R Recensione

7/10

The Great Park

Spring

Dell’etichetta Woodland Recordings quest’anno se ne è già parlato a proposito di un paio di cantautori di base a Brighton (Birdengine, Clara Kindle) orbitanti attorno alla casa discografica anglo-tedesca, ma è giusto e doveroso ritornarci sopra discorrendo di The Great Park, quantomeno perché l’one man band che si nasconde dietro il moniker altri non è che Stephen Burch, mentore pigmalione mecenate mente-pensante e umile-artigiano della Woodland stessa.

Di base a Berlino, ma originario dell’Inghilterra del sud, Burch è uno dei pochi cantautori folk indipendenti e amorevolmente dediti alla filosofia do it yourself che valga la pena approfondire, ascoltare e lasciare in loop durante gli intimismi da cameretta più ombrosi. Perché il ragazzo ha talento per quello che fa, e lo fa con un’umiltà rara. Questo “Spring”, registrato in un solo giorno, il 7 aprile 2009, su un solo microfono, raccoglie quindici delle canzoni migliori che Burch ha pubblicato negli Ep e nei dischi profusi in gran copia durante l’ultimo biennio. Tutti i pezzi sono denudati e presentati in una veste ultra-monolitica di chitarra-voce, senza quelle incursioni strumentali grezze e rugginose che riempiono le versioni originali di un colorito vinaccia tutto autunnale, a simboleggiare legnosità casalinga, sangue, autenticità volutamente spartana. Qui rimane l’osso, e se le canzoni reggono bene anche spoglie vuol dire che Burch ci sa fare.

L’essenziale di The Great Park significa: un fingerpicking morbido che sa essere a tratti dolce e a tratti ossessivo, accordi elementari, una voce non varia ma sicura, testi evocativi divaganti tra campagne brumose piene di misteri e intensa quotidianità sentimentale. Burch si culla nella tradizione folk narrativa più sicura (Leonard Cohen, Sam Amidon che incontra Nick Cave, Boduf Songs che sposa i primi Decemberists di certe ballate funebri, lo stesso folklore popolare britannico), eccellendo soprattutto nelle prove incupite dagli accordi in minore che sanno di buio e magica paganità popolare (“Annabel”, “Black Water”, “The Heart Goes Tumbling Down”), senza che gli episodi solari, illuminati da una luce mattutina dimessa, come stoviglie sopra il tavolo, emozionino di meno (“Here”, “Suit Of Stones”, “Paper Birds”). Seguendo le confessioni a cuore aperto di Burch (“I Do Wrong”, “Trouble”), diventa impossibile trovare noioso questo attraversamento via musica di una biografia qualsiasi, a cui è facile (e dolce) sovrapporre la propria.

I dischi della Woodland, questo incluso, sono pubblicati in poche copie, mai più di cento, tutte lavorate a mano e impreziosite da disegni e fotografie degli artisti coinvolti. Chi sa di cedere volentieri alle lusinghe del migliore cantautorato a bassa fedeltà (ma ad alta intensità), non esiti.

 

Sito ufficiale: www.woodlandrecordings.com/thegreatpark.htm

Myspace: www.myspace.com/thegreatpark

VIDEO

"Annabel" (live): www.youtube.com/watch

"Black Water" (live): www.youtube.com/watch

"I Do Wrong": www.youtube.com/watch

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 1 voto.
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