R Recensione

7/10

Naked Truth

Avian Thug

Una rullata perentoria, le note sparse dell’organo, il basso che inizia a costruire la propria tela ed un riff spigoloso della tromba. Inizia così “Avian thug”, terza prova dei Naked Truth, supergruppo nato in casa RareNoise grazie all’intuizione  del bassista romano Lorenzo Feliciati ed oggi consolidato nella formula del quartetto con il cortigiano cremisi Pat Mastellotto alla batteria, Roy Powell alle tastiere e la tromba di Graham Haynes. La formula ipotizzata nei primi due lavori prende qui sostanza ed acquista personalità: il ponte fra Miles Davis e King Crimson, proposto come metafora del campo d’azione del gruppo, è individuabile anche senza navigatore, ma la mappa sonora rimane avvincente e ricca di imprevisti. L’inizio è esplicito e diretto, con un trittico che traccia in modo eloquente il percorso: “Rapid fire”, ritmica e dominata dall’organo e dalla tromba, “Lazy elephant”, immersa in una psichedelica nebbia elettronica, la potente “Trap door”, tributo crimsoniano nel quale il basso di Feliciati non lascia dubbi circa la propria ispirazione, mentre la tromba di Hayes si moltiplica in una sorta di gioco di specchi. Quindi, ascoltando la successiva “Tense shaman”, balza alla mente, improvvisa, una definizione: sci- fi jazz, jazz da fantascienza, con la tromba e le tastiere elettriche ad improvvisare su una base di ostinate percussioni elettroacustiche, ed un corredo di elettronica ambientale che gradatamente conduce  il clima armonico del pezzo verso la rarefazione ambientale, per  poi risorgere in una coda prog dominata da tastiere vintage. E’l’episodio più avventuroso del disco e la dimostrazione che il quartetto, al di là delle indubbie doti strumentali e compositive, quando animato dal sacro fuoco dell’invenzione, è in grado di forgiare un linguaggio musicale totalmente innovativo.

La seconda porzione, dopo la title track profumata di free jazz, intessuta sul serrato dialogo fra la batteria di Mastellotto e l’organo di Powell, conduce il disco verso atmosfere più crepuscolari e meditative con la tromba carica di echi di “Day two at Bedlam” e la lunga ballad “Moon at noon” che riecheggia sonorità ambientali nella vena di Jon Hassel o Neils Peter Molvaer, per chiudere su un magistrale riff del basso elettrico. Fosse tutto come “Tense shaman”, lo si ascolterebbe nel bar intergalattico di Star Wars. Così, “Avian thug” rimane un percorso consigliato, da percorrere anche ad occhi chiusi, ma con le orecchie bene aperte.

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