V Video

R Recensione

7/10

My Brightest Diamond

This Is My Hand

La mano, verrebbe da dire, c’è e si sente. D’altronde Shara Worden raramente tradisce le attese. E visto che siamo stati fra i primi a credere in lei, ora possiamo anche dirlo. Grande promessa, sostanzialmente mantenuta, della musica pop più avant e alternativa dell’ultimo decennio, con i lavori fin qui pubblicati a nome My Brightest Diamond ha sempre concepito opere di ottimo livello qualitativo a cui è mancato, sempre che di mancanza si possa parlare, soltanto il colpo d’ala definitivo, il brano o la collaborazione “crossover” che proietta l’autrice aldilà della cerchia, comunque ampia, di quelli che la seguono più attentamente. A differenza, ad esempio, di una Saint Vincent a cui tanti elementi la accomunano a cominciare dalla formazione classico-sperimentale, all’apprendistato nel giro di Sufjan Stevens, allo stile colto e sincretico accentuato da un uso della voce virtuosistico ed originale. Un parallelismo puramente indicativo e di cui Shara, in definitiva, non ha motivo di adombrarsi. Con “This Is My Hand”, quarto album del “diamante”, prosegue con coerenza sulla strada già tracciata dai precedenti, dove gli elementi più alt rock e wave degli esordi hanno sempre minor rilievo e il sound si polarizza sul contrasto fra basi elettroniche calibrate e minimaliste, gli arrangiamenti orchestrali (qui incentrati in prevalenza sui fiati), le melodie barocche e dal respiro operistico. Il risultato finale è forse un po’ ammorbidito, senz’altro più lineare rispetto a certe sferzanti acrobazie del passato, ma non meno elaborato e raffinato nella ricerca dei suoni e all’altezza sul piano della scrittura.

Meglio la prima parte, in verità, dove si concentrano i brani più ritmici, frastagliati e ricchi di variazioni che rappresentano la cifra migliore del suo obliquo essere dentro e fuori dal pop. “Pressure”, in apertura, è un piccolo manifesto del suo percorso musicale, di cui si colgono le origini e gli sviluppi, con i melismi di Shara che dialogano in maniera serrata con la sezione di fiati, cesellati qua e là da nicchie di rullate e fuzz elettronico. Ancora meglio fa, a nostro avviso, “Before The Word” nel vorticoso susseguirsi di ripartenze segnate dal groove del basso, dalla ritmica spezzata e sincopata e dalla voce sempre alata, mentre la title track mescola inflessioni jazzy e soul in un contesto da camera, alternando sospensioni liriche ed atterraggi tambureggianti, “Lover Killer” amplifica il tutto con un synth-soul quasi anni 80, insieme fisico ed elegante che acquista un incedere netto e possente nel finale e “I Am Not The Bad Guy” declina le stesse movenze funky in una dimensione più fredda e robotica, con un cantato teatrale e quasi “weilliano”, nel senso più lato e futuribile del termine. “Shape” è, invece, il brano che quasi idealmente divide in due l’architettura dell’album con un suono electro minimalista di ispirazione eniana che s’incrina all’improvviso fra inserti di distorsioni acide e rumori di sottofondo. Sull’altro versante infatti la Worden si concede una serie di esercizi di stile nel solco, da lei da tempo delineato, di quelle che definimmo “romanze post moderne”: il lieder sontuosamente arrangiato e degnamente interpretato di “Looking At The Sun”, appoggiata sugli scarni puntelli delle rullate marziali o la più sfumata e sognante “So Easy”, avvolta in strie di cori fiabeschi. Uno schema che si ripete, alla lunga, un po’ stancamente, risollevato appena dagli acuti e dalle evoluzioni della voce, quella sempre impeccabile, di Shara e mostra un po’ la corda in “Resonance” e nei glitch rarefatti, con l’impennarsi degli archi sintetici, di “Apparition”.

Insomma la mano c’è. Il disco, nell’insieme, anche. La consacrazione può attendere. Fiduciosamente. 

V Voti

Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 1 voto.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
fabfabfab 6,5/10

C Commenti

C'è un commento. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

fabfabfab (ha votato 6,5 questo disco) alle 12:17 del 12 settembre 2015 ha scritto:

Disco di transizione. Sono perfettamente d'accordo con Simone. A proposito: Simone, che cavolo di fine hai fatto?