R Recensione

2/10

Six Parts Seven

Casually Smashed To Pieces

Recentemente su queste colonne si faceva notare, parlando dell’ottimo Benoit Poulard, come tanti post rockers, etichette e gruppi, stiano prendendo strade nuove per uscire dal cul de sac del manierismo sterile in cui la non-scena era rimasta invischiata sul finire degli anni ’90. Ecco, questo disco dei Six Parts Seven è, per molti versi, l’eccezione che conferma la regola.

Post rock chitarristico circolare e geometrico, sulle orme del folk progressivo di John Fahey e su traiettorie sonore molto vicine alle uscite di David Pajo in particolare quelle uscite sotto la sigla Aerial M.

Certo, qua e là spunta qualche fiato (Stolen Moments), qualche apertura melodica più marcata del solito (Knock At My Door, Confusing Possibilities), qualche elettricazione un po’ più decisa (Everything Wrong Is Right Again) ma per il resto si ha l’impressione di ascoltare un disco già sentito. 100, 1000 volte.

Nulla da dire: tutto scorre tranquillo e placido, è curato, ben suonato, ma è così sterile da risultare a tratti imbarazzante: non è un brutto disco insomma. Ma forse sarebbe meglio.

Perché almeno saremmo in grado di distinguere i Six Part Sevens dalla massa di gruppi fatti con lo stampino in cui invece sembrano volersi inserire a tutti i costi. Vorrà dire che li ricorderemo per una cover dagli arcani significati, in cui una sorta di incrocio tra He-Man e Conan il Barbaro si staglia fiero e minaccioso su uno sfondo rosa carne.

Per feticisti del genere. Feticisti molto accaniti.

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