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R Recensione

8/10

Fabrizio De André

Non Al Denaro, Non All'Amore Né Al Cielo

L’Antologia di Spoon River è ormai uno dei classici della poesia americana di inizio Novecento. E.L. Masters, avvocato di provincia con la vocazione per la letteratura, compone una raccolta di epitaffi immaginando che gli abitanti di un ipotetico villaggio (Spoon River appunto) possano parlare da una sorta di dimensione metafisica: sono morti, ma ancora capaci di tratteggiare le loro – spesso misere – esistenze in pochi lapidari versi colmi di rancore, rimpianto, rassegnazione.

Va anche a Fabrizio De André (oltre che alla splendida traduzione di Fernanda Pivano) il merito di aver diffuso in Italia la fama dell’Antologia: il cantautore genovese prende nove poesie e ne confeziona un album di grande coerenza e impatto emozionale, impresa non banale dovendo adattare i versi di Masters non solo ad una messa in musica ma anche ad un mondo che non è più l’America di inizio secolo (per quanto le parole di Masters suonino drammaticamente attuali). Impresa riuscita, non c’è dubbio: le nove tracce potrebbero tranquillamente sussistere sulla pagina senza bisogno di musica (la stessa Pivano ammetterà che “Fabrizio le ha migliorate moltissimo”), il talento poetico di De André si manifesta in versi toccanti, così che  i protagonisti (i cui nomi propri sono volutamente sostituiti con appellativi generici) parlano direttamente alle corde dell’anima elevandosi a simboli intramontabili di umanità tanto desolata quanto autentica.

Dal punto di vista musicale, poi (come nel successivo “Storia Di Un Impiegato”), con De André collabora Nicola Piovani, musicista e compositore di grande rilievo internazionale nonché premio Oscar per la colonna sonora del film La vita è bella: protagonista indiscusso dell’album è la voce di Faber, e gli arrangiamenti di Piovani ne sono gradevole sostegno. Ad eccezione che in due brani in questo senso atipici (“Dormono Sulla Collina” e “Un Ottico”) la musica raramente emerge da un ruolo di semplice accompagnamento: scelta a mio parere quanto mai appropriata, scongiurando qualunque rischio di pesantezza a discapito della testualità. Inoltre l’unità tematica del concept album è ben evidenziata dalla rete di rimandi e corrispondenze negli arrangiamenti e nelle melodie (la fine de “Il suonatore Jones riprende evidentemente la melodia di “Un Chimico”, tanto per fare un esempio).

Si inizia con “Dormono Sulla Collina”, una sorta di cornice introduttiva in cui una folla di personaggi è tratteggiata con pochi, efficacissimi versi; evocativa ed inquieta l’introduzione strumentale, mentre il finale è lasciato alle dolci note dei flauti e alla figura centrale del suonatore Jones (che chiuderà anche l’album stesso).

Un Giudice”, forse il brano più celebre, deve la sua fama anche alla splendida rielaborazione esibita da De André in concerto con la PFM; “Un Malato Di Cuore” è lo struggente racconto di un ragazzo costretto dalla malattia a “spiare i ragazzi giocare” e a “farsi narrare la vita dagli occhi”, e che trova la morte proprio quando un bacio pare riportarlo alla vita (“ed il mio cuore le restò sulle labbra”). “Un Ottico” è senza dubbio la traccia musicalmente più complessa: l’iniziale valzer campagnolo lascia il posto ad una lunga ed evocativa sezione progressive in cui la voce di Faber pare frantumarsi come vetro in echi labirintici (“Vedo che salgo a rubare il sole per non aver più notti / Perché non cada in reti di tramonti l’ho chiuso nei miei occhi”).

L’album si chiude con “Il Suonatore Jones”, indubbia perla dell’album e dell’intera produzione di De André: unico ad aver conservato il proprio nome, luce di speranza dopo la desolata galleria dei ritratti precedenti, Jones si erge a simbolo di umanità non corrotta dal rancore e dall’ambizione, capace di ritrovare se stessa nel rapporto diretto ed intenso con la natura e con la musica. Splendido il testo (“In un vortice di polvere gli altri vedevan siccità / A me ricordava la gonna di Jenny in un ballo di tanti anni fa”, “Libertà l’ho vista dormire nei campi coltivati / A cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato”) e di splendida semplicità la musica: proprio come nel brano iniziale assieme a Jones tornano le morbide note dei flauti a dialogare ed intrecciarsi con la voce calda di Faber.

Non Al Denaro, Non All’Amore Né Al Cielo” non rappresenta forse un punto di svolta nella discografia di De André, indubbiamente penalizzato dall’essere cronologicamente “incastrato” tra due album di primo piano come “La Buona Novella” e “Storia Di Un Impiegato”; resta tuttavia il valore di un’opera musicalmente coerente ed estremamente piacevole, e di poesie (quelle di Masters, ma ancor più quelle di Faber) capaci di risvegliare ogni volta emozioni profonde.

V Voti

Voto degli utenti: 8,8/10 in media su 25 voti.

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Cas (ha votato 8 questo disco) alle 20:46 del 12 maggio 2013 ha scritto:

secondo me invece rappresenta un grande punto di svolta nella discografia di de andré: si accolgono le istanze prog (che prima apparivano qua e là ma senza la complessità e l'organicità qui presente), si lavora su armonie stranianti (l'ottico), si sorpassa il classico stile da "chansonnier". si farà lo stesso -in chiave world- con Creuza de Ma, altro capolavoro.

Marco_Biasio (ha votato 10 questo disco) alle 17:06 del 13 maggio 2013 ha scritto:

Sulla scia di Cas. Musicalmente questo è il miglior De André, davanti anche a Storia di un impiegato... Se c'è un disco che proprio non si può sacrificare armonicamente alle liriche, questo è NADNAANAC. Pezzi incredibili e testi che, per quanto semplici e popolari (Masters lo si gode di più letto in originale, che la traduzione della Pivano dopo un po' stanca IMHO), colpiscono a fondo. Ancora mi ricordo la sorpresa che mi ha pervaso ad ascoltare Un Malato Di Cuore e Il Suonatore Jones: la sorpresa di chi si rende conto che sta ascoltando un classico.

rubenmarza, autore, (ha votato 9 questo disco) alle 18:49 del 13 maggio 2013 ha scritto:

musicalmente secondo me De André raggiunge il vertice con Anime salve: unisce la lezione musicale di Creuza de Ma all'immancabile profondità testuale e tematica... ma sono d'accordo, Un malato di cuore e Il suonatore Jones emozionano ogni volta.

Totalblamblam (ha votato 10 questo disco) alle 22:45 del 14 maggio 2013 ha scritto:

beh si ma anime salve musicalmente deve tutto a fossati

Lezabeth Scott alle 18:07 del 13 maggio 2013 ha scritto:

"Un ottico", soprattutto, è un pezzone che sembra uscito dalla scuola di Canterbury.

loson (ha votato 8 questo disco) alle 18:34 del 13 maggio 2013 ha scritto:

D'accordo con tutti e tre.

bill_carson (ha votato 4 questo disco) alle 15:56 del 14 maggio 2013 ha scritto:

mai piaciuto.

Totalblamblam (ha votato 10 questo disco) alle 22:43 del 14 maggio 2013 ha scritto:

il migliore della prima fase folk rock. lo preferisco anche a tutti morimmo. è un disco che ha davvero bisogno di molti ascolti per essere pienamente compreso nella sua immensità. voto 10 che dare otto mi ricorda tante cacate votate così.

benoitbrisefer (ha votato 9 questo disco) alle 21:52 del 15 maggio 2013 ha scritto:

Quoto Cas. Album straordinario pieno zeppo di brani indimenticabili (un matto, un blasfemo, un malato di cuore, tutti in pratica) e la poesia di De André non traduce ma rielabora e, se possibile, migliora i versi di Masters.

lev (ha votato 9,5 questo disco) alle 22:28 del 15 maggio 2013 ha scritto:

dopo anime salve, il suo più bello.

nebraska82 (ha votato 9 questo disco) alle 20:16 del 16 maggio 2013 ha scritto:

capolavoro.

FrancescoB (ha votato 7,5 questo disco) alle 20:29 del 16 maggio 2013 ha scritto:

Preferisco "Tutti morimmo a stento", "Anime Salve" e "La Buona Novella". Ma anche questo lavoro è molto bello, a tratti impressionante. De Andrè monumento, e per fortuna che in molti riusciamo a liberarci di luoghi comuni e retorica e a valutare la sua enormità in quanto tale

mendustry (ha votato 10 questo disco) alle 9:10 del 17 maggio 2013 ha scritto:

A mio avviso il disco più intenso di De André rimane "La buona novella" ma anche questo, come "Storia di un impiegato", "Anime salve" e "Rimini", merita 10. Impossibile dargli un voto inferiore.

dissonante (ha votato 10 questo disco) alle 8:45 del 13 ottobre 2013 ha scritto:

Disco perfetto, immacolato.

dissonante (ha votato 10 questo disco) alle 22:34 del 21 aprile 2015 ha scritto:

E' uno dei momenti più alti della musica italiana. Difficile separare fiore da fiore, ma "Un ottico" (penso specialmente alla ripresa finale "vedo gli amici ancora sulla strada....", attimi di puro orgasmo musicale) e subito dopo il "suonatore Jones" sono magia pura. Senza parole.

rubenmarza, autore, (ha votato 9 questo disco) alle 20:32 del 21 marzo 2016 ha scritto:

100 anni fa usciva l'Antologia di Spoon River: buona occasione per (ri)scoprire questo gioiello del buon Faber