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R Recensione

8/10

Fuzz Against Junk

Netti Netti

Ascoltare musica è sempre stata la mia passione, e devo ammettere che come tale ne abuso. Certo, ascoltare non è facile: certe volte ne vieni proprio tradito, nutri troppe aspettative per una band o per un album, ma non mancano mai le sorprese. E “Netti Netti” dei Fuzz Against Junk è stata proprio una di queste.

In questo miscuglio tra jazz, folk e psichedelia sembra quasi di tornare ai tempi d’oro del genere, negli anni ‘60 e ’70, quando si combatteva la guerra in Vietnam e il panorama musicale si riempiva di fantasmagoriche comete destinate a lasciare il segno fino ad oggi. Ed è questa l’impressione che dà l’album: sembra essere un grande calderone dove vari ingredienti, fra psichedelia, jazz, progressive, blues e folk sono stati mischiati, uniti, compressi, riuscendo comunque a mantenere la loro propria e inimitabile identità, grazie alla perizia e all’abilità del gruppo. Di certo, e questo è il bello, è proprio l’ecletticità e la fuga dagli schemi tradizionali che attira l’attenzione nel disco.

Il pezzo d’apertura, “Rusty Fingers”, dà la sensazione di un mistico personaggio che, tra declamazioni ossessive sotto una cupissima base, nella sua ripetitività, di sax e chitarra, prende l’aspetto di uno stregone, intento magari alla creazione di una fantasiosa nebulosa musicale, come quella che prende vita durante lo scorrimento. Il secondo brano, strumentale, “Trane To Neptune”, sembra quasi una versione ampliata, modificata, jazzata, della ben più criticabile e derivativa ballata “Summer May” con cui, vista la grande diversità fra le due canzoni, condivide ben poco oltre al testo. Mentre la prima, con dolce lentezza, si assopisce nel giardino del jazz psichedelico, grazie ad un prologo di sassofono che sfocia in un’euforia strumentale, nella seconda domina un evitabile, seppur buono nell’insieme, flauto.

Simile alla seconda traccia del disco è anche “Verriginous Inversions”, anche se pure quest’ultima riesce a distinguersi, spezzando il motivo che domina la canzone fatto di trombe e sax, ed unendo ad esso i tipici tamburi tribali, rendendo la canzone varia ed esotica, senza snaturare comunque la sua anima woodstockiana. “Love Is Like Strawberries”, invece, ha un atmosfera molto più rilassata, quasi romantica, che si avvicina all’indie rock, se non fosse per le percussioni finali e per le solite incursioni dei fiati.

A riconfermare l’incredibile varietà di generi e stili, come se ce ne fosse ancora bisogno, ecco spuntare il classico blues di “You Will See Me Under Rock And Stones”, polveroso esercizio che sembra uscito dal Far West, completamente privo da contaminazioni, se si escludono le schizofrenie del finale e le linee vocali, roche ed ubriacanti, fra Tom Waits e qualche improbabile cantante country. “Several Chapters”, primizia folk di grande valore, si accosta sotto alcuni punti di vista a “Summer May”: su tutti, l’utilizzo del flauto, che rimembra i Jethro Tull di “Songs From The Wood”, e la lieve perdita di slancio dell’onda psichedelica che, comunque, si fa sentire nel finale, con un’originale uscita di scena, per quell’occulta ed enigmatica voce già sentita in “Rusty Fingers”.

Quasi fiabesca è invece “25”, dove si ritrovano le consuete atmosfere psichedeliche e jazz del disco, nonostante intervenga un onirico coro, e una pacata voce, sul dolce motivo di base, sempre aggiustato dai fiati. Tanto per ampliare la già grande gamma di suoni e strumenti utilizzati dai Fuzz Against Junk, ecco che entra in gioco il rockabilly in “Soul Wareshed”, con una gradevole fisarmonica e un canto quasi sussurrato, ad ampliare la misticità del pezzo, e persino le cornamuse, accompagnate dal pianoforte, in “Ibister”.

Il segmento migliore dell’album è però quello composto da “Whole Tone King Part 1 - Newett Has New Words (Concrete God) - Whole Tone King Part 2” che riescono nell’insieme ad ottenere un amalgama ben riuscito tra prog e jazzcore, dove leit motiv di chitarra e basso vengono conditi da acide incursioni di sax e batteria.

Un gran lavoro, quello svolto dai ben sette componenti dei Fuzz Against Junk: “Netti Netti” è di certo un disco difficile da ascoltare per la varietà di generi, ma che riuscirà ugualmente a stupirvi, e a candidarsi, senza dubbio, come una delle migliori uscite di quest’anno.

V Voti

Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 7 voti.
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krikka 5/10
Cas 8/10
REBBY 8/10

C Commenti

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Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 23:41 del 23 luglio 2008 ha scritto:

E bravo Tommaso! Ottimo lavoro, il tuo. L'album, d'altro canto, è veramente eccellente: ha quel suono un po' sporco e retrò che ammalia come pochi. Sixties fuzzatissimi sparati a mille attraverso i giorni d'oggi. Bellissima la triade jazzcore di "Whole Tone King Part 1", "Nevett Has New Words (Concrete God)" e "Whole Tone King 2", ma tutto il lavoro si presenta compatto e forte anche di una certa varietà stilistica. Se non sarà fra i miei dieci dell'anno poco ci manca.

Ivor the engine driver alle 10:24 del 24 luglio 2008 ha scritto:

non riesco ancora ad entrarci in sto disco, in certi frangenti geniale in altri troppo jazzato e palloso. Di sicuro un pelo troppo lungo. Comunque tempo al tempo. Sospendo ovviamente il giudizio

Ivor the engine driver alle 12:34 del 30 luglio 2008 ha scritto:

risentito questo weekend, non male bello vario, un po' lunghetto ma da digerire con calma per non dare soliti giudizi affrettati

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 19:01 del 28 agosto 2008 ha scritto:

si, bello, anche se ha ragione Ivor a trovarlo un pò lungo...però si piazza sicuramente sul 7,5. Bravo Tommaso!

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 8:41 del 18 settembre 2008 ha scritto:

Primo ascolto notturno, dopo la scorpacciata di

partite. Mi hanno fatto venire in mente i primi

Area. Peccato non abbiano Demetrio Stratos (con Tim Buckley forse il mio cantante preferito).

La prima impressione mi trova concorde con Marco

e Tommaso. Vedremo o meglio ascolteremo!

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 12:09 del 22 settembre 2008 ha scritto:

Un album con varie anime, splendido a mio giudizio

Si sente anche una Canterbury (una delle madri più importanti del mio gusto) attualizzata, per me

immediatamente godibile, erede della trilogia Gong