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R Recensione

9/10

Mastodon

Blood Mountain

Sembra ancora un concetto difficile da afferrare. Si pensa sempre che sia un avvenimento sì tragico, ma proiettato anni ed anni avanti nel futuro. Nessuno vuole ammettere, in realtà, che questo sta accadendo proprio ora, e non nel più ruffiano dei modi. Di cosa sto parlando? Beh, è chiaro: delle vecchie glorie e dei vecchi draghi che per anni e anni, se non decenni, hanno portato fama, gloria e onore al metal. Slayer, Metallica, Iron Maiden, Megadeth: tutti gruppi storici, con venti o più anni di gavetta alle spalle, decine e decine di dischi, schiere di fan agguerriti che ne hanno segnato l’intera esistenza.

Difficile dirlo, o anche pensarlo, ma tutte queste band leggendarie sono ormai sulla via del tramonto.

Escludendo a priori i “Four Horsemen”, sui quali ci sono migliaia di riserve da ben più di qualche anno, non si può certo dire che i compari citati sopra si comportino tanto meglio. Il 2006 è stato un vero e proprio “annus horribilis”, per loro e per tutti i loro delusi sostenitori. Arduo non storcere il naso dinnanzi alla triste –ed inutile- blasfemia, iconografico/musicale, di “Christ Illusion”: problematico non spostare nel cestino l’intero folder del mesto “A Matter Of Life And Death”, uno dei più brutti album dei Maiden, se non il più brutto, degli ultimi dieci anni.

Il vero problema si chiama: ispirazione. È pressoché scontato che, dopo aver passato così tanto tempo sulla cresta dell’onda, la freschezza compositiva e le idee non siano più valide e vincenti come un tempo. E, purtroppo, se non arriva in fretta la soluzione di questo spinoso quesito bisogna cominciare a serrare le cerniere e a farsi da parte. D’altro canto, le soluzioni tentate sono sempre state molteplici, battute ed elaborate più di una volta, e il rinnovamento progressivo non sempre è automatico, anzi.

Via libera alla gioventù, dunque? Se la gioventù sta nelle mani di quattro giovani musicisti americani chiamati Mastodon, la risposta è: sì, e al più presto.

Qualcuno, forse, avrà sorriso, leggendo sopra la parola “musicisti” accostata ad una band che, di nome e di fatto, è possente come il suono che la contraddistingue. Ma non c’è nulla di strano nel considerare i Mastodon degli eccelsi compositori, perché la loro non è una scelta imperniata sulla magica triade “sex, drug & rock’n’roll”, e nemmeno sul più classico “noise, beer, hymns to Satan”. Il futuro del metal, infatti, passa proprio da qui, dai quattro, da questo disco. Un’affermazione che ai più risulterà esagerata, ma solo in un primo tempo: l’ascolto di “Blood Mountain”, terzo full-lenght della band dopo “Remission” (2002) e “Leviathan” (2004), infatti, dissipa ogni dubbio possibile sulle effettive capacità del complesso statunitense. E, quando mancheranno le parole, lasceremo parlare la musica, che da sola vale più di mille discorsi.

In questi dodici pezzi c’è il genoma del metal passato, presente e futuro. Heavy metal, N.W.O.B.H.M., thrash metal, speed metal, progressive metal, ma anche (!) fraseggi jazz, amalgami hardcore punk, innesti grindcore - che riportano alla mente i primi lavori -, addirittura improvvise ispirazioni stoner rock: lo stile di “Blood Mountain” è vario ed immensamente immaginifico, come le molte facce delle divinità rappresentata nel (bellissimo) artwork. Ma se questo, da una parte, potrebbe portare ad un minestrone inascoltabile e ad un copia/incolla raffazzonato delle più disparate tonalità, non temete: tutto è unito assieme da una grandissima abilità strumentale (vedi la velocità e la perizia tecnica del batterista Brenn Dailor, già Today Is The Day, vedi le lunghe digressioni sonore del chitarrista Bill Kelliher) e da una quantità di invenzioni e stratagemmi che, ai meno lesti, potrà sembrare insormontabile.

In ogni pezzo di “Blood Mountain” vengono presi in considerazione, con opportuni stacchi e cambi di tempo, almeno due o tre temi musicali differenti, sempre rimanendo in ambito metallico (se si esclude l’insolita ed affascinante “This Mortal Soil”, la prima simil-ballata mai scritta dal quartetto). La varietà di generi trattati in un solo pezzo è letteralmente spaventosa, ovviamente in senso positivo: serve sempre un minimo di attenzione per assistere, affascinati, alle imperiose cavalcate chitarristiche, o ancora alle accelerazioni e decelerazioni formidabili e repentine con le quali i quattro si dilettano a cambiare le sorti di un brano, ma anche agli assoli elaborati e all’incredibile dedizione con cui i Mastodon suonano.

L’apertura è affidata a due sferzate di metal pesantissimo: dapprima la velocità selvaggia della silvestre “The Wolf Is Loose”, tempestata da terremotanti rullate, poi l’algida furia di “Crystal Skull”, con le sue pause riflessive che sanno di progressive e gli improvvisi scatti di maniacale, sanissimo heavy metal, con Bret Hinds che si sgola letteralmente al microfono. Del gruppo “toccata e fuga (assassine)” fa parte anche la devastante “Circle Cysquatch”, brano in parte poco riuscito, che mescola assieme industrial metal con partiture schizofreniche, facilmente riconducibili al doom più classico.

Ma, come già detto, qui non c’è solo metal o, almeno, non sempre metal in senso stretto. Il caso esemplare viene dato da “Bladecatcher”, dove l’arpeggio jazz che apre il pezzo si deforma impetuosamente nel più rumoristico, brutale e cacofonico dei cybergrind (da sentire assolutamente la voce filtrata di Hinds che si accompagna ai ritmi sconnessi delle percussioni). Salvo poi proseguire in un saliscendi di scale e tonalità armoniche che girano più volte su sé stesse, vorticosamente. Anche la raffinata “Siberian Divide” aspetta il refrain prima di togliere le museruole alle chitarre, poiché in precedenza si srotola su un bellissimo e gelido arpeggiato, dalle venature gotiche, a metà fra gli Opeth più mistici e i Sisters Of Mercy più cupi.

Fantasia e varietà: sempre e comunque. Anche a discapito dell’aggressività o dell’easy listening. Ecco che quindi gli acidi mid-tempi progressive di “Capillarian Crest” subiscono una poderosa spinta in avanti e, in un climax di ansia perforante, esplodono secchi come razzi in un cielo notturno, senza stelle, come nel migliore degli ambienti psichedelici. O ancora la stupenda “Pendelous Skin”, un bellissimo blues rock corroborante, con tanto di assolo alla Santana, dalle ritmiche swingate e sbarazzine, che inevitabilmente farà lasciare a bocca aperta tutti i true metallers.

La perla del disco si chiama però “Sleeping Giant”, e suona più o meno come se i King Crimson venissero frullati con i Voïvod, con i Black Sabbath in sottofondo che litigano furiosamente con i Porcupine Tree. Il risultato è una session di cinque minuti e mezzo, ricchissima di suoni e sfaccettature melodiche, che ondeggiano dall’ambient al progressive rock, all’heavy metal più classico, al finale al cardiopalma con una batteria omicida che traccia arabeschi sullo sfondo di un assolo acuto. Il tutto legato saldamente, come se non esistessero differenze stilistiche.

E che vi piaccia o no, questo è il disco del 2006, in ambito metal e non.

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Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 15 voti.
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ensor 9/10
B-B-B 8,5/10
Mushu289 9,5/10
Lelling 8,5/10
luca.r 7/10

C Commenti

Ci sono 6 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Alessandro Pascale alle 9:09 del 21 settembre 2007 ha scritto:

disco impetuoso

una delle poche scoperte metal davvero meritevoli degli ultimi anni(almeno per il sottoscritto) assieme ad Agalloch e Baroness.

swansong (ha votato 9 questo disco) alle 16:06 del 9 ottobre 2007 ha scritto:

Swansong

Un pugno in faccia...pazzesco!

onedeadpixel (ha votato 9 questo disco) alle 10:40 del 30 agosto 2008 ha scritto:

Furia assoluta

Un disco così rabbioso ma preciso...pochi così, pochi così oggi.

SanteCaserio (ha votato 8 questo disco) alle 0:43 del 24 marzo 2009 ha scritto:

Quoto

"rabbioso ma preciso". Dal vivo altrettanto impressionante.

ensor (ha votato 9 questo disco) alle 10:16 del 31 luglio 2009 ha scritto:

molte vecchie band dovrebbero mettersi da parte e consegnare il testimone a band come questa!

davvero in gamba questi ragazzi

B-B-B (ha votato 8,5 questo disco) alle 21:31 del 3 aprile 2015 ha scritto:

Album davvero bello; Ma il successivo Crack The Skye è un vero capolavoro!