V Video

R Recensione

7,5/10

Wild Beasts

Boy King

John Congleton: This album has to be a motherfucker!.

E se li ha portati in Texas, i Wild Beasts, sradicandoli idealmente da un art pop costruito con meticolosità scientifica in dieci anni di sviluppo estetico (tripletta di capolavori, 2009-2014: “Two Dancers”, “Smother”, “Present Tense”) del loro suono. In dodici giorni di registrazione li ha messi alle strette: contro certezze acquisite, contro un perfezionismo formale che è loro marchio (apice "Smother"), liberando un lato selvaggio intravisto per sound in "Present Tense" e in "Boy King" reso volgare, libero di agire e compiersi. Shock.

La materia sognante del passato, in “Boy King”, viene quivi insozzata di fascinazioni americane (artwork e video inclusi), resa trash e spavalda; e graffia la chitarra (scordandosi l'armonia e la pasta cristallina: “Big Cat”; “Eat Your Heart Out Adonis”), graffiano e scintillano i synth (mai così centrali) sotto la spinta cruda, apocalittica (“2BU”) e piena di tensione di un Hayden Thorpe da regressione narcisistico adolescenziale. I pezzi si destrutturano (“2BU”, “He The Colossus”), come nella seconda parte dell’album; spesso è acida ("Ponytail") la spinta sexy (“Get My Bang”), con chitarre monolitiche (“He The Colossus”) e arroganti (l’assolo distorto di “Tough Guy”; dal sapore metallico in “Alpha Female”) ad amplificarne il moto.

Diventa, il nuovo disco, di un art pop orale, insaziabile, direi, nel suo manifestarsi electro sessualizzato, in posa maschia e virile; ma resta, genetica, la sensibilità femminile, sublimata in tirate celestiali ("Celestial Creatures", brano di confine tra nuovi e i vecchi Wild Beasts), certe rese disforico apocalittiche (“Dreamliner”: keep the peace or fight the most gorgeous of wars), ma anche di femminismo dominante (“Alpha Female”).

Ed è un album, “Boy King”, che - fintamente - si trascura (i venti minuti embrionali di “Boy King Trash”, i quali mostrano il processo creativo dietro l'album), suda, stride, rinnegando la cristallinità e la misura dei vecchi dischi; ma che nasconde in sé alchimie superiori (la coda di "2BU"; il groove di "Celestial Creatures") di una scrittura sofisticata e corrosiva allo stesso tempo (“He The Colossus”). Il tiro a volte è danceable ("Get My Bang") senza essere addomesticato; altre grezzo e indisciplinato ("Eat Your Heart Adonis"), non per questo grossolano. I ritmi sono alti e serrati: Talbot non va più di tom, si linearizza, irrobustisce le simmetrie e detta la linea; Ben Little rifinisce ovunque, sporca di tastiere e rumorismi ovunque; Tom Fleming e la meraviglia del suo baritono (l'apocalisse di “2BU”) assecondano il protagonismo nichilista ed espressivo di Hayden Thorpe.

L’Es esibito negli scorsi dischi, e spesso controbilanciato da un rigore compositivo superiore, in "Boy King" sembra esprimersi ribelle, selvaggio e noise davvero. Ed è una fattore che significa rottura con gli schemi estetici del passato; che la linfa dei Wild Beasts è, ad oggi, ancora inesauribile.

Ne esce un lavoro edonista, anche disperato: in cui bellezza e lato oscuro coesistono. Ne esce un lavoro egoista (bastardo, à la Congleton): proprio come i tempi che viviamo

 

 

 

V Voti

Voto degli utenti: 6,7/10 in media su 7 voti.
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target 6/10
woodjack 7,5/10
Vatar 6/10
zebra 8/10
motek 5/10
giosue 7,5/10

C Commenti

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target (ha votato 6 questo disco) alle 12:12 del 24 agosto 2016 ha scritto:

A me non ha convinto. Questa produzione appiattisce troppo le mille pieghettature del loro classico suono: rende tutto piallato, a una dimensione, con un drumming poverissimo e chitarre che virano dal grossolano all'invisibilità. Bravo Mauro, l'analisi è perfetta, ma stavolta i nostri gusti divergono, tanto più (è assurdo, ma è così) che la traccia che ascolto con più piacere è la bonus "Boy King Trash" - dove si capisce chiaramente che, a livello melodico, questo è un disco superiore ai due precedenti, ma deturpato nella produzione. Le versioni demo, insomma, superano le versioni finali. Esempi di rovina: "Alpha Female" e "He the Colossus" (pezzi dal potenziale grandioso, buttato). Esempio di classe, sempre e comunque: "Dreamliner".

hiperwlt, autore, alle 20:01 del 24 agosto 2016 ha scritto:

Il nucleo del disco è in "Boy King Trash", bellissimo scoprire l'anima di tutti i brani. Poi sì, la produzione deturpa, e lì è proprio gusto - ma non ti nascondo che l'inizio è stato shock puro. Non mi è spiaciuto sentirli abbandonare il rigore, sperimentarsi in un altro contesto estetico più aggressivo e sfrontato: li ho trovati comunque a loro agio; e i pezzi ci sono, il suono per me interessante - naturalmente il wildbeasts sound non è questo, e lo si preferirà sempre. Leggevo alcune interviste: oltre alla registrazione fatta con Congleton in America, un altro elemento intervenuto nel "cambio" è stato l'ascolto dei Nine Inch Nails: direi che sì, c'è stata influenza. Grazie Fra, al solito

woodjack (ha votato 7,5 questo disco) alle 10:14 del 25 agosto 2016 ha scritto:

a me invece questo suono scabro, basico, come ingolfato, piace, mi ricorda una maniera un po' wave, più che synth-pop, di usare i sintetizzatori (su due piedi mi vengono in testa gli Associates, a proposito di edonismo e disperazione). Da un grande gruppo mi aspetto anche mosse spiazzanti, autosabotaggi apparenti che, in fondo, non sono che l'espressione di aspetti nascosti eppur presenti (qualcuno direbbe, semplificando, "cambi di abito"). Grande recensione, Mauro, mi persuade specialmente l'analisi sul dualismo maschile/femminile: certo, quando una persona gentile, sensibile e sofisticata ti sbatte al muro come farebbe un camionista rimani logicamente spiazzato, eppure se continua a parlarti di sè come ha sempre fatto sta solo rivelando una virilità celata, una visceralità non esclusiva (come poteva essere quella punk, per dire), ma inclusiva delle sue complessità "femminili". Questa convivenza di archetipi opposti, del "tirar fuori le palle" (o solo mostrarle) da un lato e il mostrarsi e riconoscersi fragili dall'altro (o forse non riuscire a nasconderlo, chissà) ha un non so che di profondamente umano. Probabilmente non è il loro disco più bello, ma forse è quello più difficile, per loro, da far quadrare. Secondo me ci sono riusciti. Ah, e poi ci sono le canzoni, e stica...

hiperwlt, autore, alle 11:14 del 25 agosto 2016 ha scritto:

<<quando una persona gentile, sensibile e sofisticata ti sbatte al muro come farebbe un camionista rimani logicamente spiazzato, eppure se continua a parlarti di sè come ha sempre fatto sta solo rivelando una virilità celata, una visceralità non esclusiva ma inclusiva delle sue complessità "femminili">> Sottoscrivo, non avrei saputo spiegarlo meglio. Ed è più un discorso di sound, che di liriche o atteggiamento secondo me: questa dicotomia, mascolino e sensibilità femminile, non è affatto nuova (anzi!: vado proprio a memoria, "All The Kings Men", "Nature Boy"): solo che qui esplode completamente, attraverso la produzione e l'estetica. Grazie Wood: soprattutto per il commento, prezioso

woodjack (ha votato 7,5 questo disco) alle 12:11 del 25 agosto 2016 ha scritto:

sì, per questo parlavo di abito, è proprio lo scontro tra la loro estetica classica, che emerge dal songwriting, e un sound che, sulla carta, è agli antipodi. Parlando di canzoni, vi siete dimenticati l'irresistibile Big Cat in apertura, e le chitarre sguscianti di Ponytail, così le abbiamo citate quasi tutte! l'altra cosa che mi piace da matti sono questi ritmi molto quadrati, questo drumming stilizzato, in cui però pulsa un germe funky, anzi in alcuni brani (tipo Tough Guy) si possono pure sentire contrappunti di ottoni (ovviamente sintetici). E' proprio il disco americano dei WB.

hiperwlt, autore, alle 11:17 del 25 agosto 2016 ha scritto:

E comunque sì, "Dreamliner" bella da fare imbarazzo. Altri apici, per me: "Celestial Creatures" (!), "Tough Guy", "2BU".

futuroalt-j alle 1:01 del 7 settembre 2016 ha scritto:

Ascoltato due volte e che dire, ogni volta come sempre. Il primo ascolto mi lascia perplesso, il secondo è invece subito magia. Ma solo a me fa così? Il primo ascolto di ogni loro nuovo album mi lascia sempre interdetto per il cambio di direzione, portandomi ogni volta ad inca**armi. Poi diventa subito amore.

Qua sound molto più aggressivo, dirompente, ma sempre coinvolgente come in ogni loro opera.

Ripasso per un giudizio migliore dopo maggiori ascolti e per il voto.

Vatar (ha votato 6 questo disco) alle 18:40 del 10 settembre 2016 ha scritto:

Con tutta sincerità questo lavoro non mi convince, decisamente un passo indietro rispetto all'eccellente Present Tense, la qualità sonora è in linea con la copertina del disco.

antobomba alle 14:40 del 26 settembre 2017 ha scritto:

Davvero una notizia triste... fortuna che sono riuscito a vedere quello che, a questo punto e con ogni probabilità, è stato il loro ultimo concerto il Italia.