R Recensione

6/10

White Stripes

Icky Thump

Anni or sono avvicinai i White Stripes spinto da una curiosa quanto sobria empatia. Scarsa affettazione compensata da un sereno, appagante distacco analitico. Puro spasso da pensiero divergente, apertamente anti-intellettuale. In altre parole non ero un loro fan sfegatato, nè mai lo sono diventato, ma apprezzavo istintivamente il loro disinibito contributo alla riscoperta delle radici della musica rock. Le coordinate stilistiche indicavano una rotta in diametrale e geometrica opposizione con il post rock di fine millennio.

Al punto che, in ossequio al mondo delle antitesi e delle volatili definizioni, venne quasi spontaneo consegnarli alla posterità con l’etichetta di “pre-rock”. Un registro impressionistico e citazionista capace di riportare sullo zero la lancetta dell’evoluzione musicale per poi farle ripercorrere l’intera scala dei gradienti fondamentali allineati lungo la storia recente della musica americana. Dallo stomp al rhythm’n’blues, dal blue-grass al rockabilly, dal garage-beat all’hard-rock, questo grossomodo l’almanacco dei generi riempito nel corso dei primi due album, White Stripes (Sympathy, 1999) e De Stijl (Sympahty, 2000) e dalla manciata di singoli che li precedettero.

Più che l’urgenza e l’intensità con cui i coniugi White si rapportavano alla tradizione, a colpirmi fu la particolare fattura dei pezzi: piccoli estratti atonali senza epoca e per questo ruvidamente attuali, miniature roots caricaturali e fossili di arrangiamenti che lanciavano ipnotici ultrasuoni attraverso la post-modernità. I monotoni colpi di piatti e “charlie” affastellati da Meg e i riff miliari eppure disincantati di Jack, testimoni chiave che ribadivano: “se tutto è già stato fatto, allora si tratta solo di farlo meglio, o perlomeno con più ironia”.

Con White Blood Cells (Sympathy, 2001), invece, s’instaura una sorta di altalenante dicotomia fra il “distaccato entusiasmo” dei primi episodi e il “revisionismo per le masse” del successivo Elephant. In pratica il duo di Detroit comincia a prendersi un pochino più sul serio, a nutrire la fondata speranza che quelle song possano a loro volta diventare degli archetipi ed essi stessi delle icone. E così sarà. Elephant (V2, 2003), benedetto da un capillare lancio pubblicitario, rompe l’argine della mediazione e porta a compimento la metamorfosi. Da un giorno all’altro i Nostri si risvegliano delle superstar, gli artisti più strombazzati e semiologicamente influenti dei primi anni duemila.

Get behind me, Satan (V2, 2005) denuncia ampiamente il disagio che si annida nella favorevole congiuntura degli astri: non si sforza neanche di riproporre i cliches del suo predecessore ma punta disperatamente ad espandersi in tutte le direzioni conosciute. Se in molti, all’epoca, avevamo definito Get behind me, Satan “il disco del pianoforte” ovvero della fragilità, allora il nuovo Icky Thump potrebbe essere quello della distorsione e della pesantezza (dell’essere? Mah...).

L’opener (che è anche primo singolo e title-track, fin troppe responsabilità per una scrittura abbastanza modesta) Icky Thump prova ad essere “catchy” come i suoi illustri predecessori ma ha le ali piombate da un giro pomposo e stratificato e da una chitarra effettata che suona come una cornamusa. Al canto Jack può esibirsi nel suo numero di vaudeville preferito: l’imitazione sguaiata e vignettistica di Robert Plant. Seven nation army anche per quest’anno non avrà un erede, e magari è meglio così. You don’t knowwhat love is, classico pezzo “striato” alla Elephant, è più esile e godereccio ma anche terribilmente frivolo e AOR.

Al contrario, 300 mph torrential outpoor blues rimanda a Get behind...;sghemba, acustica e più lunga della media, assomiglia ad un capitolo di Let it Bleed ritoccato da brevi inserti di elefantiasi chitarristica. Conquest, invece, fa proprio schifo. Sorta di bolero-rock con trombe mariachi e stornelli latineggianti, forse un inedito ed infantile omaggio al quartiere di Mexicantown dove Jack è cresciuto. Pietra sopra. Molto meglio Bone broke, proto-punk detroitiano veloce, cattivo ed essenziale come prevede un copione del genere. Prickly thorn butsweetly e St.Andrews, this battle is in the air compongono un dittico folkloristico stile Bron Y Aur.Sono i postumi mordaci di una cattiva sbornia celtica. Page & Plant si che sapevano mescere, Jack, scherza coi fanti ma... ecc. ecc. A cavarci d’impaccio giunge opportuna Little CreamSoda, psichedelia tronfia e monumentale fra Royal Trux e Blue Cheer, uno dei loro riff più duri di sempre. Rag bone è un buon garage-blues screziato da mai sopite reminescenze “jon spenceriane”, peccato solo per i mortiferi motteggi da cantina con cui Meg e Jack intervallano il pezzo. I’m slowly turning into you è un bis “elephantiano”, volenterosamente acido, arido e sabbioso ma anche lento e pesante come impone il nuovo corso. A martyr for my love of you potrebbe essere la ballad più esplicita e magniloquente della loro carriere, l’anello mancante fra Jolene e I justdon’know what to do with myself, se non venisse progressivamente enfiata e zavorrata dalla consueta overdose di distorsione. Catch hell blues mantiene ciò che il titolo promette: parte come uno Delta-blues spiritato e prosegue lentamente, seviziata da break e ripartenze elettriche in stile Chicago anni’50;i micro-assoli di Jack serpeggiano abrasivi come pochi e il brano nel suo complesso è forse il migliore dell’intero album. Effect and cause chiude con un roots-rock venato di country, quasi un ritorno alle origini. Tirando le somme, Icky Thump non è affatto un disco indegno, tutt’altro, il problema, se vogliamo, è differente: i White Stripes sembrano aver definitivamente smarrito l’ariosa e scanzonata fluidità del loro songwriting migliore, si affaticano elucubrando soluzioni concettose laddove un tempo giostravano illuminati aforismi con fare spontaneo e naturale. Pare che Meg abbia addirittura imparato a suonare la batteria , anche se la cosa non è necessariamente un bene.

Per il resto, Jack sembra barricarsi sempre più spesso dietro una corazza di immobile e paludata sicurezza sonica forse per nascondere l’incapacità di smontare dall’interno un’intelaiatura stilistica che non sente più sua. Fase di transizione o pietra tombale? In attesa dell’ardua sentenza gli consiglierei di darci dentro con i Racounters dove ultimamente è sembrato molto più a suo agio.

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Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 20 voti.

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Grimble (ha votato 8 questo disco) alle 10:38 del 28 giugno 2007 ha scritto:

secondo me invece è un gran disco...

L'ho trovato spontaneo, sentito e diverso dal suo predecessore.

Non sono riuscito a trovargli una canzone brutta. Anche conquest e il duo celtico mi hanno colpito positivamente,sorprendendomi.

Little cream soda e rag e bone sono forse le migliori.

Molto belle ad esaustiva la recensione!

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 21:11 del 28 giugno 2007 ha scritto:

Concordo

Mi ha davvero sorpreso. E' un gran disco... Più che altro, avevo preso in antipatia i White per la loro monotonia minimalista. Qui invece si sono sbizzarriti, con delizia del mio orecchio... bella sorpresa.

doopcircus (ha votato 5 questo disco) alle 11:59 del 29 giugno 2007 ha scritto:

RE: Concordo

Il punto è che il minimalismo è l'ESSENZA dei White Stripes. Qui si sono sbizzarriti è vero, ma nella direzione sbagliata: White si limita a sfoggiare la sua (innegabile) cultura musicale e si concede cadute di stile che onestamente cozzano col dna dei White Stripes e si lascia andare a pacchianerie indegne: la titletrack, in particolare, è la cosa più becera che I White Stripes abbiano mai prodotto.

Un disco che piacerò a coloro a cui non piacciono i White STripes

Alessandro Pascale (ha votato 8 questo disco) alle 14:10 del 29 giugno 2007 ha scritto:

non concordo

con il recensore e con doopcircus.

nel senso che a me i white stripes mi sono piaciuti soprattutto nei primi album, quando facevano i grezzoni rock-garage fregandosene di essere alla moda. Elephant era stato un mini-calo e aveva mostrato un pò di limiti nel ripetere la stessa struttura. Get behind invece era un gran bel disco che mostrava volontà di rinnovamento spiazzando tutti mettendo in un angolo la chitarra. E siccome io penso sempre che Jack White sia un gran figo alla chitarra questo album mi soddisfa un sacco perchè oltre a continuare il rinnovamento stilistico con svariati numerelli inseriti qua e là sono tornati in grande stile i riff vecchio stampo che tanto piacciono. A mio avviso quindi il disco migliore dai tempi di white blood cells

doopcircus (ha votato 5 questo disco) alle 14:34 del 29 giugno 2007 ha scritto:

RE: non concordo

Mah, secondo me c'è un abisso tra l'approccio garage scuola Mick Collins degli inizi e questo minestrone indigesto. Una roba come la title track all'inizio non l'avrebbero mai fatta ...

Grimble (ha votato 8 questo disco) alle 14:16 del 29 giugno 2007 ha scritto:

io...

non riesco a trovare un solo album dei white stripes che sia brutto...

e poi possiamo dire che nella monotonia sono riusciti comunque a differenziare ogni disco da loro prodotto...

prendendo infatti gli ultimi tre, elephant,get behind me satan e quest'ultimo, si può effettivamente dire a mio parere che gli stili sono diversi ma risultano comunque tutti credibili...

simone coacci, autore, (ha votato 6 questo disco) alle 19:45 del 29 giugno 2007 ha scritto:

Innanzitutto vorrei ringraziare ognuno di voi per l'attenta lettura e la numerosa partecipazione.

Due sole precisazioni:

1 La mia non è una stroncatura. Trasposto in termini numerici sarebbe un 6 pieno e meritato,anche un 6,5 (il che non è poi tanto male,io ad esempio quando andavo al Liceo non è che ne prendessi tanti di voti così! ). Certo non è un voto altissimo,ma a mio avviso un disco con soli 5 o 6 pezzi veramente buoni,3 o 4 passabili e 2 o 3 veramente imbarazzanti oggettivamente non poteva pretendere di più.

2 Per quanto riguarda il dibattito sull'evoluzione musicale dei W.S.,il mio parere è che passare dalla miniatura all'affresco,dal racconto breve al romanzo,non sia facile per nessuno. Lo stile minimalista del gruppo è giunto ad esaurimento con Elephant,anzi era già allora stereotipo. è stato comunque il loro periodo migliore,più vivo,sentito ed istintivo.

Anzichè ripetere la formula milionaria,hanno deciso di cambiare e per questo va dato loro atto di coraggio ed onestà. Finora però i risultati,pur non spregevoli,sono stati abbastanza confusi ed altalenanti. Ciò non toglie che è meglio sbagliare per eccesso che per difetto. Misurarsi con qualcosa di più ambizioso che restare fermi. E tutto si può imputare agli ultimi due dischi tranne di avere ceduto all'airplay.

Ancora grazie a tutti,alla prossima.

simone coacci, autore, (ha votato 6 questo disco) alle 19:58 del 29 giugno 2007 ha scritto:

Auto-correzione:I pezzi molto buoni in realtà sono al massimo 4. E questo spiega anche perchè i miei voti in matematica fossero molto più bassi di quelli dei White Stripes. Ahahah. Buona serata a tutti.