R Recensione

7/10

John Doyle

Wayward Son

Chissà, forse era quel bambino che veniva sempre nascosto dagli altri compagni nella foto di classe. Se quel bambino non ci fosse stato, certo, nella foto si sarebbe percepita una qualche mancanza, come una incompiutezza di cui non si sarebbe potuta razionalizzare la motivazione. Ma fortunatamente lui c’era, era esattamente là, dietro l’ultima fila, tra i due compagni più alti. E la foto così poteva acquistare la sua armonia definitiva, la sua completezza.

L’irlandese John Doyle è sicuramente l’ex-componente meno conosciuto dei Solas (storico gruppo folk irlandese-statunitense). Nonostante questo, i suoi accompagnamenti con la chitarra acustica ai tempi della militanza nei Solas rappresentavano un prezioso e fondamentale drappeggio sul quale far risplendere gli assoli del polistrumentista leader del gruppo Séamus Egan e degli altri componenti della band, il tutto rigorosamente nella tradizione folk irlandese più “classica”. Ma questo ruolo non poteva evidentemente bastare: la personalità di Doyle, così originale e creativa, aveva bisogno, pur mantenendo un legame con la musica popolare della sua terra, di emergere e manifestarsi liberamente al di fuori di una situazione in ogni caso piuttosto statica come poteva essere quella dei Solas.

La carriera solista, iniziata in maniera ufficiale nel 2001 con l’album “Evening Comes Early”, è accompagnata (e lo è stata sin dall’inizio) da numerosissime collaborazioni con artisti di fama internazionale, tra cui Kate Rusby, Stuart Duncan, Tim O’Brien, Allison Brown, Linda Thompson, Liz Carroll, Séamus Egan, Karan Casey e molti altri.

Per il suo secondo album solista, “Wayward Son”, Doyle si circonda di questo stesso consesso di amici (a co-produrre il disco è il bassista Garry West, marito di Allison Brown e fondatore insieme lei della Compass Records) e se ne attornia nei diversi brani non restandone tuttavia mai offuscato: sono ormai lontani i tempi dei Solas, e ora è Doyle con la sua chitarra ad essere il protagonista della scena, facendo mostra in più occasioni della sua estrema abilità esecutiva ed esibendo anche una discreta (non ottima, ma non si può avere tutto!) espressività vocale.

Wayward Son è una raccolta di ballate folk. Per lo più si tratta di brani della tradizione popolare irlandese, dalla quale Doyle attinge con la disinvoltura e la passione di chi le storie narrate le conosce bene, di chi le ha ascoltate tante volte da bambino, magari lasciandosi cullare nelle fredde sere invernali davanti al camino acceso. Tuttavia questi classici della tradizione celtica sono rivisitati da Doyle con uno stile pulito e al tempo stesso molto deciso, caratterizzato da una ritmica estremamente serrata (“Jack Dolan”, “The Old Bush/Expect The Unexpected”, “Tie The Bonnet/Monahan Twig/A Fair Wind/ The Convenience Reel” , “Eddie Kelly’s /Reavy’s Tribute To Coleman”) infarcita di “stop and go” che creano un effetto percussionistico quasi tribale (“Captain Glenn”, “Tie The Bonnet/Monahan Twig/A Fair Wind/ The Convenience Reel”) e arricchita da un modo personalissimo di suonare, in particolare dai rapidi frequenti spostamenti del manico della chitarra verso la spalla, su e giù contro il collo, per aggiungere modulazioni nei toni arricchendoli di sfumature (tecnica che, insieme con altre, gli è valsa la nomina di fautore di un nuovo modo di interpretare la musica folk).

Alla chitarra di Doyle, come già detto, si accompagnano numerosi altri strumenti, tra cui banjio, violini, flauto, concertina e flauto irlandese, che rendono il brano a seconda dell’occorrenza più folkloristico (“The Old Bush/Expect The Unexpected”, “Tie The Bonnet/Monahan Twig/A Fair Wind/The Convenience Reel”, per citarne un paio) o più melodico-cantautoriale (“The Apprentice Boy”, “Little Sadie”), permeandosi di tanto in tanto di una vena malinconica (“The Month Of January”), complice anche la ricerca costante di tonalità di bassi.

Oltre alle dieci ballate tradizionali irlandesi così rivisitate, Wayward Son trova spazio anche per un paio di brani “nuovi”: “The Glad Eye/The Journeyman/The Wayward Son” è un medley di tre brani originali scritti da Doyle insieme a Mick McAuley (fisarmonicista dei Solas), dove si può apprezzare molto bene lo stile percussionistico, quasi metronometrico, di Doyle, impreziosito inizialmente da un discretissimo sottofondo di violino, che nella seconda parte viene travolto dall’irruenza della chitarra; “Bitter The Parting” è una struggente ballata che poggia quasi esclusivamente su chitarra e voce, scritta da Doyle ed interpretata in coppia con quel dolcissimo usignolo che risponde al nome di Kate Rusby.

Bitter The Parting” è sicuramente il brano più toccante di Wayward Son, e il medley è uno dei suoi pezzi più avvolgenti e fascinosi. Se questi sono i risultati raggiunti da Doyle in veste compositiva, ci si augura senz’altro che possa ripetere l’esperienza al più presto.

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