A Gonn - Live report

Gonn - Live report

L'attesa è alta,stasera a Torino si esibiranno i Gonn (che compaiono anche sulla raccolta di Nuggets!), mitica band di una vecchia scuola che pare essere tornata sulla cresta dell'onda; la suddetta band targata 1966 è stata una delle più chiassose e frenetiche band garage, allo stesso livello di Sonics, Pretty Things, Standells e tutte quelle band di metà sessanta dal suono sporco e incisivo, che tuttora fanno ballare i nostri culi ogni volta che sentiamo le loro canzoni in qualche locale o festa.

Beh come inizio non c'è male, mi ritrovo senza passaggio, quindi dovrò prendere il tram più puzzolente e meno sicuro della città, ma non mi spaventa, ne vale la pena. Fatto un bel pezzo a piedi in quella che potrebbe essere definita una zona poco ospitale mi trovo dinanzi al palco, il locale non è pieno come dovrebbe essere, non mi meraviglio più di tanto, l'estate è giunta con tutto il suo calore, anche se il caldo non è una buona scusa per mancare ad un appuntamento così sfizioso.

Aprono gli Ultimi, band locale composta da due chitarre, un basso, batteria e voce, propongono un buon R'n'B ( Mtv non c'entra nulla ) miscelato al più classico del beat italiano, che non dispiace affatto, pezzi che suonano come il primo Rocky Roberts, ma anche, per chi conoscesse i Delfini, oltre a farne una cover il suono è proprio quello.Finiti i bis la band lascia il palco tra gli applausi del pubblico non più tanto giovane.

E' arrivato il momento tanto atteso, la gente corre subito dentro al locale dopo una breve pausa sigaretta alla ricerca del refrigerio che viene  sempre più a mancare sotto e sopra il palco.

Uno speaker (?) presenta la band, all'urlo di "Gonn" la gente risponde con un entusiasmante "WOOOW", la formazione è quella originale degli esordi, tanti tanti anni fa guardando i personaggi.

Alla voce e al basso l'inossidabile Craig Moore, fondatore della band, alla prima chitarra paffuto come sempre Rex Garrett, alla seconda chitarra invece il muso lungo di Larry LaMaster, alle tastiere e seconda voce Gerry Gabel e il più vecchio della band, ma non per questo il meno agitatore di folle, il batterista Dave Johnson: così, completata la formazione, i Gonn possono cominciare e lo fanno in gran stile ringraziando tutto lo staff dello Spazio211 e ricordando il loro primo concerto a Torino nel non mai troppo lontano 1997 a El Paso, uno dei centri sociali più vecchi d'Italia.

Come apripista sparano addosso al pubblico "I'm Gonna Make You Mine" dei The Shadow Of Knight e le teste del pubblico iniziano a oscillare, ma appena accennano a "Talk Talk" dei The Music Machine, fantastico pezzo che fa scatenare i balli delle prime file, i Gonn sanno come trascinare il pubblico e lo fanno con gran classe.

Come terzo pezzo scelgono "You're looking for", loro terzo singolo, Moore urla scandendo bene le parole "I feel alright", e si vede, mi viene da pensare subito vedendolo saltare come un giovinastro: è qui che si trovano le radici del punk e naturalmente del garage rock.

Subito dopo è l'ora di "Come With Me" lato A del 7" (con "You're looking for"), ecco l'incrocio perfetto tra Pretty Thinghs ed Electric Prunes, siamo sulla scia tra garage e il primo periodo della psichedelia più lisergica e assordante, anche se in realtà su disco è molto più pacata.  E' la quinta canzone a sorprendere con il suo intro di batteria, pura samba, e qui mi domando come faccia Johnson ed essere così tecnico e allo stesso tempo selvaggio alla sua età, ma soprattutto mi domando quanti anni abbia, tra tutti è proprio quello più malconcio, comunque la canzone prende forma, non ci crederete ma la composizione che stanno per regalarci è una cover che tutti conoscono perfettamente, la cosa mi confonde le idee, ma non posso che cantare con loro "Break On Through" dei Doors, fantastici!

Il locale a questo punto si trasforma in una sala da ballo, non vorrei essere pignolo, ma sulle note di "Death Of An Angel" mi domando: Nick Cave ha mai ascoltato i Gonn?

Risposta: Sicuramente sì, visto che non solo la sua "Dig, Lazarus, Dig" è molto simile, i riff di chitarra sono identici al giro di tastiere di Gabel, ascoltare per credere. Chiusa questa piccola parentesi, noto come Moore non smetta di saltare e sudare, è stupendo vedere quanta energia abbia, nonostante la sua età. Il pezzo successivo è uno dei miei preferiti di questa longeva band, si tratta di " Don't Need Your Lovin'", che affonda le sue radici su un R'n'B acido e quasi brutale per i tempi che correvano, Moore sbraita e usa l'asta del microfono come slide, mentre i ritmi si fanno sempre più incalzanti tra l'ipnosi del pubblico e i riff taglienti di Garrett, la batteria pestata corre come un vecchio treno a vapore, il suono cresce in un caos ben impostato ma pur sempre selvaggio con la destrutturazione del brano.

Ed ecco uno dei pezzi "nuovi" marchiato 1996, trent'anni dopo la prima uscita, ma nessuno si accorge della differenza: "Fellow Slave" suona come un classico garage beat d'epoca, non si fa mancare niente, dalla sezione ritmica alla voce tenebrosa, i cori e la tastiera che accompagnano le chitarre. Garrett incita con un riff che sbrodola del sano garage blues, non capisco di che si tratti, devo fare mente locale, ma ecco finalmente l'illuminazione "Sometimes Good Guys Don't Wear White" degli Standells, il pubblico suda e si gode un vero spettacolo, giusto il tempo di riposare gli animi che i Gonn ci sbattono in faccia un eco dei primi Kinks, anche se loro tendono a suoni più ruvidi e potenti.

Non c'è niente che possa contenere le acute urla di Greg Moore e i riffoni di Garrett, tranne la prossima canzone che come preannuncia Moore sarà una "sweet love-songs guys!!": ecco "Head In The Clouds" che in effetti mi fa pensare a una dolce donzella bionda con una tiepida pelle rosa che balla in una stanza dai colori estivi, il suono del basso di Moore si fa tondo, più pop direi, con le chitarre che ringhiano in un angolo, quasi timide.

"No Fiend Of Mine" degli Sparkles rompe l'incantesimo prendendo alla sprovvista tutti, fuzz al massimo volume, come vuole la tradizione e tutti a fare i cori, i Gonn sono sempre più carichi e sembra non vogliano smettere di fare festa!

Il duetto tra Moore e Gabel in "Hey Joe" di Billy Roberts è veramente sublime, due voci diverse tra loro che riescono a legarsi perfettamente, senza dubbio preferisco questa versione a quella di Hendrix.

Senza alcuna pausa incitano il pubblico ad applaudire, tra gli applausi scroscianti Moore presenta tutta la band, ed ecco scoperta l'età di Dave Johnson, quel vecchietto che quasi sembra spaccare tutto, suona nei Gonn da ben quarantacinque anni, facendo un piccolo calcolo, mettiamo che abbia iniziato a suonare a vent'anni il ragazzo ha sessantacinque anni! Ancora un giovincello, no?

Ok,danno inizio nuovamente alle danze con "Shame Of You" dei Fuzztones, tra l'altro quando suonarono allo Spazio211 qualche tempo fa il nostro Moore stringeva il basso di fianco al sempre perentorio Rudi Protrudi, si passa poi ai The Lyrics, "So What!!!" fantastico ripescaggio armonica blues e voce rauca, cantano Garrett e l'onnipresente Moore; la successiva è un altro cavallo di battaglia dei Fuzztones "She's Wicked", garage punk tirato e ritmato al punto giusto, creando balli animali dove il sudore scivola pesantemente sulla fronti di tutti, pubblico e band.

Ecco unì altra cover "Put The Clock Back On The Wall" dei The E-Types, che pare uno stornello popolare russo, ed ecco finalmente la canzone che aspettavo dall'inizio del concerto: "Blackout Of Gretely", primo singolo della band, i volumi si fanno sempre più alti e i balli più movimentati, la band dà il meglio di sé, sembra davvero di essere tornati negli anni sessanta, purtroppo questo vuole dire che è anche la fine del concerto, dopo la seconda presentazione si rifugiano in camerino, ma passa solo una manciata di secondi e tra le urla delle prime file (e non solo), i nostri eroi si fiondano sul palco, con la velocità di cinque quasi settantenni, per il bis.

Non si poteva chiedere di meglio:"You're Gonna Miss Me", naturalmente dei 13th Floor Elevators, suonata come si deve, puro garage sixties sound.

Beh se non lo sono loro, chi lo dovrebbe essere?

'Sti vecchietti hanno scritto una parte di storia, predecessori del punk e di più o meno tutto quello ch'è venuto dopo di loro, con suoni sgraziati ma a tratti romantici, non si può che stare in silenzio e battere forte le mani, concerto finito.

La band ringrazia nuovamente organizzazione, locale e pubblico. Esco fuori per fumarmi una sigarette e noto che, con tanto di mogli al seguito, caricano l'attrezzatura su due macchine!

Nemmeno un pulmino con driver,:ecco che insegnano ancora una volta qualcosa a giovani viziati e subito rockstar dopo tre concerti nelle sagre di paese. Fuzz on!

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