Slayer
Divine Intervention
Siamo nel 1994, in piena era grunge. La cosiddetta generazione X sta impazzendo per questo nuovo genere musicale, nato e sviluppatosi a Seattle, e per i suoi paladini indiscussi: Nirvana, Pearl Jam, Stone Temple Pilots e Alice In Chains sopra tutti, successivamente i più derivativi Soundgarden, Tad e Temple Of The Dog, senza per questo dimenticare alcune sonorità vicine, addirittura, ai Tool di Opiate e Undertow. Sebbene questo momento doro stia per terminare nel più brusco dei modi (il tragico suicidio di Kurt Cobain, avvenuto l8 aprile dello stesso anno) non cè alcun dubbio che questa sia la musica ma anche lo stile, lattitudine, il modo di pensare- del momento. Come non cè alcun dubbio che, allo stesso tempo, il thrash metal sia considerato roba vecchia.
Nato verso la prima metà degli anni 80, grazie ad un connubio fra lhardcore punk di Misfits e Dead Kennedys e la N.W.O.B.H.M. di Judas Priest e Iron Maiden, il thrash (con due acca, leggasi ferraglia e non spazzatura) era un modo di suonare veloce, semplice, dannatamente ruvido, basato su pochi, facili accordi, da suonare in modo frenetico e violento sotto uno scroscio di doppio pedale. Lanno sabbatico si rivela essere il 1986: dopo un paio di buoni album, le colonne portanti dellintera categoria Slayer, Metallica, Venom, Megadeth- se ne escono con quattro fra i più importanti e rivoluzionari album metal della storia (rispettivamente, Reign In Blood, Master Of Puppets, Black Metal e Peace Sells But Whos Buying?). Tutti si improvvisano loro fan, tutti ascoltano il thrash. Tutti. Questo fino al 1991, anno di uscita di Nevermind, album-capolavoro-simbolo dei Nirvana. Da allora, il thrash diventa scomodo, non più di attualità. Tutti gli voltano le spalle: persino quelli che erano considerati i co-fondatori, i Four Horsemen Metallica, se ne escono, nello stesso anno, con il Black Album, un netto distacco dalle loro radici che, gradatamente, li porterà ad uno sbando tecnico e morale non indifferente, in un crescendo che continua, inesorabile, sino ai giorni doggi.
Gli Slayer, invece, coloro che rappresentavano la frangia più estrema, se si può dire, del thrash metal, rimangono fedeli al loro compagno, anche nel periodo in cui il loro compagno sembra vacillare nellindifferenza generale. Tom Araya (bassista, voce) e compagnia (Jeff Hanneman, chitarra elettrica: Kerry King, chitarra elettrica; Paul Bostaph, in sostituzione di Dave Lombardo, batteria) vanno contro le mode e, rifiutando di piegarsi ad uno stile che mai potrà essere compatibile con il loro suono, danno alle stampe il loro settimo, discusso album (se escludiamo un live e un EP), dal titolo Divine Intervention.
La macabra fama riflessa di cui godono gli assassini è stata costruita nel tempo, a causa delle controverse liriche, scritte da King in coppia con Araya, che trattano in modo ambiguo alcuni sostengono permissivista- di argomenti scottanti, come il satanismo, il nazismo (accusa sempre respinta con vigore dai quattro, che li porterà a litigare furiosamente anche con parecchie band colleghe), lavversione contro le religioni in primis il cattolicesimo-, la guerra e le gesta di alcuni fra i più celebri assassini seriali (noto è, infatti, il fascino che Hanneman prova per queste vicende). Divine Intervention, in questo caso, non si smentisce. Il songwriting degli Slayer continua ad essere oggetto di fortissime critiche, soprattutto da parte di alcune associazioni americane, che continuano ad esorcizzarli, nella speranza che il loro esempio non venga seguito. Speranza vana: lalbum riuscirà a vendere assai bene, conquistando addirittura il disco doro.
Merito anche di un sound più cupo, sferzante, rapido ed aggressivo, rispetto ai cd predecessori che, per certi versi, ricorda alcuni episodi del capolavoro Reign In Blood. Sebbene non ai livelli, tecnici e carismatici, delluscente Lombardo, Bostaph è, in ogni caso, un percussionista dalle grandissime capacità, celere e deciso, abilissimo nelluso della doppia cassa, distribuita davvero a profusione durante tutti i trentasei minuti di durata. Hanneman e King continuano a macinare riff su riff, con una rapidità ed una competenza inimmaginabili per i chitarristi alle prime armi, lanciandosi in assoli davvero precisi ed elaborati, che in più di un caso risollevano le sorti di un pezzo poco riuscito (vedasi il nerissimo macigno che risponde al nome di Fictional Reality). Araya, imperterrito, fa quello che sa fare: urlare, in tutte le salse, maniere e tonalità. Se questo, talvolta, pecca di monotonia e rischia di stancare lascoltatore, in altri casi risulta essere larma in più per trasformare una traccia pericolosa in una traccia mortalmente letale. Il massimo esempio è dato dal primo singolo estratto, Dittohead: se la doppia cassa martella come non mai, a ritmi talvolta letteralmente assurdi, e la perizia dei chitarristi è tale da sfornare due assoli mozzafiato, daltro canto lo scream insistente di Araya regala alla canzone un ulteriore tiro di potenza terrificante. Decisamente interessante anche SS-3, il famoso pomo della discordia fra Jeff Hanneman e Max Cavalera dei Sepultura (che lo taccerà di essere un filo-nazista): il pesantissimo fil di ferro che esce dalle due chitarre degli Slayer si contorce, lentamente, acquistando sempre maggior velocità, fino al finale schizofrenico. Quasi a ricordare chi sono, davvero, i veri maestri del thrash.
Ma anche i maestri peccano di superiorità. La maggior parte dei riff che si sentono durante tutto lo scorrere di Divine Intervention sono praticamente identici fra di loro, con differenza impercettibili in velocità e modulazione. Questo si rende quasi fastidioso laddove si sente un deficit artistico e una mancanza di idee fresche: i casi più eclatanti sono Circle Of Beliefs, una copia di Dittohead con qualità decisamente inferiori, e Mind Control, che chiude lalbum, potentissima ma davvero troppo, troppo ripetitiva. Sex. Murder. Art potete immaginare di cosa parli il testo parte invece da un buono spunto, che affoga ben presto, però, in un delta limaccioso. La causa? Lincredibile assenza di assoli.
Alla resa dei conti, le tracce migliori si rivelano essere Serenity In Murder e 213. La prima, scelta fra laltro come secondo singolo, è un terribile e velocissimo excursus nella follia della mente umana, scandito da un ritmo possente e da due esibizioni solitarie di King e Hanneman, acute e laceranti. La seconda, ispirata al numero dellappartamento nel quale il cannibale Jeffrey Dahmer seviziava e uccideva le proprie vittime, ha dalla sua il pregio di aprirsi con un inquietante arpeggiato in clean, una piacevole novità per quanto riguarda i canoni-Slayer. Salvo poi trasformarsi nel solito mostro metallico, cinetico ed oppressivo.
La sensazione, finito lascolto dellalbum, è che ci sia un po troppo appannamento, pochi spunti e un infossamento recidivo nel cliché che imprigiona da tempo immemorabile la band. La violenza cè, la potenza anche, la cattiveria non è mai mancata: quelle che scompaiono, talvolta, sono le idee. Poi ci si ricorda: siamo nel 1994, in piena era grunge. Lavevamo detto allinizio della recensione, no? Beh, gli Slayer ci sono stati. Anche qui. E allora, che pretendere di più? Ditelo ai Metallica. È con un sorriso quindi che, finalmente, Divine Intervention viene promosso, senza riserve.
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