Elita Design Week Festival @ Teatro Parenti di Milano (10/04/2014)
Poi arrivano i Wild Beasts. E posso finalmente tirare un sospiro di sollievo. Non perché chi li ha preceduti (nello specifico i Girls In Hawaii) non sia stato in grado di intrattenere il pubblico, con una manciata di buone canzoni e qualche divertente siparietto da teatrino del rock (con tanto di salto dall'amplificatore e pessima imitazione di Nick Cave annessa), ma quando ti ritrovi a guardare preoccupato lorologio e canticchiare mentalmente un pezzo di Vecchioni beh, qualcosa non è andato per il verso giusto. Forse sono troppo vecchio io, o forse è il rock, che ormai dismessi i suoi abiti migliori, va in giro parodiando se stesso in vesti lacere e consunte.
Ma lasciamo da parte la poesia e torniamo al palco del Teatro Parenti. Il motivo di principale interesse (almeno per il sottoscritto) sono proprio le bestie selvagge. Suonano poco più di unora, ma è unora che chiarisce i confini tra ciò che in musica è urgenza e passione, e ciò che invece rappresenta soltanto cazzeggio o al più, pregevole artigianato.
Lincipit è affidato a Mecca dal nuovo Present Tense, Hayden Thorpe srotola il suo falsetto su un tappeto di synth, avvolgendoci con una malinconia crepuscolare che riesce a conquistare al primo ascolto.Bed Of Nails e Hooting & Howling sono danze sfrenate accanto al fuoco, Past Perfect e Pregnant Pause, piccole sinfonie elettroniche, squarci di intimità, in cui pare affacciarsi per un istante Antony.
Il Pop (quello migliore) torna protagonista con A Simple Beautiful Truth e la contemplativa Sweet Spot. Daughters è il momento à la Scott Walker di Tom Fleming, mentre Palace regala momenti di sospesa e rarefatta bellezza con le voci dei due leader ad intrecciarsi nel finale del pezzo.Wanderlust perfetta chiusura del cerchio, patisce un po nella resa live, soprattutto a causa di una mediocre acustica e una non certo felice amplificazione. E tutto; i quattro con lumiltà e la semplicità che li contraddistingue salutano il pubblico e si allontanano dal palco.
A chiudere il mini festival ci pensa Joan As Police Woman, con un set pregevole ma che riesce a coinvolgere soltanto a tratti, probabilmente a causa di un canzoniere che non regala picchi dispirazione particolarmente alti. Bella sicuramente I defy, dal primo disco, e davvero spassoso il finale a cappella con tutti i musicisti della band. Discorso a parte, meritano le capacità tecniche della cantante americana che oltre al piano e alla chitarra, sa destreggiarsi bene anche al violino, suo strumento delezione, con soluzioni a volte decisamente originali.
Poi tutti fuori - è circa luna - e nonostante lottimo (mini)concerto dei ragazzi di Kendal, è ancora quella vecchia canzone a suonare e risuonare nella notte:
Un hydrolat lacrymal lave
Les cieux vert-chou, les cieux vert-chou
Sous larbre tendronnier, qui bave,
Vos caoutchoucs
Che stia davvero invecchiando ?
Tweet