V Video

R Recensione

5/10

Green Day

American Idiot

Non a caso, la sua uscita viene fissata in America per settembre 2004, tempo d’elezioni presidenziali. Il motivo è semplice: questo gruppo, proclamandosi paladino della giustizia, vorrebbe bloccare l’elezione del presidente George W. Bush raccogliendo, già prima della vendita dell’album, una serie di firme da parte dei fan. Il disco poi ottiene l’effetto desiderato: oltre 9 milioni di copie vendute, quasi a celebrare i fasti di “Dookie”, l’album che, così dicono, ha fatto rinascere il punk. Missione compiuta per Billie Joe Armstrong e soci, ma per chi si sarebbe aspettato un disco di punk tirato (era normale dopo lo scialbo “Warning” di quattro anni prima...) nulla è accaduto. Eppure la critica ha osannato “American Idiot”, considerandolo addirittura il nuovo “Tommy” oppure una pietra miliare del genere punk rock, l’erede di “London Calling”. Ormai non ci si può più fidare più di nessuno, triste ma vero...

L’album, obiettivamente parlando, è poca cosa. I guizzi artistici sono quasi inesistenti, i pezzi-riempitivo tanti, troppi. Le tracce non divertono, sono davvero sciatte, realizzate con l’espediente di due accordi (e non è punk!) e tanta, tanta melodia che emoziona le fan più desiderose di sentimenti. Si reputa un disco duro, ricco di chitarre taglienti, ma si rivela un’accozzaglia, un pout-pourri di melensaggini e di disperato divertissement. Per chiarire la questione, analizziamo i brani.

Si parte con la title-track, che il gruppo stesso definisce una crociata contro il presidente bastardo e tutti i fessacchiotti che restano incollati alla tv, schiavi dei media. Piccola contraddizione: allora perché registrare degli splendidi video su MTV? La questione non regge. Musicalmente parlando, 3 minuti ed oltre di ordinarietà, con qualche facile rullata di Trè Cool, un basso che non si sente quasi per niente, un Billie Joe che recita la sua filastrocca sapientemente e un assolo di chitarra, a dir la verità, abbastanza energico e carino. L’unico fattore che fa sì di non rendere la traccia terribile.

Jesus Of Suburbia” è, a ragione, una tra le migliori composizioni di questo concept. Non a caso, nelle vendite come singolo, non ha fatto sfracelli. Racconta della vita di un ragazzo punk e ribelle (uffa!) che lascia la ragazza, scappa da casa, conosce tante donne, insomma vive la vita “Sex, drugs & rock’n’ roll”, per poi, con un po’ di moralismo, ritornare nella sua dimora. E’ divisa in 5 parti (“Tommy” docet). La prima porta il nome omonimo ed è abbastanza lagnosa, ravvivata ogni tanto da 4 colpi di chitarra suonata molto, forse troppo semplicemente. La seconda, “City Of The Damned”, è notevolmente più apprezzabile, avendo una discreta dose di pathos e un ritornello incalzante, senza contare un’ottima gestione di batteria. Insomma, per una volta, niente male davvero. “I Don’t Care” riesce addirittura ad essere meglio, con una chitarra abbastanza buona nella parte iniziale, per arrivare ad emulare il metal per una decina di secondi. Un po’di divertimento, finalmente... La “durezza” diventa “dolcezza” in “Dearly Beloved”, un insieme di leggerezza che, sinceramente, fa piacere ascoltare. Anche il coretto non ci sta male. “Tales Of Another Broken Home” inizia con una buona sonorità di basso e, nell’insieme, non dispiace molto. E’ una parte onesta, che dice ciò che deve dire, e trova l’epilogo un due tastate di pianoforte, una quasi-sospensione sonora e un prevedibile boom finale. Bravi, bene, bis.

La terza canzone riesce ad essere di una mediocrità perfetta. Si chiama “Holiday” e narra del presunto menefreghismo degli americani che invece di interessarsi dei problemi di guerra, va in vacanza. Parte con una apparentemente vitale schitarrata che prosegue anche da sottofondo nelle parti vocali, una noia mortale. Il brano sembra avere un’impennata, quando si decide di fare un accettabile assolo “a scalare”, naturalmente secondo loro. Segue una discreta linea di basso di Mike Dirnt e l’appello roco e fastidioso d’Armstrong che sembra starnazzare fino a culminare nel solito, melenso ritornello.

Neanche viene portata a termine “Holiday” che s’inizia a sentire un semplice campionamento ascensionale costituente l’incipit della traccia più discussa del disco, non di certo per motivi positivi: “Boulevard Of Broken Dreams”. La gran polemica suscitata e alimentata nel 2006 sta nel fatto che gli accordi iniziali siano perfettamente analoghi, in tono e ritmo, alla famosissima “Wonderwall” degli Oasis. Infatti, Noel Gallagher, acido come al solito, non esitò a parlare: “La cosa che mi fa più rabbia è che i Green Day mi hanno plagiato quando ero ancora vivo: se lo avessero fatto dopo la mia morte, ciò sarebbe stato una specie di tributo”. Denunce e affini a parte, la traccia è estremamente orecchiabile e facilona, con un ritornello messo al posto giusto per un giudizio globale insufficiente. Guarda caso, è stato il singolone portabandiera: oltre 4 milioni e mezzo di copie vendute. Da notare solo la parte finale, influenzata in un certo modo da melodie dark con ossatura decadente.

Are We The Waiting” è di una stupidità inaudita, fa rabbia, offende l’ascoltatore. E’ composta da semplicissimi colpetti di batteria che non fanno altro se non creare uno scheletrico ritmo e qualche noterella di chitarra, senza contare una voce né carne né pesce. Tutto qui? Tutto qui.

Fortuna nostra che “St. Jimmy”, l’amicone drogato del Gesù di Borgata, sia finalmente qualcosa che possa essere definita punk (con punte di pop): costituita principalmente da un ritmo molto veloce e perciò fluido, la composizione vanta una freschezza difficile da trovare nel resto del disco, alimentata dalla velocissima parlantina di Billie, che riesce a star dietro al treno chitarristico (peraltro creato da lui stesso!). Nulla da criticare dato che anche la parte finale, a momenti sincopata nel coro, trova l’idoneo punto di sfogo. Giù il cappello.

Neanche si fa in tempo ad gioire che si viene presi per il bavero e sbattuti in “Give Me Novacaine”, pezzo senza infamia né tantomeno lode, percorso da un buon inizio di batteria e una manciata di secondi di buon pathos vocalico, per poi sprofondare in un ritornello banalotto e scontato. Da salvare anche l’intermezzino.

Schiaffo insieme “She’s A Rebel” ed “Extraordinary Girl” per la semplice motivazione che 2+2= 4. Ovvero, se sommiamo un pezzo inutile ed insulso ad un altro con l’identica qualità, però meschinamente celata dall’espediente spagnoleggiante, otterremo una bel minestrone di cipolline bianche, aglio crudo, wasabi e ketchup: indigeribile, da evitare.

Letterbomb”, da bravo pacco-bomba, esplode nel momento esatto per l’ascoltatore-tipo: descrive un ritmo veloce, tenuto a bada dalla batteria potente e scattante; si sviluppa registrando gran orecchiabilità in crescendo; termina nella tristezza, spinta fuori di scena da qualche schitarrata.

Ciò che viene dopo merita rispetto. Non tanto per la musicalità in sé (comunque accettabile) ma per il fine che si è voluto raggiungere. “Wake Me Up When September Ends” è una dedica delicata fatta da Billie Joe al padre, purtroppo consumato nel lontano 1982 da un cancro all’esofago che gli fu fatale. Si racconta che il figlio si chiuse in una stanza e disse alla madre “Svegliami quando finisce Settembre”, preso dallo sconforto. Da qui il brano, registrato solo ora e non prima poiché comunque può assumere anche il valore di critica alla guerra. Un buon testo è tenuto testa (perdonate il gioco di parole) da una melodia dolce, discreta in tutti i sensi. Si parte con chitarra classica per arrivare all’elettrica a metà brano e nell’assolo buono ed efficace. Accettabile, come detto prima.

Ed ecco arrivato il momento della seconda suite da oltre 8-9 minuti: “Homecoming”, ergo il follow-up di “Jesus Of Suburbia”. Il nostro ragazzo ritorna a casa, vede la morte del suo amico Jimmy, si fidanza e si lascia. Melodicamente, più debole di “Jesus”, ma comunque abbastanza apprezzabile. “The Death Of St. Jimmy” inizia con una chitarra elettrica distorta strimpellata con molta calma, da menestrello ed accompagnata da una voce emozionale. Improvvisamente cambiano i ritmi, c’è più potenza negli strumenti. In “East 12st St.” si arriva ad una semi-follia trascinante, da cantare in coro, all’insegna del divertissement. “Nobody Likes You (primo verso di “Letterbomb”) è, a sorpresa, cantata dal bassista Mike. Ecco, non a caso non è un cantante: avrebbe fatto meglio a continuare a suonare, perché la sua voce non è il massimo, senza alcuna inflessione. Il “collega” batterista Trè riesce quasi a fare di peggio in “Rock’n’Roll Girlfriend”, salvato solo da una ricca goliardia di sax, chitarra e la sua stessa batteria. Le sorti vengono ripristinate nell’ultima parte, “We’re Coming Home Again”, prima allegra avventura di chitarra, poi marcia corale quasi interminabile, culminante nel “Nobody Likes You” del bassista. Non ce n’era bisogno, sinceramente.

A prendersi la responsabilità di fare da epilogo è “Whatsername”. C’è solo da dire che è una traccia assolutamente prescindibile, non gioverà a nessuno ascoltarla. E’ solo un riempitivo per farla finita.

In conclusione, “American Idiot” è un cd deludente, con pochi alti e molti bassi, costituito da un’appiccicosa mediocrità. Il fatto che un commerciante americano abbia rivendicato il demo di tutto l’album, definendolo suo, potrebbe farci tirare un sospiro di sollievo.

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Alessandro Pascale (ha votato 8 questo disco) alle 8:33 del 28 agosto 2007 ha scritto:

accidenti

ci sei andato giù pesante eh? A dir la verità io lo trovo un ottimo disco come i Green Day non ne facevano da anni (Dookie?). Aldilà della politica e della probabile ipocrisia se lo si guarda dal mero lato estetico-musicale non mostra particolari punti deboli, con quelle due lunghe suite davvero notevoli (e chi se l'aspettava dai green day?) e un paio di pezzi (wake me up when september ends e american idiot) che saranno anche stati pompati un sacco da mtv ma hanno retto benissimo i molti ascolti.

Marco_Biasio (ha votato 5 questo disco) alle 9:09 del 28 agosto 2007 ha scritto:

Mah, mah

Alessandro, non ti facevo un ascoltatore dei Green Day. Peccato. L'album in questione ha un solo, grande difetto: quello di essere enormemente pretenzioso. Se si fosse ispirato al semi/punk di "Dookie", libero, alcolico e scazzato, probabilmente la sufficienza l'avrebbe pure raggiunta. Invece, i tre si sono pavoneggiati a non finire, componendo un'opera che a mio avviso non ha nè capo nè coda. Piena di contraddizioni ("fuck the America", e intanto giù a rotazioni dei singoli), episodi che stridono in modo enorme fra di loro (Jesus Of Suburbia, che in sè non è un brutto pezzo, anche se un po' confusionario, assieme a Holiday o Boulevard Of Broken Dreams), la presunzione di far passare un disco pop/rock per un lavoro punk (maddai... il punk è altro, una cosa formata da tre accordi mica è automaticamente punk). C'è da dire che, comunque, mi stanno sulle balle molto meno di altri gruppi "moderni" (ah, la gioventù dei miei coetanei). Penso che potrebbero attirare la mia attenzione se proponessero un sound meno mieloso ed appiccicoso, più grezzo, ruvido e diretto. Roba che, insomma, non ti vedresti passare tutti i giorni su MTV. Voto che oscilla fra il 4 e il 5, diciamo un 4.5. Ottima recensione.

Giuseppe Pontoriere, autore, (ha votato 5 questo disco) alle 10:11 del 28 agosto 2007 ha scritto:

Peasy Peasy...

Forse non sai che io ero un grandissimo fan dei Green Day. Li adoravo, non facevo altro che ascoltarli. Poi, qualche mese fa, iniziando a spaziare nella scena musicale, ho capito che questo disco non era il capolavoro che credevo. E credimi, l'ho ascoltato tante di quelle volte che alla fine ho inteso la verità. Non è un disco insalvabile, ma neanche da 8. Dovresti ascoltarlo maggiormente, secondo me.

Grazie a te e a Marco per aver commentato ed aver espresso il vostro parere.

Cas (ha votato 5 questo disco) alle 10:18 del 28 agosto 2007 ha scritto:

capolavoro...

...del punk-rock commerciale buono solo per l'Mtv generation. sono pienamente d'accordo con la tua analisi!

Giuseppe Pontoriere, autore, (ha votato 5 questo disco) alle 10:26 del 28 agosto 2007 ha scritto:

Grazie...

Sono contento che sei d'accordo con la mia analisi. Commerciale, triste ma vero.

Alessandro Pascale (ha votato 8 questo disco) alle 15:27 del 28 agosto 2007 ha scritto:

io non lo ritengo assolutamente un capolavoro. E vi assicuro che non sono mai stato un fan dei Green Day. Ho sempre apprezzato davvero solo dookie dando un'ascoltata di passaggio agli altri senza che mi lasciassero granchè. Allo stesso modo mi approcciai ad american idiot, sapendo che probabilmetne non sarebbe stato niente di che. Invece nonostante lo scetticismo iniziale mi sono trovato un ottimo disco di punk-pop che non mi sembra affatto plastificato in un sound mtv. Non vorrei che qui si facesse un discorso del tipo che solo perchè ha avuto un successo enorme e ha avuto 3-4 video su mtv allora debba essere accomunato a tanta merda che gira sul canale. Non è così. Poi ovviamente non penso che sia il vostro caso l'equazione commerciale=merda che lo so che avete una personalità in grado di stabilire giudizi seri, però io ho paura che questo atteggiamento possa avere condizionato buona parte degli "alternativi" che vogliano darsi un tono. Ribadisco: lasciamo da parte il lato strettamente politico e ipocrita dei Green Day e concentriamoci sulla musica. A non eseguire questa semplice operazione si corre il rischio di svalutare anche artisti ipocriti come i Jefferson Airplane (tanto per dirne uno). A mio avviso la musica c'è. Niente di innovativo e devastante certo. La produzione è quella che è, se ci aspettiamo un disco di grezzo hardcore dai Green Day stiamo freschi. Il fatto che il disco sia più vicino a un pop-rock senza troppe pretese che a un punk 77 (e grazie al cazzo) non deve svilire il disco che mantiene comunque canzoni ottime. Soprattutto le due lunghe suite hanno il loro perchè. E oltrettutto la scelta di usare la prima come singolo la trovo molto coraggiosa e in controtendenza con molti gruppi anche più alternativi e meno compromessi "col sistema". Insomma qui si parla di pretenzioso e di commerciale ma non mi sembrano giustificati nè l'una nè l'altra accusa. Non capisco nè l'una(pretenziosi perchè? Perchè tentano di uscire dai soliti schemi delle canzonette pop con un parziale ritorno al punk-rock e con la scelta di imitare i Who nell'elaborazione di lunghe suite da 8-9 minuti che contengono più pezzi? E perchè?), nè l'altra (commerciale un gruppo che come secondo singolo piazza un brano da 8 minuti e passa? Coraggiosi semmai).

Poi oh ovvio che non siamo di fronte a un capolavoro (mai detto): l'8, in realtà un 7,5, voleva essere un incentivo e un apprezzamento particolare per un gruppo che a dieci anni di distanza dal proprio apice è cmq riuscito a rinverdirsi dopo un declino ininterrotto ritrovando sferzate di energia notevoli. C'è di meglio in giro? Certo, ovviamente. Volete sentire un vero disco punk di oggi? Cercate i Time Flys. Il punto è che stiamo parlando dei Green Day, non dimenticatelo, non del gruppo indie sconosciuto all'esordio o dell'artista all'avanguardia. E i Green Day sono un gruppo che bene o male sono pienamente inseriti nel sistema e vogliano o no finiscono su mtv per il fatto di essere giudicati (erroneamente) uno dei migliori gruppi punk di oggi. Ma è colpa loro? Ovvio che no. Secondo me il successo del disco (ovviamente esasperato oltre i suoi meriti cmq modesti) vi ha sviato dalla musica e dal contesto in cui è stato realizzato american idiot. Poi se voi vi aspettavate dai Green Day (gruppo con più di 15 anni di attività) un esperimento post-core con sferzate di industrial allora c'è un malinteso di fondo. Ribadisco: i Green Day sono un gruppo inutile e pompato, ma con American Idiot hanno realizzato un disco bello, piacevole e per la scelta della realizzazione coraggioso.

Marco_Biasio (ha votato 5 questo disco) alle 16:50 del 28 agosto 2007 ha scritto:

Dici?

Caro Alessandro, se a te pare azzardato definire "commerciale" quest'album perchè contiene due "suite" (!!!) da nove minuti ciascuna, a me pare altrettanto esagerato che tu escluda in blocco questo lavoro, dalla sua definizione, proprio per lo stesso motivo. Il fatto che contenga due canzoni da nove minuti ciascuna ne eleva di poco il valore. Bisogna saperle anche comporre, queste canzoni. Non mi pare che "Jesus Of Suburbia" sia una bellissima canzone, perchè in nove minuti spazia dal pop più ruffiano ad accenni di punk -ma proprio accenni- per poi ritornare al pop, con tanto di pianoforte. L'intenzione sarà stata coraggiosa, non considererei coraggioso invece il risultato finale. Ed è proprio il fatto che l'abbiano scelta come singolo (neanche i Tool, fra un po', fanno uscire come singoli pezzi da dieci minuti a botta) l'elemento che ti dovrebbe mettere la pulce nell'orecchio. Perchè l'hanno fatto? Innovazione, creatività? Ma figuriamoci: i Green Day non sono mai stati nè innovatori nè tantomeno creativi, mai. Perchè, dunque? Beh, basta ascoltarla: in nove minuti ci sarà un minutino scarso di chitarre tirate, ed il resto è pop/rock commerciale e plastificato all'ennesima potenza. Quest'album è pretenzioso perchè, come ho già detto, cerca di fare passare un disco modesto di pop/rock per un'opera rock proprio in stile Who. Non direi affatto che hanno cercato di superare lo schema tipico delle canzonette pop. E allora, che cos'è "Wake Me Up When September Ends"? Che cos'è "Holiday"? Che cos'è "Whatsername"? Canzoncine pop da bassa lega e con pretese qualitative assurde, se non ridicole e patetiche. Fra un "American Idiot", spacciato come un capolavoro dell'età moderna, ed un "Dookie", decuplo disco di platino pur non avendo molte pretese, preferisco mille volte l'ultimo. La verità, Alessandro, è che i nostri tre amici sono ormai da tempo nel music business ed hanno capito come si fa il pane. Questa volta hanno esagerato, cercando di conquistare un pubblico più difficile con delle scelte musicali povere e, talvolta, davvero incomprensibili (quella lagna di "Boulevard Of Broken Dreams" ne è la conseguenza). Ma evidentemente lo scherzo non è riuscito. In tutta franchezza, dai Green Day non mi aspetterò mai un disco post-core con scudisciate industrial, sia chiaro: è contro natura. Ma mi sarei quantomeno aspettato un VERO approccio punk-rock (questo NON è punk rock) e non una sfilza di melodie ruffiane a basso consumo. Detto questo, non ce l'ho per nulla con te, sia chiaro... anzi! Ti considero un ottimo recensore ed una persona con cui si può tranquillamente dialogare. Ma volevo mettere in chiaro un paio di cose.

Alessandro Pascale (ha votato 8 questo disco) alle 17:29 del 28 agosto 2007 ha scritto:

RE: Dici?

beh ovviamente neanchio ce l'ho con te caro marco, qua si discute di musica ma non c'è niente di personale

cmq portando avanti il discorso aggiungo qualche cosa: io penso che se i green day avessero voluto (o dovuto) fare un disco davvero commerciale si sarebbero limitati a sfornare un dischetto carico di canzoncine docili come time of your life e il pubblico ne sarebbe stato contentissimo (e forse avrebber ovenduto molto di più conquistando fette di pubblico ancora più ampie). Dici che "i Green Day non sono mai stati nè innovatori nè tantomeno creativi" e secondo me hai ragione, assolutamente. Però secondo me esageri nel considerare le due suite una commercialata. Perchè aldilà del fatto che l'attitudine non sia nè originale (un remake degli Who) nè violenta (d'accordo con te nel dire che non siamo di fronte a un punk puro, ma è forse un male se si resta su binari di pop spruzzato di punk?) si può dire che cmq ci sia stato un tentativo (riuscito) di uscire dallo schema classico che aveva ingabbiato il gruppo. Perchè per quanto se ne possa dire degli altri pezzi (che rimangono è vero convenzionali) per me l'anima del disco sta in quelle due suite. A me sembra che tu veda negativamente quest'opera per una attesa non realizzata, nel senso che dici che ti aspettavi cmq un disco punk-rock sullo stile di dookie e sei rimasto deluso da un opera che tenta di porsi come capolavoro-rock monumentale sullo stile classico. Secondo me sbagli approccio. Io non mi aspettavo nulla da questo disco. Ci ho trovato un buon punk-pop reso in modo inatteso (le due suite), con una buona ispirazione complessiva (ebbene sì, when september ends è una canzone davvero bella, perchè negarlo) e sinceramente non me ne è fregato nulla se l'approccio generale non era punk ma pop. Per quanto mi riguarda potevano anche gettare nel cesso le chitarre e tirare fuori il mellotron se poi sanno usarlo bene. A me pare che il piano sia usato bene. A me piace anche il pop e non mi è sembrato che questo fosse peggiore di tanta roba che c'è in giro, nè tantomeno lo ritengo di basso consumo (pur essendo vero che strizzi molto l'occhio all'easy listening). Tutto il resto (la pretenziosità) secondo me è una cosa che si può notare solo dall'atteggiamento extra-musicale, ossia il look, i comportamenti, le pose del gruppo. Tutta roba che sinceramente mi scivola addosso senza interesse, dato che in linea di massimo tendo a basare i miei giudizi sulla sola musica mettendo da parte questioni etiche di tale tipo (anche se non sempre ci riesco). E dalla musica non penso che ne derivi un atteggiamento superbo. Andare a ripescare una vecchia idea come quella delle suite scomponibili per rivisitarle in chiave punk-pop la trovo un'operazione proponibile senza problemi. Sul fatto che l'abbiano probabilmente fatto con poca onestà è una cosa che non mi interessa (anche se dubito abbiano fatto un mero ragionamento commerciale rischiando cmq una cosa (il singolo da 8 minuti) che difficilmente era stata proposta con successo) dato che quello che mi interessa è la buona (a mio parere) realizzazione di questa operazione.

E cmq seguirò i tuoi consigli sui gruppi suggeriti (tranne i Pennywise che conosco già e spaccano)

Marco_Biasio (ha votato 5 questo disco) alle 16:53 del 28 agosto 2007 ha scritto:

E...

...fra i gruppi punk del Nuovo Millennio che mi sento di consigliarvi fortemente, aggiungo i Billy Talent, i Pennywise, i Casualties e alcune produzioni dei Locust. Quello è davvero punk, non 'sta roba, dai.

Marco_Biasio (ha votato 5 questo disco) alle 19:01 del 28 agosto 2007 ha scritto:

Ok, ho capito il tuo punto di vista. Lo condivido in parte, ma l'hai espresso molto bene e perciò ti faccio i miei complimenti. Questa piccola discussione, lo ammetto, è stata davvero interessante. E' stato un piacere. Grande, segui pure i gruppi che ho citato. Dei Locust ti consiglio Plague Soundscapes, dei Casualties Under Attack. Pennywise e Billy Talent qualunque album )))) Ciao e a prestissimo!

DonJunio (ha votato 6 questo disco) alle 21:24 del 28 agosto 2007 ha scritto:

corporate punk still sucks!

è ovvio che sono un gruppo da MTV, ma in quella categoria sono tra i meno peggio. "Jesus Of Suburbia" e la canzoncina del boulevard sono tra le loro cose migliori mai fatte. Ad accontentarsi, a volte, si gode....

Vikk (ha votato 2 questo disco) alle 12:35 del 9 novembre 2007 ha scritto:

I Green Day hanno perso anche l'onesta'!

Ho ascoltato questo album su consiglio di un mio amico dentro la scena punk-hc non commerciale: che dire per me i Green Day hanno cominciato ad essere una band decente con "Kerplunk" ed anno finito con "Insomniac" (il loro lavoro migliore a mio parere), poi sono diventati una pop-rock band capace solo di leccare il culo a MTV.

Ormai quarantenni i 3 nerd di provincia dovrebbero aver capito quali sono i loro limiti tecnici ed artistici, mentre questo disco e' la sagra della mediocrita', delle canzoni di plastica per non menzionare le 2 orripilanti "suite".

Mossa stuta quella di indurire il suono, conciarsi di nero con tanto di make up per arruffianarsi il pubblico emo-MTV che vive su Myspace.

Quasi quasi li preferivo prima con "Warning": scialbi, pop, commerciali, ma almeno onesti.

Giuseppe Pontoriere, autore, (ha votato 5 questo disco) alle 14:05 del 11 novembre 2007 ha scritto:

Esattamente così

Come da titolo.

fabfabfab alle 15:03 del 30 giugno 2008 ha scritto:

Mi fa un po' sorridere questa discussione ... commerciale, non commerciale, vero punk, mtv ... insomma vi piace o no questo cazzo di disco?

someone in the way (ha votato 8,5 questo disco) alle 16:24 del 27 luglio 2012 ha scritto:

ti stimo!!

simone coacci (ha votato 7 questo disco) alle 15:19 del 30 giugno 2008 ha scritto:

Il disco è tutt'altro che da buttare. è un opera pop dei nostri tempi (con volenterosi rimandi concettuali a Kinks e Who). I Green Day, sono un buon gruppo pop, power pop al limite, averli scambiati per punk e, da parte loro, aver indotto i creduli in tentazione è l'unica colpa che gli (ci) si possa addossare. Fanno quello che hanno sempre fatto e lo fanno benino (ii power musichall di Jesus Of Suburbia, col suo pastiche di miniriff e interludi strumentali in stasi o in levare è la cosa più bella in assoluto). Non è un gioiellino bubblegum come "Dookie", ma si difende.

Roberto_Perissinotto (ha votato 4 questo disco) alle 14:32 del 12 ottobre 2008 ha scritto:

Io non ho davvero la sfacciataggine di definire i Green Day come dei "punk"...un conto è atteggiarsi a tali, un conto è esserlo veramente...e a me la musica che vive di apparenza e non di sostanza non sembra neanche musica.Non si può vivere di solo passato (i primi anni all'insegna di un punk-rock grezzo e onesto), ma Dookie...era davvero un'altra cosa.Bella la recensione.

Truffautwins (ha votato 8 questo disco) alle 4:11 del 14 dicembre 2008 ha scritto:

Ha qualcosa di epocale!

Il Cantastorie (ha votato 8 questo disco) alle 20:00 del 10 maggio 2009 ha scritto:

Hai esagerato!

Per me questo è uno dei migliori lavori dei Green Day. Non mi pare di aver mai sentito molti esempi di concept album nel punk?

Il sound è leggero, moderno, ma non scontato; i testi interessantissimi, un convincente specchio della società americana di oggi. Non che manchino le pecche ("We are the waiting" se la potevano decisamente risparmiare), ma nel complesso è un'opera completa ed ambiziosa che è riuscita pure ad incontrare i gusti del pubblico.

DucaViola (ha votato 8 questo disco) alle 19:00 del 28 luglio 2009 ha scritto:

A me fa sempre sorridere quando si parla di punk e rock and roll in maniera tanto elaborata... più che altro mi fa sorridere il fatto che ci si debba aspettare chissà cosa da un disco Pop-Punk o che so io, alla fine è un buon disco, lo è anche per me che non ho mai nutrito un amore tanto profondo per i GreenDay. Questi non sono mai stati complicati... e mi piace. E' punk... non è punk? E che ne so... sinceramente non m'interessa... poi il punk era un movimento non musica... lo è divenuto perché ci hanno mangiato sopra i vari impresari e case discografiche sfruttando gente come Vicious che non sapeva neanche perché stava al mondo, e suonare tanto meno, e si sbomballava le cervella dalla mattina alla sera. Per me questo non è un brutto album.

DucaViola (ha votato 8 questo disco) alle 19:18 del 28 luglio 2009 ha scritto:

... no... per me quattro stelle è troppo, ho sbagliato... però non è brutto.

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 7 questo disco) alle 13:19 del 25 aprile 2010 ha scritto:

Niente male. Che poi sia punk o non sia punk, francamente mi interessa poco. Vero che si rifà molto ad alcuni grandi del passato, Who e Clash su tutti, Homecoming ad esempio mi ricorda molto A quick One While He's Away degli Who. Però tutto sommato si lascia ascoltare soprattutto nella prima parte. Nella seconda forse qualche riempitivo di troppo, se avessero levato due-tre pezzi sarebbe stato meglio. Jesus Of Suburbia mi sembra ottima, specialmente la sezione City Of The Damned. Un bell'esempio di prodotto commerciale, orecchiabile, radiofonico, ma di buona qualità

Alfredo Cota (ha votato 6 questo disco) alle 13:14 del 27 novembre 2011 ha scritto:

Ascoltabile e con buoni spunti, 6,5

bill_carson (ha votato 7 questo disco) alle 21:31 del 27 novembre 2011 ha scritto:

nel suo genere, è un bel disco

i green day sono pop-punkers. questo è semplicemente un buon disco di power-pop.

EnDromRock (ha votato 6 questo disco) alle 19:22 del 8 dicembre 2014 ha scritto:

Si ragazzi, tutto quello che volete però ci sono dei fraintendimenti da parte vostra... L'album dal inizio alla fine è un concept come ben sapete, comprese tracce come American Idiot e Holiday e si insinuano al interno del discorso della storia di jimmy. American Idiot infatti, non è altro che la presentazione degli ideali del protagonista del album, che si scaglia contro i media e la politica di Bush (cose che non a caso si rivedono negli altri testi) perciò diciamo che dovrebbe essere il pensiero del protagonista è non della band in se. Con questo non voglio giustificare nulla sia chiaro, è solo per dire che in realtà e tutto un concept e la band c'entra poco e niente, così come per Holiday, per quello che credo il significato della canzone è ben diverso da quello descritto nella canzone. Ma al di là di tutto questo, volgiamo parlare davvero di ipocrisia e incoerenza nella scena punk? Tutti gli esempi più famosi sono stati così, prendete i Sex Pistols, furono creativi? Avevano davvero capacità tecniche superiori a quelle dei Green Day (a me non sembra che fossero molto di più dei tanto criticati "quattro accordi power chords e melodie riciclate" usate e riusate da gruppi come i green day, per non parlare di ipocrisia e quant'altro. Simpuò dire che loro abbiano rovinato il punk, con la loro formazione creata a tavolino per i soldi (e si vede un album e pochi tour e poi si sciolgono). Cioè io non l'ho mai capito il fenomeno dei pistols né questo presunto valore artistico di "Nevermind The Bollocks" (canzoni tutte uguali). Non li snobbo, perché ne riconosco parzialmente, l'importanza storica e tante altre cosine, ma anche loro furono una band creata solo per guadagnare, alla fine il vero punk quello alternativo e indipendente, auto prodotto da se è quello di gruppi come i Crass. Non i Sex Pistols, che tra l'altro ne hanno anche storpiato il messaggio vero del movimento a parer mio.