Iron Maiden
Killers
Ogni disco degli Iron Maiden ha alle spalle una propria storia particolare e prima di stabilire quale sia il migliore occorre operare una precisa contestualizzazione in base a criteri di tempo, spazio, formazione e stati d'animo all'interno della band. Tuttavia non esito nel definire Killers come il migliore.
È il 1981 e Steve Harris & co. hanno alle spalle un EP (The Soundhouse Tapes) e un disco omonimo, entrambi di grande successo. Dennis Stratton è stato sostituito nel frattempo da Adrian Smith ed il sound sarà soggetto ad ulteriori miglioramenti. Killers risulterà un disco compatto, omogeneo, quasi perfetto grazie all'incredibile stato di forma della band: Harris sforna dieci brani di rara bellezza, Clive Burr è un drummer unico ed irripetibile (forse migliore del simpaticissimo Nicko McBrain, che gli subentrerà con Piece Of Mind), i chitarristi Adrian Smith e Dave Murray si scambiano fraseggi ed armonie come non mai ed il singer Paul Di Anno è detentore di una carica di adrenalina senza pari, nonchè di un'anima street che dona all'intera band un sound diretto e selvaggio.
L'intro strumentale The Ides Of March è la presentazione dell'album, efficace e cadenzata, condita da grandi assoli chitarristici e rullate epiche da parte di Burr. Wrathchild è un brano che è entrato subito nel cuore dei fans, e verrà quasi sempre riproposta dal vivo dalla band. Questo brano contiene un riff di basso irresistibile ed il modo di cantare di Di Anno è immediato e quasi erotico. Insomma un brano da cantare a squarciagola durante un loro concerto. SI continua con Murders In The Rue Morgue, basato su un racconto di Edgar Allan Poe: è un brano bellissimo, dove i cambi di ritmo sono frequenti ed inaspettati. La quarta traccia, Another Life, contiene scambi di convenevoli e gemellaggi innumerevoli da parte dei due chitarristi, che rendono questa canzone un'ennesima perla nel disco. Si passa poi ad un altro brano strumentale (all'inizio doveva contenere un testo ma poi i Maiden hanno constatato che sarebbe stato efficace anche senza voce, forse di più), Genghis Khan, pezzo dedicato al grande condottiero mongolo. È una composizione epica, anch'essa colma di cambi di ritmo e doppi assoli, una cavalcata che sembra riprodurre il suono della cavalleria in corsa di Genghis Khan. Dopo la bella Innocent Exile, aperta da uno stupendo riff di Harris, si passa ad un pezzo che ogni metal band avrebbe voluto scrivere: Killers. La band in questa traccia mostra uno stato di forma senza pari, la ritmica è incredibilmente trascinante, Di Anno è perfetto e l'energia esplode in ogni nota. Dopo questa dose di adrenalina gli animi si calmano con la ballata Prodigal Son, pezzo più posato dell'album. Purgatory è una perfetta sintesi di tutto quello che erano gli Iron Maiden in quel periodo, una canzone velocissima, trascinante, con un sapiente arrangiamento e deliziosi passaggi chitarristici. Il disco si chiude con Drifter e il concetto non cambia: tra un acuto di Di Anno e una rullata di Burr si può facilmente capire che gli Iron Maiden in quel periodo non conoscevano rivali.
Killers è un disco distante da quelli successivi dei Maiden, più lavorati, più epici. Ma forse è questo che lo rende un cardine nell'intera storia dell'heavy metal. Paul Di Anno non sarà certo dotato di un'estensione vocale pari a quella di Bruce Dickinson (futuro singer della band), ma di certo la sua indole selvaggia e punk lo rendono unico, come è unico lo splendido connubbio tra lui e gli Iron Maiden, destinato a far rimpiangere ai fan più nostalgici i primi due splendidi dischi della band.
Tweet