Rob
Rob
MTV è diventato un gran casino. Non che qualche anno fa fosse interessante o anche solo migliore di oggi, ma almeno poteva essere considerato un canale televisivo musicale. Adesso non più, su MTV mandano in onda cose che minano la credibilità del genere umano (l’avete mai visto Jersey Shore? È un reality i cui protagonisti sono talmente tamarri e volgari che le marche di jeans li hanno diffidati dall’indossare i loro capi – e non è una battuta), al punto che per mandare in onda qualche video musicale hanno dovuto creare un secondo canale, chiamato MTV music. MTV music è appena decente, programmano vecchi video degli anni ‘90 e robe simili: insomma, tra la fine di Walker Texas Ranger e l’inizio del Tg La7 ci può stare. L’altra sera, ad esempio, hanno riproposto un documentario sui Metallica intitolato “Some Kind of Monster”: una visione lugubre e triste, due ore e mezza di musicisti miliardari e annoiati che litigano per cazzate e vivono i loro problemi come fossero quelli del mondo intero.
Ad un certo punto, tra un siparietto noioso e uno irritante, parte – immancabile – il video di “Nothing Else Matters”, la canzone che ha permesso a questi quattro rincoglioniti (eddiciamolo) di comprarsi la Bentley e la villa con piscina a Viareggio, e mentre guardo quel video – più o meno nel momento in cui Jason Newsted (a proposito: avete fatto bene a mandarlo via, era un musicista preparato, meglio che suoni nei Voivod) tenta un canestro con il basso al collo, mi viene in mente una canzone che ultimamente ascolto spesso. Sia chiaro, potrebbe trattarsi di un associazione di idee tutta personale, ma ormai – sarà l’arpeggio, sarà solo una breve sequenza di note (eppure la sensazione che provo è più “ampia”) – ogni volta che parte “Forgive Us All” di Rob (“The Unforgiven”, “Kill’em all”, Rob Trujillo … uhm…) mi viene in mente quella noia di “Nothing Else Matters”.
Nonostante questa sinistra somiglianza, “Forgive Us All” è un capolavoro: basso essenziale, linea di Moog, chitarra wha suonata con il gusto dell’Eddie Hazel di "Maggot Brain" e voce funk nerissima sullo stile del miglior Gil Scott-Heron. Mica poco. Per trovare qualcosa di simile in tempi recenti dovreste andare a scavare tra i lavori di Gaslamp Killer e rispolverare la sua versione di “Sputnik” di Sidney Owens. Altro che MTV music.
Rob ‘Roy’ Raindorf è un musicista Ghanese innamorato del soul di Otis Redding e del funk di James Brown, cresciuto come pianista in Benin nell’ Orchestre Poly-Rythmo de Cotonou ed approdato all’esordio solista nel 1977 con questo disco omonimo (ristampato quest’anno da quei santi di Analog Africa con il titolo "Funky Rob Way"). L’afro-funk cosmico di Rob, così deciso e “Kutiano”, è in larga parte figlio dell’intervento dell’amico (e compagno nei Mag2, una big-band highlife che suonava per intrattenere l’esercito ghanese) Amponsah Rockson, leggendario chitarrista di Accra. E così, mentre Amposah dirige i fiati di “Boogie On”, Rob invita alla danza come un novello James Brown, spinge sull’acceleratore del funky afroamericano (“More” puzza di Blaxploitation lontano un miglio) e si ricollega a piacimento alla tradizione Beninese dell’Orchestre Poly-Rythmo (“Just One More Time”).
Ma è nei due momenti di “pausa” che esplode il contrasto tra il funky incendiario e una composta e fumosa andatura afro-soul che sembra voler creare un ponte tra l’Africa di Fela Kuti e la Giamaica di Bob Marley: una è “Your Kiss Stole Me Away”, ballata nera come la pece basata su una doppia linea basso-Moog micidiale, l’altra è proprio quella “Forgive Us All” che avrebbe dovuto rendere Rob molto più ricco di quello stronzetto isterico di Lars Ulrich.
Tweet