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R Recensione

8/10

Green Day

Dookie

Nel 1994 uscì “Dookie”, e già il titolo prometteva bene (è un sinonimo di “shit”, che significa “merda”) ,annunciava lo sviluppo punk di quel gioiello underground che era stato “Kerplunk”, oggi ingiustamente misconosciuto. Nei quattordici anni che separano questa data da oggi i Green Day hanno conquistato un esercito di fan, venduto milioni e milioni di copie, guadagnato cifre da capogiro, probabilmente riso davanti ai tanti ragazzini che cercavano di imitarne il look.

Questo successo vertiginoso ha però avuto un prezzo per loro: cedere gran parte dell’attitudine e dell’incedere punkeggiante per sostituirli con ampie dosi di pop. I risultati sono stati dischi di facciata, fino ad arrivare al più recente “American Idiot” e anche il tentativo-copiatura stile anni ’60 sotto il nome di Foxboro Hot Tubs. Per questo accanto ai fan fedeli ci sono sempre musicologi che odiano i Green Day per il fatto di ostentare il loro “power pop” come nudo punk. Senza entrare nella contesa, conviene allora rispolverare questo disco e riascoltare i Green Day quando punk lo erano davvero, e lo dimostravano. 

Un altro strascico della fama ottenuta successivamente è che spesso si conosce quest’album per via del successo riscosso dalle canzoni e dai video di “Basket Case” e “When I Come Around”, veri e propri grimaldelli da classifica all’epoca; in realtà “Dookie” non è disco che si possa riassumere per singoli pezzi, ma anzi è un lavoro da prendere in blocco. Non si potrebbe altrimenti recepire fino in fondo l’atmosfera libera ed esaltante che lo pervade, quasi la colonna sonora di una serata passata al bar a bere con gli amici che fanno casino. E’ il chissenefrega rivolto al mondo di tre ragazzi americani, e come tale non può che essere scanzonato e divertente, pur con quel senso di nervi sottopelle che hanno voglia di affiorare. Canzoni dirette, brevi, nude e crude e, se si vuole, anche perfette per il pogo; il punk non è davvero questione di tre accordi. 

La mente principale del disco è senza dubbio Billie Joe Armstrong, frontman della band, che oltre a donare la voce inconfondibile dal tono scuro-melodico, suona la chitarra in tutti i riff brucianti che marchiano a fuoco i brani. La caratteristica principale del disco è proprio quella delle chitarre, che fanno da piattaforma a tutte le canzoni, prendendo per ognuna uno spunto e poi facendolo crescere per tutta la durata del pezzo. Lo accompagnano senza cedimenti nella corsa il batterista Trè Cool che alle percussioni è una gran bella macchina e Mike Dirnt al basso, a mio avviso non valorizzato abbastanza ma sempre di buon livello quando è chiamato in causa.

Le canzoni sono dei proiettili velocissimi sparati in faccia all’ascoltatore, accelerati e dolorosi. Non foss’altro per la voce, che ha una sfumatura rilassata anche quando le chitarre fanno partire un treno vertiginoso (“Burnout”), sono quattordici grovigli di cavi di ferro impigliati cementati nel muro di un suono granitico e solido. L’unica pecca è proprio l’eccessiva uniformità stilistica tra le canzoni: le variazioni sul tema sono poche e nemmeno troppo originali, e così se si ascolta il disco immaginandosi un po’ di varietà precostituita, esso parrà il rumoroso ronzio di un frullatore. In realtà le idee ci sono, “Longview” è un bell’esempio: finalmente emerge il basso che si staglia su un bel tappeto di batteria, e Billie Joe ci mette su tutto le parole. Ovvio che le rasoiate di chitarra non potevano mancare, e colpiscono forte nel ritornello, dilatate e sostenute fino a che tutto sfuma piano nel ritorno allo schema iniziale con l’aggiunto di accordi solitari. Buone prove di questo tipo sono anche “She” e “Chump”, che al suo interno cova un’interessante digressione lanciata sulle corde del basso, incastonata tra due cavalcate di grezzo punk.

Altrove invece i tre allentano un po’ il tiro e pur non cambiando la miscela incendiaria danno origine a un bubblegum punk dal quale attingeranno a piene mani gruppi successivi come gli Alkaline Trio (prima che scoprissero archi e pianoforti) e altre band più legate all’ambiente emo-punk. Così in “Pulling Teeth” e nella celeberrima “When I Come Around” l’incedere si placa un po’, la chitarra smette di correre e decide di saltellare, facendo affiorare la macchina ritmica. Gli episodi migliori rimangono comunque nell’ambito dei pezzi più crudi, ma anche quando la band decide di tirare un po’ il freno non fa certo storcere il naso.

Il disco termina con tre schegge che insieme durano poco più di cinque minuti e una conclusiva “F.O.D.” dove la rabbia è affidata per una buona metà a una semplice chitarra acustica e poi ancora lanciata sul binario del rock a tutta velocità. Dopo una parte di silenzio spunta “All By Myself”, cantata (sorpresa!) da Trè Cool accompagnato alla chitarra acustica da Billie Joe.

Mi sento poi in dovere di citare ancora “Basket Case”: una vera bomba a orologeria, giusto il tempo alla miccia di accendersi e esplode tra le mani. In tre minuti raggiunge la perfezione del suond Green Day, di cui è l’apice, e in fondo si merita il successo che ha riscontrato; nei dischi seguenti i tre americani proveranno sempre a piazzare una canzone della stessa intensità (esempio fulminante è “Brain Stew” nel seguente disco “Insomniac”). L'effetto mainstream ha sminuito questo canzone, che aveva nel testo (oltre che al video ambientato in un manicomio) una scrittura di critica sociale: “I went to a shrink / To analyze my dreams…”

In tutto il disco, in realtà, i testi si giocano bene le proprie carte, e pur rimanendo la sensazione di spensieratezza affermata in precedenza, Billie Joe dipinge con il microfono il ritratto di un’America che appare libera, grande e perfetta e invece non fa altro che accumulare scheletri nell’armadio, dalla desertificazione delle speranze, al sentirsi realizzati ad ogni costo, fino all’inevitabile instabilità psichica (“Sometimes I give myself the creeps / Sometimes my mind plays tricks on me / It all keeps adding up / I think I’m cracking up / Am I just paranoid?”, ancora da “Basket Case”), il tutto reinterpretato in una ironica ma mirata chiave giovanile (“When masturbation’s lost its fun / You’re fucking lonely”, da “Longview”).

Un disco che ancora oggi suona fresco e da riscoprire senza indugi, anche per rendersi conto dell’ondata di band che ha influenzato dall’uscita fino a oggi, il cui numero non sopperisce però alla fondamentale mancanza di qualità (Blink 182, Fall Out Boy, e giù di lì). I Green Day, tralasciando le loro sbiadite versioni odierne, avevano davvero qualcosa in più.

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Voto degli utenti: 6,6/10 in media su 41 voti.

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Marco_Biasio (ha votato 6 questo disco) alle 11:23 del 25 dicembre 2008 ha scritto:

Interessante disamina

Un plauso anzitutto a te, Roberto, specialmente per il coraggio che dimostri nel recensire queste opere. Come da me già esplicato nella recensione di "American Idiot", la band di Billie Joe Armstrong mi rimane un po' sullo stomaco non tanto per il proprio valore intrinseco o per un'antipatia congenita, quanto per l'errata interpretazione qualitativa, a livello di suono, che terzi esterni sono soliti concedere. I GD sono etichettabili, a mio modo di vedere, esclusivamente come pop-punk. Facendo un discorso molto generale, qui non esistono i presupposti per sproloquiare di opere rock, o di spinte settantasettine o che altro so io. I Green Day portano avanti un discorso iniziato tempo prima già dagli Offspring (e, se proprio vogliamo, anche un po' dai Misfits) e poi conclusosi, in un'immaginaria quadratura, con i Blink 182. Tre band oneste, soprattutto gli Offspring, spesso fraintese proprio per quest'hype leggendario che i media hanno ricamato sopra. "Dookie" è certamente il loro disco che preferisco: semplice, diretto ed essenziale. Qui non c'erano assurdi pasticci alla "Jesus Of Suburbia" (orribile, per me), ma semplicemente la paranoia di tre ragazzi americani che parlavano di sesso, droga e rock'n'roll. Bravo per le due citazioni finali, da "Basket Case" a "Longview", che riassumono bene lo spirito del lavoro. L'importante è, ripeto, non estendersi troppo e trascendere dal valore effettivo del soggetto in questione, poco più che sufficiente. "Pulling Teeth", in ogni caso, è un gran pezzo. Buon Natale anche a te, Roberto.

Alessandro Pascale (ha votato 8 questo disco) alle 11:35 del 25 dicembre 2008 ha scritto:

d'accordo su tutto praticamente

intanto complimenti a Roberto che ha fatto un compito certosino non facile per l'occasione. Per il resto concordo anche con il giudizio "punk" dell'album. Se il sound infatti è più power pop non mancano qui ancora delle ruvidezze ma soprattutto il senso principale dell'opera e i contenuti che traspaiono. Premesso che il punk vero nasce nel 76 e muore a inizio 78 questa è senz'altro un'opera che si avvicina molto ad essa. Al contrario di dischi recenti come American Idiot che pur rivelandosi interessanti ne hanno perso completamente l'essenza.

otherdaysothereyes (ha votato 8 questo disco) alle 12:53 del 25 dicembre 2008 ha scritto:

Per quanto odiati dalla critica snob e/o dai punk più intransigenti (e spesso dogmaticamente reazionari nel loro credo),si tratta a mio avviso di un piccolo capolavoro di punk scanzonato ma trascinante, non molto inferiore ai vari buzzcocks e undertones.Se poi non piacciono,come a Marco, beh, quelli sono i gusti e va bene.Ma non si possono odiare in quanto appartenenti al power-pop-punk, genere che merita come ogni altro, rispetto.E poi alla fine anche i Ramones erano più pop che punk, ma nessuno se ne lamenta (giustamente!)...

Dr.Paul (ha votato 8 questo disco) alle 12:58 del 25 dicembre 2008 ha scritto:

be ma questi arrivano 20 anni dopo i buzzcocks e ramones, paragonati a loro sono una nullità! a me dookie piacque, oggi non loascolto piu e neanche mi manca...

EnDromRock (ha votato 7 questo disco) alle 20:24 del 14 gennaio 2015 ha scritto:

Fammi capire, allora nemmeno i Bad Religion o i Black Flag sono punk? E i Rancid?, negli anni 90 tra pop punk, hardcore e grunge il punk ritorna di moda in maniera indescrivibile dopo molti anni di sonno... Resta il fatto che per me Dookie non è da considerarsi comunque un album punk al 100%, ma la tua critica non ha senso.

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 18:18 del 25 dicembre 2008 ha scritto:

Uno dei più bei dischi "bubblegum" della sua generazione. Sulla genealogia del punk ho già ampiamente concionato altrove. Non è questo il caso, nè la sede. Si ascolta ancora che è un piacere, a patto, è ovvio, di non prenderlo troppo sul serio. Come hanno fatto molti detrattori.

DonJunio (ha votato 6 questo disco) alle 21:55 del 25 dicembre 2008 ha scritto:

whan i come around

Il segreto di "Dookie" è stato quello di raccogliere il seminato di "Nevermind" dei Nirvana e declinarlo verso un punk più leggero, facendo approdare l' opprimente mood del grunge verso il fancazzismo e un innocuo teppismo bubblegum.E riesumando i numi tutelari del genere con un piglio melodico non comune. A suo modo il successo dei Green day e Offpring è stato anche divertente, colonna sonora per un ideale film "La rivincita dei Nerd" o " Porky's IV: la riscossa". Musicalmente, di guizzi autentici ce ne sono ben pochi ahimè.

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 11:10 del 26 dicembre 2008 ha scritto:

I Green Day erano punk fino a "kerplunk", da qui hanno virato verso l'alternative nation dei 90 senza troppa fantasia. Va da se che per chi li ha scoperti a 13 anni rimangono un gruppo "importante". come non immedesimarsi a quell'età in un testo come "longview"?

IcnarF (ha votato 8 questo disco) alle 22:08 del 26 dicembre 2008 ha scritto:

Nono. 'sticazzi.

Il termine "pop-punk" riferito esclusivamente a gruppi come Blink-182, Green Day, Offspring & co. non dovrebbe nemmeno esistere. Il Pop e il Punk sono sempre stati come vasi comunicanti, dai Ramones (vi ricordate i loro anthem? Pop al 100%), ai Buzzcocks, ai Descendents e agli Husker Du. Questo disco è il "Milo Goes To College" dei nineties. 8 secco.

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 13:17 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

Come no, invece "enema of the state" dei blink 182 è il "singles going steady" degli anni 00......suvvia!

IcnarF (ha votato 8 questo disco) alle 14:31 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

Non capisco 'sti discorsi.

Dire "pop-punk" equivale a dire un bel cazzo. Se questo lo snobbate perchè "commerciale", dovreste snobbare anche i primi Ramones e i Descendents, per non elencarli tutti.

IcnarF (ha votato 8 questo disco) alle 14:33 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

Eccola qui...

"I Green Day erano punk fino a "kerplunk" <--- Gran puttanata. Per me siete un po' confusi da tutti quei generi, sotto-generi, sopra-generi e compagnia bella che leggete e sentite un po' dappertutto.

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 15:55 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

Il termine pop-punk non l'ho usato, ho solo detto che su "dookie" di punk c'è solo l'involucro e la tintura dei capelli, dato che nel magico mondo di MTV negli anni 90 c'era a un certo punto bisogno di uno scaffale appositamente dedicato al punk. Se poi per te siccome anche i Ramones e i descendents erano melodici allora tutto ciò che rientra nel punk melodico va salvato a prescindere, immagino apprezzerai anche i Finley e i blink 182. Accomodati pure, io ascolto altre cose.

IcnarF (ha votato 8 questo disco) alle 16:37 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

...

"allora tutto ciò che rientra nel punk melodico va salvato a prescindere, immagino apprezzerai anche i Finley e i blink 182" ecco, fai riferimento ad altri gruppi etichettati come "pop-punk". Sui Finley non mi pronuncio, perchè è inutile (la tua era una provocazione). Mentre, per quanto riguarda i Blink182, hanno sempre fatto e proposto musica con attitudine e propositi diversi da quelli dei Green Day. Stai ancora parlando per generi.

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 17:04 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

Non parlo di generi, sto parlando di gruppi. Siccome a te piacciono i green day li difendi e accusi chi non li apprezza più di tanto di ragionare per generi o di fare di tutta l'erba un fascio. Se a te sembra un atteggiamento maturo, stiamo freschi. La musica dei Green Day da "dookie" in poi non è affatto diversa da quella dei blink 182, che ne è semplicemente la logica prosecuzione, come i linkin park lo erano dei limp bizkit. Se poi inizi a aprlare di attitudini e propositi, si sconfina nell'aria fritta.

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 17:16 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

RE:

Beh vabè, dai, a mio modo di vdere I Green Day hanno sempre avuto un talento melodico superiore a gente come i Blink, poi è pacifico che a livello mediatico e industriale questi ultimi ne furono la naturale continuazione commerciale. Ma questo non è colpa di Billie Joe e soci. Non sono i Ramones, ma nemmeno i Finley o i Good Charlotte o come caz se chiamano.

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 17:09 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

E non è una questione snob-elitaria, solo perché i green day hanno sfondato. Appena "dookie" uscì, prima ancora che sfondasse, in molti ( tra cui Luca Frazzi) fecero notare che era scadente rispetto a "kerplunk".

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 17:17 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

Anzi ti dirò di più. A mio modesto avviso come gruppo punk duro e puro, se mai lo sono stati, avevano poche chance da giocarsi. Come gruppo pop sui generis sono tutt'altro che disprezzabili.

loson (ha votato 7 questo disco) alle 17:25 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

RE:

Sono d'accordo con te, Simo. Discreto gusto melodico e un album che procede in modo scosceso fra picchi ("Burnout", "Longview", "She) e avvallamenti ("When I Come Around"...bleah!). Detto questo, il disco non lo ascolto da eoni e non ne sento per nulla la mancanza.

simone coacci (ha votato 8 questo disco) alle 17:37 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

RE: RE:

No nemmeno io lo ascolto più tanto. Se non per curiosità. In omaggio al "Come Eravamo" di redfordiana memoria. Però anche nei dischi più bui (quasi tutti, in pratica, fra "Dookie" e "American Idol") hanno quel paio di pezzettini che dici: "anvedi sti paraculi, se passassero meno tempo a tingersi i capelli potrebbero diventare un discreto gruppo pop" (tipo non so la giga di "Minority", cosucce così). E poi hanno fatto il prologo al film dei Simpson!! Ahahah troppo bello: "Signore, è stato un onore suonare con lei", mentre il loro palco affonda nelle acque sulfuree e radioattive del lago di Springfield, manco fosse il Titanic!

loson (ha votato 7 questo disco) alle 18:07 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

RE: RE: RE:

Eh beh, scena grandiosa. Anche perchè vedere Billy Joe impugnare violini e accennare una romanza classica è pura fantascienza! ;D Comunqu sì, anche nei dischi pre-American Idiot ci sono momenti validi: "Nimrod" ne contiene parecchi, e infatti all'epoca coloro che incensarono il disco preferirono inquadrare i Green Day come band pop tout court fissata con bubblegum e surf-music.

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 17:35 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

Si, i green day sono meglio dei blink, ma non ci vuole molto.....mi sembra semplicemente blasfemo paragonarli a "milo goes to college"...è come paragonare un disco degli Oasis a uno degli Stones.

IcnarF (ha votato 8 questo disco) alle 18:13 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

...

Non sono un fan dei Green Day, voglio semplicemente puntualizzare i motivi che mi portano ad affermare che questo Dookie sia un discone. "Se poi inizi a aprlare di attitudini e propositi, si sconfina nell'aria fritta.", ma siccome parliamo di punk che è più attitudine che musica, il mio discorso acquista un senso. Dookie, sia per i temi trattati che per il tono adolescenziale con cui vengono trattati, è la logica prosecuzione di Milo Goes To College. Questo non è opinabile, mentre è opinabile solamente il mio voto al disco. Ciao.

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 18:18 del 27 dicembre 2008 ha scritto:

"parliamo di punk che è più attitudine che musica", D'accordissimo, infatti negli anni 90 il punk si era reincarnato in altri generi che davvero avevano attitudine punk, non certo nel "genere" che lo ricopiava in copia carbone.

DonJunio (ha votato 6 questo disco) alle 13:24 del 28 dicembre 2008 ha scritto:

Ma infatti non credo che nell'attitudine punk rientri il ripetere pedissequamente certe sonorità con vent'anni di ritardo: punk è prima di tutto qualcosa che esprime lo spirito e i modi di ribellione del proprio tempo. Non si tratta certo di "Logica prosecuzione", ma di mero revival, che poi si può certamente apprezzare, ci mancherebbe. Ma chi nel 1995 avesse voluto cercare sensazioni punk, avrebbe dovuto ascoltare "Open up" dei Leftfield feat.john lydon, non certo i Rancid che scimmiottavano nota per nota i Clash o i pur simpatici Green day et similia.

Carli (and Mikel) alle 17:49 del 3 maggio 2009 ha scritto:

Non ho ascoltato Dookie ma...

Di Dookie ho ascoltato solo She e Basket Case. Anche se durano poco per me sono due grandi pezzi che trasmettono quella forza, quella rabbia del punk vero e proprio. Spero di sentirlo tutto perchè promette abbastanza bene...!!!

FCA1739 (ha votato 8 questo disco) alle 17:59 del 22 aprile 2016 ha scritto:

Originalità 0, ma le canzoni sono belle

baronedeki (ha votato 7,5 questo disco) alle 20:16 del 17 dicembre 2016 ha scritto:

Minchia che boria Ozzy impareremo da te ad ascoltare ottima musica

nebraska82 (ha votato 7 questo disco) alle 22:47 del 17 dicembre 2016 ha scritto:

eccellente bignamino pop-punk, i singoli bene o male sono tutti dei classici dei 90s

baronedeki (ha votato 7,5 questo disco) alle 18:00 del 18 dicembre 2016 ha scritto:

Dopo averti punzecchiato diverse volte e non ricevendo risposta sino arrivato a due conlusioni . Una che sei troppo.presuntuoso per rispondermi due che forse sei passato a miglior vita se cosi' fosse colgo l'occasione per fare le condoglianze alla famiglia. RIP