R Recensione

7,5/10

Paolo Gerbella

La regina

Paolo Gerbella torna a quattro anni dal precedente concept album Io, Dino, dedicato alla vita del poeta Dino Campana, con un nuovo lavoro a tema, incentrato stavolta su una vicenda storica importante ma poco conosciuta. Una storia che risale agli inizi del secolo scorso, e più precisamente ai giorni tra il 19 e il 23 dicembre del 1900, quando il Prefetto di Genova fece chiudere con decreto la locale Camera del lavoro, per i benpensanti dell’epoca ritenuta luogo di ritrovo di pericolosi anarchici e socialisti. La risposta degli operai fu uno sciopero, il primo grande sciopero italiano del secolo, che bloccando nel porto la merce (definita in gergo “la regina”, perché è ciò intorno a cui tutta l’economia della città si muove), creò un conseguente blocco dei commerci in tutto il paese. E’ così che la lotta di un’intera città contro il potere dello Stato ottenne il ritiro del decreto, e aprì alle grandi conquiste sindacali e sociali del ‘900.   

Una storia che è arrivata tra le mani del cantautore genovese attraverso un libro pubblicato nel 1932, “Vent’anni di movimento operaio genovese”, conservato dal padre, che a sua volta lo ereditò dal nonno. Dalla lettura di questo libro partono le ricerche storiche di Gerbella, che sono confluite nella stesura dei dieci brani del disco composti a quattro mani con Rossano Villa, che ne ha curato anche gli arrangiamenti. Un disco quindi dal tema importante, per il quale il cantautore ha scelto delle musiche con influenze diverse e leggere, realizzate con una strumentazione molto varia: oltre al classico chitarra – basso – batteria, qui ci sono una sezione fiati sempre preziosa ad ogni intervento, gli archi, l’arpa, la ghironda, la cornamusa e i fiati irlandesi, il piano e la fisarmonica.

Ci introduce al racconto Carbonin, aperto dal recitato di Gerbella a cui subentrano le voci in genovese di Laura Parodi e Sabrina Colombo, in un rimbalzo tra italiano e dialetto che proseguirà per tutto il disco, quasi a voler sottolineare la radice locale della storia, che assume però anche una valenza nazionale. Il dialetto torna in Rèsche in ta goa, brano che gode di un arrangiamento dei fiati molto bello, e nella title track La regina, dove Gerbella e la Parodi si alternano ancora tra italiano e dialetto. 

Tra atmosfere di derivazione jazz (lo slow jazz di Marta e Piero introdotta dal clarinetto, lo swing di Lo sciopero e la regina, con ancora il clarinetto in evidenza) e ballate intense (Ora che, aperta da una bellissima e avvincente melodia, e Dalle Mura con il suo testo splendido), c’è spazio anche per le melodie sudamericane di La vigilia, un brano dal profumo di tango, in cui si racconta il momento della decisione, la sera prima di agire, per difendere la dignità del lavoro e “dar spazio alla giustizia”.

Molto interessanti gli interventi di alcuni ospiti di rilievo, tra cui spiccano Sergio Berardo dei Lou Dalfin, la cui ghironda occitana impreziosisce La cena, un brano veloce e  dal ritmo festaiolo, e Maurizio Cardullo dei Folkstone, con il suo bagaglio di strumenti irlandesi (fiati, cornamuse, Buzuki) che danno un tocco di combat folk a Un uomo libero. Brano che torna alla fine del disco come bonus track in versione in occitano, Ome libre, una delle melodie vincenti del disco, qui cantata da Erica Molineris, che suggella un lavoro espressamente dedicato al popolo occitano.

Il nuovo album di Paolo Gerbella è un disco davvero importante, che riporta alla luce un fatto storico dimenticato senza essere didascalico, riuscendo nell’intento di conservare la memoria e farla rivivere raccontando gli eventi con una vena poetica che li rende attuali, grazie anche a degli arrangiamenti perfettamente riusciti e ad un gruppo di ottimi musicisti.

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Voto degli utenti: 8,5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Giuseppe Ienopoli (ha votato 8,5 questo disco) alle 15:44 del 11 novembre 2019 ha scritto:

Grazie Giorgio, non conoscevo Gerbella Paolo e per quanto mi riguarda si è trattato di un lieto evento ... gli ingredienti ci sono tutti: la Storia del movimento operaio da scoprire e che si tramanda orgogliosamente da padre a figlio, l'alternanza del dialetto con l'italiano per riaffermare l'identità, gli arrangiamenti curati ed eleganti che ti conquistano da subito, una strumentazione particolare che ti riempie il cuore di armonia al suono di archi con l’arpa, la ghironda, la cornamusa e i fiati irlandesi, il piano e la fisarmonica, e poi ancora atmosfere jazz e swing con tanto di clarinetto ... e infine lo stile di Paolo Gerbella che scandisce le parole e le rende ancora più importanti di quanto siano già.

E pertanto grazie per altre dieci volte, Giorgio Zito ... non smettere di farci le tue proposte.

Giuseppe Ienopoli (ha votato 8,5 questo disco) alle 7:56 del 15 novembre 2019 ha scritto:

"... la differenza tra esserci o svanire! ... dinanzi al mondo sei un semplice mattone (per) un costruttore di nazione a cui la Storia darà l'estrema unzione ..."

Sono alcune delle parole di "Un uomo libero" ... un altro brano che si fa apprezzare senza riserve mentali e ronza nel tuo sentire più giovanile che sembrava dormire in soffitta coperto di polvere e felice di ignorare le miserie ignobili della politica odierna.

Tra l'altro i toni dialettici e la grinta del brano sembrano riproporci un Cisco Bellotti duepuntozero e farci riassaporare il reel_irish dei primi MCR ... recuperate gente ... recuperate!

Giuseppe Ienopoli (ha votato 8,5 questo disco) alle 11:23 del 12 febbraio ha scritto:

Riascoltato stamattina ... girare lo sguardo all'indietro non è mai un risultato di mancanza del nuovo, ma quasi sempre coincide magari con un momento di decisione cruciale e di vigilia attesa.