The Great Northern X

The Great Northern X

Nati dalla fusione di Art of Wind (progetto solista di Marco degli Esposti, qui voce e chitarra) e Flap (trio strumentale composto da Filippo Arzenton, chitarra, Cristian Arzenton, voce e basso, e Fulvio Veronese, batteria) i The Great Northern X rappresentano un interessantissimo prodotto della scena indie nostrana.

La band padovana infatti, sensibilmente influenzata dalle sonorità americane, gioca con grande maestria tra atmosfere dreamy, squisite melodie pop, raffinate orchestrazioni post-rock, a loro volta in grado di svariare tra soluzioni noise e fughe psichedeliche più accentuate.

La grazia lirica, così cristallina e pura, che tanto fa ripensare agli indimenticati Grandaddy, si fa largo fin dall'opener Song of wool, ma si mantiene stabile per tutto il disco.

Saigon e Loser song sono degli splendidi bozzetti folk-pop fiabeschi e intimi, dalle sonorità molto yankees. Nella prima si fanno largo melodie vocali soffici su cui si aprono squarci strumentali che recuperano la lezione del post-rock. Nella seconda trovano maggiore spazio riverberi che creano godibili contrasti heavy/sweet.

Stranger approfondisce l'aspetto dreamy, dandosi un taglio che ricorda molto i primi Suede dei tempi d'oro, nonostante nel finale si lasci andare in libere e leggere distorsioni.

Qualche leggero passaggio a vuoto nella poco incisiva Rat, ma l'impressione confermata con Sickness of the Great Nothing di avere a che fare con preziose ed eleganti atmosfere alla Neil Young, addolcite da una voce tanto cavernosa quanto suadente e sussurrante.

Ancora più desertico e scarno il finale di The Seventh Tale, il cui incedere viene spezzato da roboanti wall of sound che pur non arrivando a livelli di rumorismo becero, riempiono l'aria con riverberi elettrici fitti. In definitiva un dischetto d'esordio molto interessante quello dei The Great Northern X. Li aspettiamo al varco per la seconda puntata.