R Recensione

6/10

Gentle Lurch

From Around a Fire

Un enorme fuoco crepita, sprizza e illumina il crepuscolo notturno. Un’aquila si abbassa lentamente, a giri concentrici, sopra le cime delle montagne che, a tratti, si intravedono nell’oscurità della notte. Gli accordi di una chitarra slide vibrano lievemente, un’armonica luccica della notte. Una sigaretta si accende. Poi, la voce di un uomo risuona quieta nelle tenebre. Quieto, ombroso, ciondolante, marcato accento americano. Dove brilla questo fuoco? Vicino alle pareti scoscese del Guadalupe Peak, in Texas, nell’asprezza delle Rocky Mountains o in un spazio deserto e dimenticato in South Dakota?

Il calore della musica ci accoglie e prendiamo posto vicino al fuoco, a riscaldarci le mani gelate. I nostri occhi luccicano insieme alla melodia. Un banjo sussurra, mentre un lapsteel geme vicino. Il timbro rassicurante dello sconosciuto ci rasserena e ci accoglie nel paese straniero. In quella notte fredda e anonima. Altre voci ronzano intorno e scacciano l’inquietudine e l’ombra dei nostri pensieri. Non temiamo più i coyotes che piangono nella lontananza, nel rimorso delle cupe tenebre.

Quei girovaghi, che ci ricevono gentilmente, non vagano però né vicino ai grandi Canyons, né negli Stati Uniti. Non sbucano dal far west dell ‘800, ma della Germania orientale del 2007, in preciso da Dresden, nella provincia della Sassonia. Non sono uomini senza nome. Si chiamano Lars Hiller, Frank Heim, e Cornelia Mothes e sono i Gentle Lurch.

Non produce una delusione quel fatto. Al contrario. I Gentle Lurch sono capaci di produrre un silenzioso e consolante country folk americano obliquo che non si sente spesso nei campi tedeschi orientali, di Dresden, Erfurt, Lipsia, dove negli sconsolati sobborghi regnano i “Plattenbauten” – grigi prefabbricati marxisti che hanno poco a che vedere con la visione romantica della frontiera di un film di Sergio Leone.

Eppure rievocano, col loro gentile barcollare, l’ultimo folk americano, la vaporosità e pacatezza di arrangiamenti intensi ma essenziali, inducono a pensare a Bonnie Prince Billy, Smog e Howe Gelb. E chissà che anche Dylan, Young, Waits ed i Giant Sands non si scalderebbero volentieri a quel fuoco armonioso, a volte semplice e gracile, (Bar or Disco o Something for the Sun), altre bizzarro, dolcemente freak (The night when Frank get drunk for the first time- Age 23).

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