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R Recensione

8/10

Great Mountain Fire

Canopy

Quando in Italia parliamo di musica belga e, nel caso specifico, di artisti di rilievo su scala internazionale, facciamo decisamente fatica ad elencare più di un paio di nomi (uno dei due sarà sempre e comunque dEUS). Quello che però molti non sanno è che nel panorama “indie” odierno sono sempre di più le realtà di spessore che, anno dopo anno e festival dopo festival, si stanno lentamente facendo strada verso territori stranieri, soprattutto con la spinta della rete. Un nome fra tanti è senz’altro quello dei Balthazar, gruppo fiammingo fresco della recente uscita del notevolissimo Rats, e che già ai tempi dell’altrettanto valido disco d’esordio Applause calcava i palchi di mezza Europa e non solo.

 

Da un paio di anni a questa parte però i riflettori sembrano essere tutti puntati sui Great Mountain Fire, gruppo di Bruxelles decisamente atipico che rivendica con orgoglio le proprie influenze anni ’80, richiamando alla mente gruppi storici come Devo, Kraftwerk, Talking Heads e Genesis senza però dimenticare un’idea di musica estremamente moderna quanto al tempo stesso intima e personale. Complice l’esperienza maturata a lungo nei festival di tutto il Belgio sotto il nome di Nestor! (attivi già dal 2006), i Great Mountain Fire hanno dato luce al loro disco d’esordito nel 2011 con grande clamore da parte del pubblico e della stampa locale.

 

Canopy è a conti fatti un vero concentrato di energia vitale mista a visioni oniriche ultraterrene, il tutto racchiuso in 11 studiatissime tracce. Accanto infatti ad una incredibile attenzione e meticolosità nella scelta dei suoni, l’idea alla base è quella di riuscire a mischiare il meglio delle influenze di riferimento con sonorità che siano allo stesso tempo orecchiabili e al passo coi tempi. Il loro pop ibrido e chimerico è in continua ricerca di nuovi limiti da porsi e superare. Tra i fantasmi del funk e dell’ afro-beat che si sposano con la freddezza formale del Kraut, Canopy libera i propri sintetizzatori per propinarci delle dolci canzoni folk-lunari. Ma si tratta prima di tutto di un gioiello pop finemente eseguito.

 

Da questo album messo insieme per il piacere e il vagabondaggio silvestre usciranno delle vere e proprie perle che non tarderanno ad imporsi sulle nostre onde, come del resto già succede nella loro patria. Pezzi come Late Lights, Cinderella e It’s Alright sono delle vere e proprie bombe pop francamente difficili da scacciare dalla testa dopo il primo ascolto. Se si considera poi il fatto che sotto la patina e l’apparenza di quelli che sono i brani di punta si nascondono uno spessore ed una varietà musicale decisamente invidiabili non si puo’ certo rimanere indifferenti di fronte ad un lavoro di questo tipo.

 

Dall’esplosione di gioia e colori di Crooked Head per passare al groove trascinante di If a Kid, forse il pezzo più dichiaratamente “talkingheadsiano”, fino ad arrivare agli episodi più visionari e profondi di A Gipsy Father e Antiparos, con le parentesi immaginifiche di Swans, quasi un sogno messo su spartito, e delle eclettiche e plasticose Breakfast e Rrose Sélavy.  Canopy è un disco che ci riconnette con la natura prima che con noi stessi. E’ un po’ come se ci ricordasse un posto lontano in cui abbiamo desiderato essere per tutta la vita. Ed è così che i Great Mountain Fire liberano tutta la propria urgenza di cambiamento e, al tempo stesso, la loro profonda e inequivocabile natura intimista. In attesa di vederli arrivare lontano e, si spera, di sentirli suonare presto anche qui da noi. 

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