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7/10

Tommaso Cappellato And Astral Travel

Cosm'ethic

Ecco un disco fuori dal tempo. E dallo spazio, almeno a seguire le note di copertina che illustrano il “viaggio astrale” come un’esperienza spirituale separata dalla dimensione fisica ed equivalente ad una sorta di “sogno vigile”. Le coordinate per il viaggio derivano dall’immaginario di un musicista italiano, il batterista padovano Tommaso Cappellato, un  significativo esempio di ecletticità ed apolidismo che sarebbe bello potere considerare simbolo del panorama jazz contemporaneo. Il curriculum di Cappellato spazia infatti dagli studi accademici in Italia ed in America, al confronto con la tradizione mainstream, maturato duramte i sei anni di permanenza a New York assieme al pianista Ehud Asherie e al bassista Joseph Lepore quale band residente alla Rainbow Room presso il Rockefeller Center, dalle collaborazioni con esponenti dell’avanguardia statunitense, alle esperienze con musicisti africani, brasiliani e giapponesi, fino alle recentii collaborazioni con Don Byron e Fabrizio Puglisi in “Blackground Trio” ed alla creazione di una personale Orchestra di 13 elementi.

In “Cosm’ethic”, il batterista rivela l’ennesimo profilo della propria personalità musicale, prendendo spunto dal lavoro del mentore Harry Withaker, il pianista, compositore e arrangiatore noto per le colalborazioni con Roy Ayers ed autore di quella “Black Renaissance “ che nel 1976 costituì una sorta di manifesto del ruolo del popolo afroamericano  negli Stati Uniti, su una intensa base di funk, soul e cosmic jazz. Proprio da quel lavoro si può partire per avere un’idea del contenuto di “Cosm’ethic”, a patto di considerarlo non omaggio calligrafico ma sintesi aggiornata e ponte temporale fra quelle esperienze (nonché a quelle risalenti al primo Sun Ra) e la sensibilità globale di chi oggi crea musica senza badare ai confini, neanche a quelli fra strumenti suonati o giradischi agitati da un DJ.

La formazione scelta è un altro indice di coraggio ed innovazione: basso, batteria, tastiere acustiche e qualche tocco di elettronica vintage, flauti e voce usata in funzione strumentale.

Dopo il breve preludio di “Entering the dream”, a simboleggiare il confine fra il sonno ed il sogno vigile, ecco “Consciousness” che annuncia il tono dell’intero lavoro, con il tema all’unisono di flauto e voce ed il  potente groove del bassista Marco Privato, su cui si librano successivamente  i voli del flauto di Anna Maria Della Valle  e delle tastiere elettriche, ottimamente condotte da Paolo Corsini. Il programma spazia fra le rarefazioni di “Awakenigs”, con gli ariosi vocalizzi della cantante Alessia Obino, alle strutture ritmiche  più movimentate di “Free Fall” e “My body needs to breathe, i doesn’t”, immersa in un mood  jazz rock anni ’70, (nelle mie impressioni di ascolto curiosamente hanno fatto capolino più di una volta i Weather Report), fino alla bella melodia con parole cantate di “Music Power”, unica occasione in cui Cappellato si riserva un breve break “cosmico” di batteria. Il finale, dopo la jam improvvisata di “Cosm’etichs”, include l’intervento dei due rapper Yah Supreme e Chauncey Uearwood sul quasi 4/4 di “Space and time”, e la lunga suite conclusiva “World traveller”, un inno all’illuminazione interiore, nella quale voce, flauto e tastiere spaziano liberi sulla incessante  base ritmica.

Un limite di questo lavoro può essere considerata la direzione univoca e la similare struttura delle composizioni: è un  problema che emerge a tratti, ma non pregiudica l’impressione complessiva di opera originale e coraggiosa, compagna ideale per viaggi rigorosamente non fisici.

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