ballo vergognandomi come un ladro – è: sofferenza. Qui c'è sofferenza a strati. Quella sofferenza compita, serena, dignitosa. Con la camicia sbottonata e la cravatta sfatta. September in the rain mi fa perdere l'equilibrio. Finisco contro un muro. Lui attacca impassibile. There are days when I like to spend in bed all day. Guess what ? This is one of them. Io passo il palmo aperto delle mani sulla tappezzeria consumata. Si sente l'intonaco sotto. Lui scava con la voce sul fondo dello stomaco. It's always the same I'm spending my september in the rain. Lo sa che certe cose mi sciolgono. Che finisco inevitabilmente per camminare da solo, col vento gelido in faccia. Non fossi qui potrei ragionevolmente pensare che questa roba puzza lontano un chilometro di maniera, del più becero romanticismo new wave , di David Bowie a Berlino e di viali lungo la Senna. Invece sono qui e non c'è scampo. Siamo ridicolmente banali, col cuore – sì, il cuore – in frantumi. Accennando un sorriso.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

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nur (ha votato 8 questo disco) alle 14:08 del 2 febbraio 2007 ha scritto:

Bellissima recensione, mi hai fatto venir voglia di ascoltare il disco. Bravo!

Marco_Biasio (ha votato 10 questo disco) alle 20:44 del 4 febbraio 2007 ha scritto:

Marco_Biasio

Queste sono le recensioni che preferisco. (IL voto va a te e non al disco, che non conosco)