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R Recensione

7,5/10

Lydia Lunch & Cypress Grove

A Fistful Of Desert Blues

Un suono di campanacci ed una spettrale chitarra aprono “Sandpit”, introduzione a questa saga di blues del deserto, ennesimo capitolo della trentennale carriera di Lydia Lunch, partita ad inizio anni '80 con i  Teenage Jesus and the Jerks, e mai fermatasi fra dischi, libri, reading e performances sempre nello spirito “new wave”, la più calzante autodefinizione della dimensione artistica della protagonista.

Qui siamo a parlare di un'alleanza fra la voce luciferina di Lydia e la chitarra bluesy di Cypress Grove, già collaboratore dei Gun Club negli ultimi anni della loro vita e regista del progetto celebrativo dell’opera del loro leader, The Jeffrey Lee Pierce Session Project, che ha già prodotto i tre capitoli “We Are Only Riders”, “The Journey Is Long”  e “Axel And Sockets” con una vasta platea di protagonisti chiamati a reinterpretare le canzoni di Pierce, da Nick Cave a Mark Lanegan, da Hugo Race a Steve Wynn fino, appunto, alla Lunch. Il mood si riallaccia a quelle opere, specie nella seconda parte, dove trovano posto ritmi e chitarre roventi che ci si aspettano da un disco di Lydia Lunch, mentre tutta la prima parte declina in versione acustica folk & blues le pene ed i tormenti d’amore costituenti il leit motiv narrativo dell’opera.

L’effetto è comunque suggestivo: percussioni elementari, i riff magnetici di Cypress Grove all’acustica e slide e la voce abrasiva, ma mai sguaiata, di Lydia sono gli elementi cardine di “Sandpit”, “When You’re Better”, “Devil Wood” e della cover di “Revolver" di Mark Lanegan.

Il diavolo inizia a metterci lo zampino a partire da “Beautiful Liar”, dove le chitarre sembrano stare strette nella dimensione intima e raccolta fin qui esposta: ma è solo un'avvisaglia, perché si prosegue ancora in acustico con i cori strascicati della lenta ed inquietante “I’ll Be Damned”, e con “St. Marks Place”, rilettura di un pezzo di Jeffrey Lee Pierce, che vanta, nell’interpretazione sofferta della voce di Lydia Lunch, una delle cose migliori di tutto il disco.

Il tappeto percussivo di “Jericho” accende infine la miccia per la parte più mossa di “A Fistful Of Desert Blues”: prima l’armonica blues di “Tuscaloosa”, dove Lydia duetta in acidità con la chitarra elettrica, quindi il refrain rock di “Summer Of My Disconnect” e la tumultuosa e labirintica “End Of My Rope”, entrambe sature di elettricità. Si chiude in bellezza con le tinte blues e jazz da jam session di “TB Sheets” di Van Morrison, ed anche in questo contesto, fra armonica e sassofoni, la voce di Lydia non sfigura affatto, regalando anche zampilli di sensualità.

Il tutto ha anche una appendice visuale, con un dvd che restituisce una dimensione visiva all’opera, con riprese desertiche girate in Spagna nella regione dell’Almeria, location di tanti western del passato e luogo di ispirazione anche per l’inquieto girovagare fisico ed artistico di Lydia Lunch, che qui trova uno dei suoi vertici assoluti.

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