Green Day
21st Century Breakdown
Cè chi ritiene che American Idiot sia stato davvero una grande riscossa del punk rock. Cè chi ricorda ancora nostalgico la freschezza di Dookie. Ci sarà senzaltro pure qualche purista che si riallaccia alle origini hardcore dei primi due dischi. Poi ovviamente ci sono quelli che vedono i Green Day come lo specchio della società odierna: tutta scena e poca sostanza. Personalmente credo che i Green Day siano un gruppo onesto, che in passato ha fatto cose più che egregie, sicuramente con una spettacolarizzazione esagerata, ma con un fondo di qualità veritiero. Dookie in fondo era un gran bel disco, nonostante sia improprio dargli letichetta punk.
American Idiot è stata una svolta coraggiosa e ben studiata, con grandi canzoni e ottime idee. Non un capolavoro, sia chiaro, che di capolavori i Green Day non ne hanno mai fatti, ma senzaltro un disco molto più che gradevole e interessante. Che ci abbiano marciato sopra fino alla nausea poi è noto a tutti, tanto è vero che ci hanno messo cinque anni a far uscire questo 21st Century Breakdown. Il primo problema che poteva emergere era quindi il rischio di prendersi troppo sul serio, di farsi trascinare dal gigantismo ccon cui erano stati considerati da pubblico e media (e anche un po da certa critica) come ai tempi successivi a Dookie.
Allora reagirono sostanzialmente male, lasciandosi trascinare verso una scialba ricerca della canzone pop spaccapalle. Oggi a distanza di due lustri si scopre che non hanno imparato a gestire il successo. 21st Century Breakdown è infatti un disco che segue la scia di gigantismo aperta da American Idiot. Gigantismo che perde però la freschezza di quelle quattro-cinque canzoni interessanti, diventando così un mattone di quasi settanta minuti dal peso insopportabile.
Diciotto brani divisi in tre atti" per un disco che puzza tremendamente di concept, sulla scia per l'appunto di American Idiot. Mancano i brani lunghi dieci minuti ma in compenso troviamo abbondanti salmi che superano i cinque senza la minima variazione di tono. Non è sempre natale Billie Joe, stavolta è andata male, chai provato e hai toppato. Il tuo disco fa abbastanza cagarone, te lo dico schiettamente. In tanti anni che scrivo di musica (così tanti? No, però fa fico dirlo) non ho mai fatto così tanta fatica a stendere uno straccio di analisi track by track, tanto da obbligarmi a ridurre allosso la stessa per unampia introduzione come quella che sto ancora scrivendo. Unintroduzione lunghissima che non vuole terminare per la paura di arrivare al momento di parlare del disco.
Ora però mi rendo conto che anche i giochini metaletterari non mi salveranno e dovrò decidermi a fare un minimo di analisi stilistica, che sennò a scrivere così son buoni tutti. Prima però vorrei deviare il discorso sulle recensioni che ho letto in giro sul disco. Già, perché il fatto di non riuscire ad analizzare in maniera decente le singole tracce mi ha spinto ad investigare il parere del sacro web. Vi ho trovato delle cose incredibili, dal ragazzino che ricorda di essere cresciuto a scuola con la discografia dei Green Day a quello che esalta certo rock commerciale citando (oltre ai nostri) fenomeni come Linkin Park, Evanescence, Foo Fighters e Nickelback. Qualcuno si è messo addirittura a fare quella benedetta analisi track by track in cui ogni tre per due si ritrovava a dire assomiglia al solito pezzo dei Green Day, salvo poi elogiare il disco con quattro stelle (su cinque).
Ovviamente ci sono anche recensioni molto più ragionate e valide, sia scorciate che approfondite. Personalmente non me la sento di analizzare i testi, so che dovrei farlo ma non ce la faccio. I testi (valore letterario e politico, in questo caso) sono un valore aggiunto alla musica (valore artistico). Se la musica mi fa cagarone che senso ha spingersi oltre? Mi arrendo, non sono in grado di fare unanalisi track by track. Lunica cosa che mi ha un po colpito è lattacco wave-punk rozzo di Christians Inferno, che però nonostante una bella sezione strumentale si perde nei suoi coretti melodici asfissianti.
I lenti (¡Viva La Gloria!, Last Night On Earth, Restless Heart Syndrome, American Eulogy) sono lustrati, melodrammatici e pietosi, praticamente le peggio cose da Mtv. Il tentativo di recuperare un sound classic rock da conciliare con lo spirito punk (?) fallisce completamente per la sensazione continua di déjà vu, di costruttivismo forzato, di artificiosità compressa. Know Your Enemy, Last Of The American Girls, East Jesus Nowhere, Horseshoes And Handgrenades, See The Light sono tutti pezzi fastidiosi perchè tentano di darsi una facciata estrema, cattiva, glabra e grezza, da ribelli insomma, senza però essere in grado di lasciarsi andare davvero fino in fondo a quella libertà compositiva e sentimentale che caratterizzava sia i grandi punk che gli spiriti liberi del rock. Si ascolta impotenti un rockaccio darena tra riffoni geriatrici e cliché di assoli.
Le cose vanno un po meglio quando Armstrong e soci tentano la strada dellironia e della spigliatezza, come in ¿Viva la gloria?, uno dei pochi momenti di equilibrio che riescono a non scadere in un college-rock da due soldi (The Static Age, Peacemaker, Murder City e via dicendo). Ovviamente troppo poco. Infine occhio a 21 Guns, senzaltro il singolone strappalacrime che ci verrà propinato per mesi e mesi ottenendo una sicura consacrazione da ragazzine emo vogliose. Tutto talmente costruito da far pensare ad un consulto milionario con un gruppo di ingegneri e architetti. Alla fine ce lho fatta a farla sta benedetta tracklist, ho dovuto girarci un po intorno ma ce lho fatta. Mi sento meglio? Mica tanto per risollevarmi un po potrei andare a rileggermi quella rece in cui si parlava bene dei Nickelback
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