R Recensione

8/10

Amp Fiddler

Afro Strut

Per chi non lo conoscesse Amp Fiddler è un musicista davvero eclettico e di spessore: tastierista di precoce formazione jazz ha accompagnato i live di personaggi del calibro di George Clinton e Primal Scream, collaborando nel frattempo con le realtà più underground di Detroit (uno per tutti Carl Craig che remixa il singolo estratto Ridin')

Nel suo album d'esordio, Waltz of Ghetto Fly già se ne intravedevano le qualità artistiche, che restavano però più anonime, statiche, ferme su un r&b condito qua e là da arrangiamenti funk. Questi arrangiamenti in Afro Strut tornano, liquidi come i Parliament e il più synthetico degli Herbie Hancock, ma più marginali, mescolati ad un insieme di contaminazioni talvolta appena accennate, che non arrivano mai a spersonalizzare l'estrema originalità del lavoro, e che lasciano un curioso retrogusto variopinto di tutte le diverse sfumature di black music. Tornano in mente Quincy Jones, George Duke, Marvin Gaye per tutta la Motown, ma anche accenni dixieland (If I Don’t), latin jazz (Right Where You Are), reggae/roots (I Need You)

Amp Fiddler si dimostra un vero proprio equilibrista: lo si può paragonare a quel cappello ammiccante che sembra cadere da un momento all'altro dal suo afrohead. Rimane in bilico tra il funk, nu jazz e soul dove il groove c'è, si sente, ma non si vede, non scade mai nel dozzinale e ascoltato ad un certo volume fa anche muovere la testa.

Malinconico e solare allo stesso tempo, non si risparmia colpi di genio nell'aggiungere preziosismi nerd a colpi di LFO e "smanopolamenti" degni dei Kraftwerk.

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