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R Recensione

7/10

Anna Calvi

Strange Weather

A neanche un anno da “One Breath”, Anna Calvi ritorna con un mini di cover, cinque riletture per lo più di autori poco noti al grande pubblico (Bowie a parte). Quello che ci ritroviamo tra le mani però, non è semplice “fuffa” per riempire il vuoto tra un’uscita di materiale inedito e l’altra, ma l’ennesima prova del talento della 33enne songwriter di Twickenham.   

“Strange Weather” di Karen Ann, che dà il titolo alla raccolta, è un duetto con sua immensità Mr. Testa Parlante. Sin dall’introduzione, un arpeggio di note che paiono intagliate nel ghiaccio della notte; dominata dal piano e dalla voce, la canzone è capace di sedurre e infilarsi negli interstizi del cuore dell’ascoltatore. Unica pecca del pezzo è proprio la presenza di David Byrne, la sua voce flebile e fragile come cristallo risulta poco convincente, soprattutto nel controcanto finale.

Mentre “Ghost Rider”, prelevata dal repertorio dei Suicide, si rivela riscrittura personale ma comunque non dissimile dall’ originale; “Papa Pacify” è forse il brano migliore, della stessa carne e sangue di “Wolf Like Me”, un canto ritratto nel buio; zona d’ombra dal quale paiono emergere, a tratti, terrificanti similitudini con il licantropico Scott Walker di Tilt!, innervato però da una sensualità morbosa. In “I’m The Man That Will Find You” di Connan Mockasin, assistiamo a un lento crescendo della tensione amorosa che culmina negli oramai celebri arpeggi di chitarra, tra stordimento di sensi ed erotismo blues.

A suggellare il tutto, nel finale arriva “Lady Grinning Soul”, uno dei brani più belli e misconosciuti del Duca Bianco. L’interpretazione della nostra, ancorché calligrafica, spoglia la grandeur Bowiana di ogni inutile orpello, per restituircene una versione giocata solo sull’incanto e la magia della voce e i tasti del piano. Da qualche parte, probabilmente a Berlino, in un cabaret anni ‘30.

Il disco, nonostante la sua natura frammentaria e la brevità, lascia comunque intuire verso quale dominio oscuro e romantico si stia spingendo la musica della Calvi. In un piccolo avamposto, al riparo dalle brutture e dai dilettantismi di tanta musica “moderna” (le virgolette sono d’obbligo) in cui è possibile incontrare le ombre di David Bowie appunto, ma anche di Roy Orbison, Scott Walker, Ravel, la Londra della Austen, il flamenco; un luogo in cui tutte queste figure del passato conversano amabilmente, e che la voce di Anna sa riscattare e riportare in vita, continuando comunque a brillare di luce propria.

 

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