R Recensione

8/10

Joanna Newsom

Ys

Mi imbarazza un pochettino parlare di un disco controverso come questo di Joanna Newsom, artista giunta alla seconda prova e improvvisamente fatta oggetto di amore ed odio da parte di un pubblico sorpreso da un lavoro personale e sicuramente non facile.

Mi imbarazza perché sono stato colpito da questa arpista dalla voce particolare sin dalla suo primo disco, il delicato "The Milk-Eyed Mender", ed apprezzo molto questo monumentale doppio dal titolo misterioso che richiama antiche leggende e che contiene solo cinque brani di notevole durata.

Ho parlato di amore ed odio... Spero di esagerare, naturalmente, ma ascoltando giudizi e discussioni ho percepito chiaramente che una parte del pubblico non ha apprezzato l'opera e si è spinta a giudicarla secondo parametri eccessivamente soggettivi, insistendo in particolare sulla noia che l'ascolto provocherebbe, sulla scarsa originalità dell'impresa e, dulcis in fundo, esprimendo più di una riserva sulle doti canore della Newsom, colpevole secondo alcuni di snocciolare versi su versi senza mai fermarsi per tutta la durata del disco.

Si tratta naturalmente di giudizi personali, che tuttavia dimostrano come l'album non abbia lasciato il pubblico indifferente. Anzi, a dispetto di chi punta il dito contro il download ritenendolo responsabile del calo di vendita dei dischi originali, dobbiamo far notare un fatto abbastanza emblematico: nonostante "Ys" fosse disponibile in rete due mesi prima dell'uscita è andato subito esaurito. La benemerita etichetta Drag City, nobilitata dalla presenza in studio di Steve Albini e di un compositore del calibro di Van Dyke Pars, rispettivamente produttore e responsabile degli arrangiamenti orchestrali, probabilmente ha sottovalutato il potenziale commerciale dell'album, che effettivamente sembrerebbe provenire da quei territori oscuri in cui il passaparola del pubblico si fonde con le nebbie impalpabili del "trend". Probabilmente non è casuale il contemporaneo successo di Sting alle prese con le ballate di Dowland o il nuovo interesse nei confronti di gruppi dalla chiara matrice folk come i Pentangle.

"Ys", abbiamo detto, non è un disco facile. E' un'opera fatta di melodie orchestrali mai invadenti, di ipnotiche trame psichedeliche, di suggestioni poetiche intense, ma soprattutto dominata dall'interiorità dell'autrice, che accompagna il canto, drammatico come quello di un bardo, con le note di cristallo dell'arpa.

Il primo termine di paragone che oserei proporre è con il capolavoro di Van Morrison "Astral Weeks": suggestione musicale simile, atmosfere sfocate, rugiada, giardini bagnati di pioggia, tormento e pace interiore, lirismo e visionarietà.

Il primo brano, "Emily", dedicato alla madre, è la prima delle cinque lunghe canzoni. Canzoni, certo, non suites... La costruzione musicale si articola in strofe e ritornelli, e l'orchestra di venti elementi sullo sfondo consuma liquide evoluzioni senza mai passare in primo piano, quasi si trattasse di un monologo interiore. Chi rimprovera al disco una eccessiva verbosità dovrebbe considerare questo aspetto di trance ipnotica con la quale l'artista si immerge nel proprio mondo, dove personaggi reali convivono con esseri da fiaba, come nell'apologo "Monkey & Bear". L'"effetto allucinatorio" (espressione della Newsom) dato dall'orchestra contribuisce a rendere ancora più straniante il suono, eccellentemente mixato da Jim 'O Rourke. In "Sawdust & Diamonds", tuttavia, l'orchestra tace, e la voce di Joanna duetta con la sola arpa. Di costruzione più complessa sono gli altri due brani, "Only Skin" e "Cosmia". In quest'ultimo la Newsom duetta con Bill Callahan.

Ciò che resta al termine dell'ascolto è difficile da esprimere: il ricordo di una melodia in dissolvenza, una farfalla, un tendaggio rosso, incisioni sbiadite, gli occhi di Joanna che riflettono ricordi lontani.

V Voti

Voto degli utenti: 8,2/10 in media su 24 voti.

C Commenti

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Enrico Venturi (ha votato 9 questo disco) alle 0:16 del 8 febbraio 2007 ha scritto:

Io lo adoro.

arquimede (ha votato 6 questo disco) alle 20:57 del primo aprile 2007 ha scritto:

Devo dire di questo album che è una produzione meravigliosa, a quelli che sono i miei gusti personali, soltanto che la voce di Joanna non mi sembra all' altezza di un lavoro come questo (a me sembra una Kate Bush con l' influenza).

Mi dispiace dare soltanto 6 ad un album a cui avrei dato almeno 8

simone coacci (ha votato 9 questo disco) alle 11:24 del 28 novembre 2007 ha scritto:

Visions of Joanna

Anch'io lo adoro. Disco dell'anno o giù di lì.

simone coacci (ha votato 9 questo disco) alle 17:21 del 13 dicembre 2007 ha scritto:

Ode per Monna Joanna (e alla faccia del 6 nella pagella di "Rumore"

"E 'ste visioni di Joanna mi tengon su oltre l'aurora" (Bob Dylan). Cinque inestimabili canzoni-poemi che declinano la lirica gaelica in un capriccioso neo-classicismo orchestrale. L'Emily Dickinson affresca le sua visioni librettistiche nella tavolozza di Walt Disney, aspergendole di dissonanze e "ostinato" degne di uno Stravinskij, rapide e luminose come pennellate di vernice al radio. Steve Albini, Van Dyke Parks e Jim O'Rourke arrangiano per lei, ma è la sua voce lo strumento più ammaliante e aurorale. Al cui cospetto divengo servente e sdilinquoso come un (modesto) Iacopo da Lentini.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 22:18 del 21 settembre 2008 ha scritto:

Beh, questo è un grande disco. Poliedrico, eccentrico, intellettuale, metafisico, già un classico...

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 21:08 del 22 settembre 2008 ha scritto:

Nain.

TheManMachine alle 10:35 del 12 dicembre 2008 ha scritto:

Mi era piaciuto molto, e subito, "The Milk-Eyed Mender", a cominciare dal superbo artwork per finire alle atmosfere uniche che è possibile trovare solo in questo disco. "Ys" si è invece rivelato per me un ascolto oltremodo impegnativo, per cui condivido le incertezze espresse dal recensore all'inizio del suo scritto. Chiaramente un disco che richiede un ascolto attento e partecipe.

paolodisimone, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 20:03 del 7 aprile 2009 ha scritto:

Ancora su "Ys"

Mi imbarazza un pochettino tornare su una vecchia recensione ma, convertitomi al gusto prima aborrito di dare stellette, e fugate oramai tutte le inutili chiacchiere fatte sul conto di questo disco da critici imbellettati su riviste generalmente classificate come "serie" (e non apro una parentesi sul giornalismo musicale italiano, anche perché, essendone fuori, riuscirei antipatico e inopportuno), sento il bisogno di riparlare, con il "senno-di-poi", del meraviglioso "Ys" di Joanna Newsom.

Il monumentale doppio lp, con il suo splendido inserto interno, è lì sullo scaffale, alla sua sinistra il bellissimo esordio dalla colorata copertina e, a destra, il mini-lp "Joanna Newsom and the Ys Street Band". Poi, più nulla. Un 2008 senza Joanna, con le solite riviste occupate ad incensare gruppetti insignificanti come fossimo in piena new-new wave. E nessuna visione di Joanna, per citare Dylan e il bravo Simone Coacci. Un anno senza Joanna, anzi due, dal momento che il precedente Ep non era che una fuggevole appendice di "Ys". Personalmente, ho avvertita questa mancanza.

"Ys" resta un lavoro monumentale, ispirato e pieno di fascino. Un disco coraggioso, una scommessa vinta non solo grazie all'apporto dei "grandi e forti" Steve Albini e Van Dyke Parks, ma soprattutto grazie alla tenacia e alla sensibilità di questa ragazzina, dall'aspetto e dalla voce che trasmettono una tenera impressione di fragilità ma che, nonostante l'apparenza da principessa delle fiabe, è riuscita a portare avanti un lavoro così monumentale.

Le emozioni, a distanza di tempo, restano le stesse. A volte ho pensato che forse non meritiamo così tanto in questi tempi frettolosi, in cui la musica si ascolta al computer, cliccando sul cursore del lettore multimediale per mandare avanti il brano in modo da sbocconcellarne disiecta membra e decidere in cinque secondi se caricare il file sull'i-pod. Ora mi rendo conto che è proprio questa visione della musica (e della vita, per criptocitare ciò che Truffaut pensava del cinema) che non meritiamo. "Ys" è un'occasione importante per riappacificarci con ritmi e valori perduti.

Per quanto riguarda le "stellette": già ai tempi della recensione mi sembrava azzardato giudicare il disco con i parametri di un normale album di pop-rock, e i suggerimenti editoriali in fase di inserimento non erano ancora attivi. Lasciai alla redazione il compito di quantificare, e quattro stellette mi parvero sufficienti. Ora direi tranquillamente "capolavoro" (e quindi quattro e mezzo). E cinque (patrimonio dell'umanità)? Lascerei decidere al tempo, che, sono sicuro, darà sicuramente ragione e valore a quelle lievi stelle rassuntive...

loson (ha votato 9 questo disco) alle 21:30 del 7 aprile 2009 ha scritto:

Meraviglioso, condivido anche il commento di Paolo. "Only Skin" e "Cosmia" fra i più grandi lasciti di questo decennio. Lei un prodigio. Van Dyke Parks un genio assoluto che qui ha avuto modo di confermarsi ulteriormente. Che dire di più?

loson (ha votato 9 questo disco) alle 21:32 del 7 aprile 2009 ha scritto:

Ah, una cosa: più che paragonarlo ad "Astral Weeks" io proporrei un parallelismo con "Stormcock" di Roy Harper, disco che la stessa Newsom ha detto esser stato fondamentale nell'indirizzarla in questa sua nuova dimensione.

Filippo Maradei (ha votato 9 questo disco) alle 15:58 del 6 maggio 2010 ha scritto:

Tra i "miei" dischi del 2006, insieme all'omonimo di Burial (anche se meglio "Untrue"), "Lantern" dei Clogs, "Orchestra of Bubbles" dell'Allien e Apparat, al "The Drift" di Walker e alle "Failing Songs" di Matt Elliott.

Buona la recensione anche se, a mio parere, andavano approfonditi un po' di più i brani.

mauroparanoico (ha votato 9,5 questo disco) alle 20:38 del 11 novembre 2012 ha scritto:

Uno dei miei preferiti di sempre (ebbene si, Only Skin è stupenda). P.S. Da notare il plebiscito nei commenti.

Mirko Diamanti (ha votato 5,5 questo disco) alle 22:04 del 14 ottobre 2013 ha scritto:

Petulante, logorroica, ripetitiva. Non fa per me.