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R Recensione

7/10

Massimiliano D'Ambrosio

Novembre

Arrivato alla seconda prova, Massimiliano D’Ambrosio, uno dei più promettenti giovani cantautori della scuola romana, cresciuto tra le mura dello storico Folkstudio della capitale, fa centro pieno, con un disco ispirato e intenso, sostenuto da ottimi musicisti che spesso non si limitano ad accompagnare il cantante, ma ne impreziosiscono i brani.

Molti i riferimenti che potrebbero venire alla mente ascoltando il disco, ma uno su tutti sembra preponderante, quello di Fabrizio De Andrè. Echi della sua musica e della sua sensibilità compaiono tra le righe e le note, a volte più evidenti, a volte solo accennati, probabilmente spesso inconsci. Così è nei suoni vagamente mediterranei di Rosa, o nell’andamento tra marcia e filastrocca di Aprigli la testa  (che prende spunto da una poesia di E. E. Cummings) o ancora ne I re del mazzo dove, con una splendida esecuzione di tutti i musicisti, si ritorna con la mente alla Volta la carta di De Andrè.

Ma i vertici del disco sono altri, a partire dall’iniziale La ballata delle donne, un vero colpo di bravura nel musicare un testo di uno dei più grandi poeti italiani del novecento, Edoardo Sanguineti, che diventa una ballata dallo stile classico,  impreziosita da una fisarmonica delicata e un violino elegante, quasi un folk rock d’autore. Altrettanto riuscito Lettera dalla Palestina, con i suoi toni scuri, dove un corno francese drammatizza un testo teso, splendido, che racconta in maniera poetica e non retorica del dramma della Palestina dal punto di vista di un obiettore di coscienza dell’esercito israeliano. Splendida la fisarmonica di Desiree Infascelli,  toccante la frase che apre e chiude il brano (questo albero che non dà frutti, di un colore vermiglio spento, dove ringhia feroce il vento, e che toglie il respiro a tutti).

Il cantautore romano tocca poi tocca vertici poetici elevati nel lento ed intenso Scese lenta l’ultima neve, dove racconta un fatto sgradevole (la triste vicenda di Stefano Cucchi) senza essere troppo didascalico, riuscendo comunque a farci quasi vedere tutto. Splendido l’arrangiamento.

Si sfiora il capolavoro con Jesus (brano ispirato da un testo di Borges): pochi cantautori hanno il coraggio di toccare una materia così delicata come la vita di Gesù (anche qui viene in mente il solito grande Fabrizio), e altrettanto pochi riescono a farlo con tale delicatezza, sincerità e poesia. D’Ambrosio ci riesce in questo brano, splendido per il testo e per la costruzione musicale, in cui si immagina Gesù che narra in prima persona.

Non da meno La sfida, un testo che ancora tocca vertici altissimi di poesia, un brano lento e atmosferico, dove spiccano il violino di Vanessa Cremaschi e il mandolino di Davide Vaccari, e Novembre, dove un arpeggio lieve apre un susseguirsi di flash back, senza interruzioni o ritornelli, nella vita personale dell’autore.

Se lo spirito, la poesia, e direi anche l’umanità di Fabrizio De Andrè fanno spesso capolino tra le righe, non poteva mancare un brano espressamente a lui dedicato: Requiem, un reggae lento impreziosito dal violino.

Arrangiato splendidamente e suonato egregiamente da ottimi musicisti, Novembre è non solo il disco della maturità di D’Ambrosio, ma certamente uno dei lavori più interessanti dell’anno per quanto riguarda la canzone d’autore italiana.

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