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R Recensione

7/10

Dewa Budjana

Hasta Karma

Cronaca (differita) dagli studi di registrazione: “Un paio di settimane prima di vederci per registrare ho inviato gli spartiti  ai musicisti, loro li hanno studiati  e rivisti due giorni prima. Il giorno delle registrazioni siamo arrivati intorno alle 10 del mattino ai Kaleidoscope Sound studios di Union City, New York,, era  freddissimo perché era appena terminata  una vera tempesta di neve. Abbiamo iniziato a discutere sulla musica ed a provare le parti più complesse intorno alle 10,30/11 fino alle 13, quindi iniziato a registrare il primo pezzo. Il bassista doveva lasciarci per le 19, per cui abbiamo dovuto concludere la session in poco più di sei ore. Alle 19.30 il disco era pronto”.

Il cronista è Dewa Budjana, chitarrista proveniente dall’Indonesia con un passato da superstar pop nel suo paese alla guida della band Gigi, ed un presente proiettato nel jazz rock con quattro cd già in archivio, popolati da musicisti come Peter Erskine, Larry Goldings e Vinnie Colaiuta, e questo recente “Hasta Karma” che rappresenta un sogno diventato realtà grazie alla benemerita Moon June records, etichetta puntualissima nel rappresentare ciò che si sviluppa in musica ai quattro angoli del pianeta, incluse le latitudini più inusitate. Il sogno era quello di avere a disposizione, anche se per solo sei ore e mezza, la sezione ritmica di Pat Metheny, sotto forma del batterista Antonio Sanchez e del bassista dell’attuale Unity band Ben Williams, insieme ad uno dei più affermati vibrafonisti del panorama jazz attuale, Joe Locke. E Dewa ha onorato l’occasione scrivendo sei composizioni fusion/jazz rock sorvegliate benignamente dallo spirito di Metheny, nelle quali i quattro musicisti hanno modo di mostrare le loro capacità esecutive di maestri assoluti del genere. Se il leader predilige una sonorità più scura rispetto all’ispiratore, tirando fuori saltuariamente qualche bella zampata rock e speziando le composizioni con qualche aroma orientale, il vibrafono di Locke assicura alla musica spazio e leggerezza, mentre Sanchez e Williams offrono all’ascoltatore una prestazione da manuale, assicurando ritmo e movimento circolare ai temi, e contribuendo a smussare qualche rigidità compositiva, con il bonus di alcuni soli non convenzionali. Fra i pezzi migliori, l’iniziale “Saniscara” scandita dal deciso drumming poliritimico di Sanchez, “Just Kidung”, quasi un tributo/cover al chitarrista del Missouri, con un’accattivante sovrapposizione di temi ed il pianoforte dell’ospite Indra Lesmana nelle inevitabili parti di Lyle Mays, e la conclusiva “Pagoyan rain”, delicata ballad scandita dalla melodica. Un eccesso di manierismo e la voglia di sommare in poco più di dieci minuti troppi elementi (chitarre ambient e poi lancinanti, canti tradizionali balinesi, un pizzico di free) affliggono invece “Ruag dialisis” dedicata al padre scomparso di Dewa Budjana. Nonostante la natura derivativa, un lavoro più che godibile ed una conferma per il piccolo chitarrista indonesiano che vuole unire le musiche del mondo suonandole con i più grandi.

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