V Video

R Recensione

9/10

Metallica

Kill'Em All

Nel corso degli ultimi due millenni di storia umana si sono alternate personalità al di sopra delle altre che hanno espresso, in modalità completamente dissimili tra di loro, concezioni filosofiche riguardo la vita, la morte, la paura causata dall'oppressione di arrivare a questo terribile traguardo, l'amore e, non meno importanti, la follia e la violenza.

Riguardo la follia, sono stati scritti un buon numero di libri, su tutti il celeberrimo Elogio. Riguardo la violenza, non sono stati utilizzati solamente metodi cartacei, ma anche di tipo "sonoro"...

L’antefatto.

In un certo annuario di un certo liceo di Los Angeles, fine anni ‘70/inizio ‘80, possiamo leggere: “JAMES HETFIELD: Ama: il rock heavy metal, lo sci d'acqua, andare ai concerti. Odia: la disco, il punk. Dichiara: lunga vita al rock. Progetti per il futuro: fare musica e diventare ricco”.

Già da queste note possiamo intuire che questo ragazzo, con una situazione familiare molto difficile (la mamma morta di cancro), voglia cambiare vita concedendosi a delle grandi ambizioni. Inizia infatti poco tempo dopo a spianare la lunga strada della carriera, suonando la chitarra elettrica con un suo amico improvvisatosi bassista, Ron McGovney, in una casa lasciata libera dai familiari di quest'ultimo. E' materiale grezzo, acerbo, ancora non ben definito, quello che producono. Legittimamente, decidono di ingaggiare un batterista, per costituire almeno un trio. Chiamano un ricco ragazzotto danese trasferitosi negli Stati Uniti: Lars Ulrich. Il “provino” col gruppo non è tra i migliori. James onestamente dichiarerà: “Quando abbiamo chiamato Lars per il nostro gruppo, è stato una delusione. Come batterista faceva ca**re...”. Dapprima lo cacceranno, poi lo richiameranno, trovandolo notevolmente migliorato. Per trasformare il trio in un quartetto, provvedono a chiamare un abilissimo chitarrista solista, Dave Mustaine, un ragazzo a volte un po' picchiatello. Questi sono ufficialmente i primi Metallica. Verrà poi una lunga "discriminazione" a base di scherzi di McGovney da parte dei tre, col conseguente ritiro del bassista e l'assunzione di quello che diventerà il più grande suonatore metal di questo strumento a quattro corde: Cliff Burton, un giovane serio e preciso, provvisto di eccellente preparazione classica (Mozart, Bach, Beethoven) e di notevole tecnica. Una vera miniera d'oro in un sol colpo. Questa sarà la formazione che rimarrà per un certo periodo di tempo. I quattro, nella vita privata, risultano un bel disastro, con una vita regolata da alte consumazioni alcoliche. Lo stesso non si può dire riguardo al profilo musicale. Incidono infatti, per la Metal Blade (importante etichetta metal indipendente), un importante brano che ancora oggi riesce a riassumere parte della loro filosofia: “Hit The Lights”. In successione, portano a conclusione tra l’82 e l’83 il loro, primo demo: “No Life ‘Til Leather (primo verso di “Hit The Lights”). Esso è provvisto di tutte le canzoni che andranno nel futuro lp, tranne una certa “The Mechanix (incisa dal successore di Mustaine, un giovane allievo di Satriani con basi chitarristiche soliste anni ‘70, Kirk Hammett) che verrà sostituita da una terribile, stentorea canzone, “The Four Horsemen”.

La pietra angolare.

Uscito nel 1983 con una tiratura modesta di copie, “Kill’Em All”, già dal titolo, dimostra di essere filosoficamente nichilista e molto, troppo schietto. L’efferatezza di questo cd non è fine a se stessa; perlopiù l’autocompiacimento è uno scopo prettamente secondario, discendente dall’ideale “Metallo Per Vivere”. Lo scopo principale dell’album è, senza ombra di dubbio, riassumere in dieci tracce incandescenti: sentimenti di nazismo (inteso come profonda violenza), devastazione, tributi al rock (e involontariamente al punk) che fu, lacrime di profonda commozione distorta, corde incatramate alla Motörhead, follia Ac-Dc, tardo romanticismo ribelle. James Hetfield in quest’occasione non riesce a cantare, semplicemente... urla. Ma ciò non è affatto da considerarsi una pecca, è solo un minimale meccanismo costituente questa macchina quasi perfetta. Empiricamente parlando, anzi, udiamo la sua inflessione vocalica da teenager aspra, immatura, quasi incapace di cambiare tono, ma in questo complesso di difetti è così perfetta poiché parte integrante della mentalità del gruppo. Ad un primo ascolto si ha l’impressione di assaggiare un miscuglio di polenta e cemento armato, ergo qualcosa di davvero difficile da digerire se non si riesce immediatamente a penetrare nella giusta ottica. Riprendendolo poi si inizia progressivamente ad intendere, scovare il vero concetto anticonformista.

La strage sonora trova il suo incipit con il loro, primo brano cronologicamente parlando. Se “Hit The Lights” da una sponda morale può sembrare ancora acerba, soprattutto per quanto riguarda le liriche (vedesi il primo verso: “No life’ til leather, we’ll gonna kick your ass tonight!”), da un’altra parte, quella sonora, si rivela già profondamente matura, essendo provvista di un’ottima porzione ritmica, scavalcata poi dai fulminei assoli torcistomaco, al culmine del limite sonoro.

Succede la sostituta, come abbiamo detto prima, di “The Mechanix”, ovvero una tra le migliori tracce, se non l’eccelsa.

Una sezione ritmica chitarristica analoga ad una forsennata cavalcata, scandita con precisione estrema dalla batteria, fanno sì che “The Four Horsemen” si dimostri, già di primo acchitto, un brano davvero godibile ed accattivante. L’incursione vocalica di James avvalora pienamente tale tesi, contribuendo a cospargere schizzi di sangue e ferocia in questi sette minuti di crociata “negativa”, fortemente distruttiva e pessimista, successivamente agitata da improvvisi cambiamenti di ritmo, il quale le conferisce un clima spettrale, prettamente nelle parti testuali (“Famine... Pestilence... Death”); poi, rassenerando l’apparato cardiocircolatorio dell’ascoltatore, sopraggiunge un lento assolo, corredato da una lucente parte ritmica, perfetta metafora musicale dell’espressione “buon viso a cattivo gioco”: è solo un calmante per permettere di arrivare alla successiva tempesta distorta e fortemente acidula, costituita da un beffardo, orrorifico assolo. Epilogo: riproposizione del tema principale e brusco smorzamento.

L’imprescindibilità di “Motorbreath” è pienamente giustificata partendo dal presupposto che si qualifichi come LA canzone ideale dei Metallica del periodo Burtoniano. Infatti in questa esperta e precisa composizione possiamo visibilmente ammirare la quintessenza della batteria thrash, entrata a far parte dell’immaginario collettivo di ogni drummer metal; la forsennata processione di cavalieri neri incanalati brutalmente negli overdrives di James e Kirk, i quali a livello strumentale riescono a donare la loro magnanimità, edificando l’idoneo edificio architettonico per la sede della follia, esagitato notevolmente da una inarrestabile maratona vocalica, ricca d’animo dello stesso Hetfield. Si percepisce, nel mitico assolo hammettiano, la massima estremità dell’insanire del quartetto. Ritmica sincopata, chitarre erosive, diluvio di bacchette, catrame nelle corde vocali.

Ed eccoci arrivati a qualcosa di davvero singolare. “Jump In The Fire”, da cui è stato tratto il primo EP, possiede nei suoi scarni caratteri un immenso pregio, il riff. Terribilmente accattivante, così irresistibile che spinge forzatamente l’ascoltatore a lasciar trascorrere i secondi sul lettore, si rivela in modalità davvero beffarda un temibile effetto collaterale. Consideriamo infatti il passo falso commesso nel brano: la ritmica davvero poco variegata si appoggia prevalentemente su questa godibile successione di accordi, la quale però a lungo andare annoia un po’. Ci troviamo con i piedi in una scarpa (e mezza).

Anesthesia (Pulling Teeth)” si candida come il perfetto strumentale di un componente “secondario” perché non frontman, ma così fondamentale in quegli anni, lo stimatissimo Cliff. E’ qui, solo qui, che riusciamo a scovare il delizioso approccio alla commozione nel primo minuto, con una distorsione che dà l’idea di un antico videogioco, apparentemente suonata in modo approssimativo. La smentita arriva nella ultima fase, dove Burton viene fiancheggiato dalle pelli di Ulrich, riuscendo in questo modo a generare una avanzata forma di romanticismo in preda all’acetone. Ciliegina su di una torta forse spiacevole ad osservare, ma farcita dai migliori pasticcieri.

Le lacrime emozionali vengono messe a tacere dal veloce incipit (rullate + chitarre) di “Whiplash”. Si può definire un’interessante rivisitazione, forse, di “Motorbreath” in una salsa alterna, magari ancora più spietata. Il ritornello è previsto di un connubio tra smorzamento e accelerazione, per cui la voce di James (“Adrenaline starts to flow, you’re thrashing alla round, acting like a maniac... Whiplash!”) è collocata in un perfetto limbo sonoro, anello di Moebius, da cui è praticamente impossibile riuscire ad evadere da un’altra parte. Il piatto forte è nella fase intermedia, in cui la parola del titolo viene contemplata (nel modo più schizzato possibile) solo al termine di una tormenta nevosa radioattiva, ammirevole e quasi inimitabile.

L’apertura all’avanguardia per “Phantom Lord” illude, non dando la minima possibilità di presagire l’imponente, irreversibile processione all’insegna dell’oscurità, di proporzioni titaniche, che trova un punto di fluidità nell’ennesima galoppata speed metal. Successivamente incrociamo pienamente una sorta di cattiveria celata nella goliardia negativa, terminante in arpeggi dolci e molto melodici, incredibilmente pertinenti al contesto. D’improvviso, ci ritroviamo pienamente tra l’orecchio esterno e quello interno uno straripamento di regolare distorsione, che fa a portare a termine la faticosa parata, riproponendo la parte principale e terminando brutalmente.

Stona un po’ “No Remorse” in quest’affascinante odissea. Non perché non abbia gli attributi (ridondanza, potenza, aggressività e quant’altro) ma perché semplicemente perde vigore nello svilupparsi, progressivamente l’energia viene un po’ meno, traspare un po’ di monotonia. Tolto ciò, comunque, è un buon pezzo che dice tutto quello che c’è da dire. Come da programma insomma.

La genesi “007” di “Seek And Destroy” fa di essa una canzone fissata su piloni saldissimi, lezione rock di alta classe. L’intercedersi delle chitarre solista e ritmica è semplicemente delizioso, costituisce un’intesa perfetta tra i componenti del gruppo. La parte vocale è doverosamente partecipe, seppur in tono leggermente minore rispetto ad altre occasioni. Si riesce ad incarnare perfettamente una specie di Attila degli anni ’80, devastatore però non volgare, giustamente supremo, che porta alla distruzione totale tutto ciò che riesce a trovare. E lo notiamo nel cambiamento di ritmo intermedio-finale, di ossatura sincopata, rivestita di fasci muscolari solisti terribilmente potenti e piacevoli da udire, per orecchie allenate ovviamente.

Degnissimo epitaffio finale di questa inossidabile pietra lapidare trasfigurata su disco rigido è “Metal Militia”, che si diverte a gironzolare per tutti i brani prelevando spunti qua e là e amalgamando insieme ad essi caratteristiche proprie. Per esempio, l’iniziale distorsione a sfumare, il cacofonico assolo nel mezzo che pigia a tutto gas, contornato da un’inflessione vocale ossessa e fortemente insalivata da corrodere il palato, quasi le ghiandole producessero acido.

Kill’Em All” quindi compone un roccioso tassello sia per quanto riguarda l’ambito musicale che quello emozionale. E’ doveroso però ringraziare l’alterno Dave Mustaine: è pur grazie a lui che la filosofia moderna, nel luglio 1983, ha reclutato un nuovo esponente, anzi 4.

V Voti

Voto degli utenti: 8,6/10 in media su 42 voti.

C Commenti

Ci sono 15 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 10:41 del 13 settembre 2007 ha scritto:

Gli preferisco Master Of Puppets...

...ma è bello tosto anche questo. E vista l'assoluta e completa mediocrità in cui versano adesso questi quattro buzzurri, ascoltatevi l'esordio e capirete che sono più buzzurri di quanto credavate...

DonJunio (ha votato 7 questo disco) alle 16:59 del 13 settembre 2007 ha scritto:

seek and destroy!

I Metallica quando erano davvero grezzi e metallari: chi avrebbe mai potuto prevedere allora che sarebbero diventati miliardari?...Anche io preferisco gli album imemdiatamente successivi, in particolare "Master of puppets" e il da molti sottostimato "And Justice for all"

Giuseppe Pontoriere, autore, (ha votato 9 questo disco) alle 18:38 del 13 settembre 2007 ha scritto:

Vi ringrazio dei commenti...

Ma un'opinione sulla mia analisi non sarebbe male

DonJunio (ha votato 7 questo disco) alle 23:24 del 13 settembre 2007 ha scritto:

fucking whiplash!

La tua recensione mi sembra più che buona, e dettagliata nell'analisi tecnica dei brani. Forse avresti potuto omettere qualcosa della lunga introduzione, e parlare dell'influenza dell'album e del perché è stato tanto importante ( erosione barriere tra punk e metal, nascita del thrash tanto per dirne un paio), benché in fondo siano cose già risapute.

Am I Evil (ha votato 9 questo disco) alle 9:28 del 15 settembre 2007 ha scritto:

3 precisazioni o eventuali chiarimenti XD

Complimenti per la rece... é fatta veramente bene.

Volevo fare 3 precisazioni però; La prima é sicuramente di distrazione, anche a me é capitato talvolta con queste 2 parole....hai scritto: "Legittimamente, decidono di ingaggiare un bassista, per costituire almeno un trio."....in realtà sarebbe un "batterista".

Secondo....No Life 'Til Leather é si il primo demo ufficiale, ma non propio il primo.

Terzo....é vero che No Life 'Til Leather contiene The Mechanix al posto di The Fourhorsemen, ma non é vero però che contiene tutte le tracce del Kill'em All.....mancano infatti anche Whiplash, No Remorse e Anesthesia(Pulling Teeth).

Am I Evil (ha votato 9 questo disco) alle 9:29 del 15 settembre 2007 ha scritto:

dimenticato il voto XD

Come da titolo XD

Giuseppe Pontoriere, autore, (ha votato 9 questo disco) alle 11:28 del 15 settembre 2007 ha scritto:

Aaaaaaaargh.

Ti ringrazio per i complimenti, sempre bene accetti Peccato in effetti per quegli erroretti che ho commesso, sapevo che avrei sbagliato qualcosa. Spero nella prossima recensione di essere precisissimo.

swansong (ha votato 10 questo disco) alle 16:35 del 12 ottobre 2007 ha scritto:

Seminale...

merita il massimo dei voti solo per l'importanza

Paranoidguitar (ha votato 8 questo disco) alle 15:32 del 9 gennaio 2009 ha scritto:

bellissimo disco...se alla scuola materna al posto delle botte di una suora macellaia mi avessero fatto ascoltare questa opera, forse sarei cresciuto in modo diverso.

bart (ha votato 10 questo disco) alle 23:14 del 19 marzo 2010 ha scritto:

Devastante

La vetta assoluta di tutto il movimento trash metal. Un energia incontenibile sprigionata da quattro ventenni. Un suono violento, assordante, distruttivo, ma anche tecnicamente notevole.

apapaia (ha votato 10 questo disco) alle 0:25 del 20 marzo 2012 ha scritto:

Quando un disco ti cambia la vita.....

Avevo 15 anni quando mi passarono la cassetta con kill'em all. Per un anno non potevo non ascoltarlo almeno una volta al giorno. Gran parte del mio equilibrio psichico adolescenziale lo devo alle tracce di questo disco fantastico. Per quanto riguarda i Metallica che facciano un po' quello che gli pare (del resto sempre lo hanno fatto), dopo un'opera come questa gli si puó perdonare assolutamente tutto

ufodictator74 (ha votato 10 questo disco) alle 10:02 del 3 ottobre 2012 ha scritto:

gran disco, bella recensione ma che hetfield odiasse il punk mi suona strano..visto le cover che poi hanno fatto e le magliette dei misfits.conservo ancora la cassetta che mi fecero in prima superiore

Paul8921217 (ha votato 8,5 questo disco) alle 20:46 del 7 ottobre 2012 ha scritto:

Il loro migliore.Qui ci sono i loro migliori riff, anche grazie a Mustaine.Disco molto bello.

poser (ha votato 10 questo disco) alle 17:34 del 4 settembre 2013 ha scritto:

Uno dei più importanti e influenti dischi della storia della musica, Grezzo, incazzoso, compatto. A livello compositivo è uno dei migliori dischi che io abbia mai ascoltato, non una traccia scadente, non un riff, un fraseggio, un ritornello sottotono.

ProgHardHeavy (ha votato 9,5 questo disco) alle 11:44 del 20 aprile 2014 ha scritto:

Disco importantissimo per il thrash, anche se il meglio l'hanno dato con il successivo "Ride The Lightning". Migliori, a mio parere, di Master of Puppets