R Recensione

7/10

Micah P. Hinson

Micah P. Hinson and the Opera Circuit

Si usa dire che la classe non è acqua. E si dice anche, che il talento uno non se lo può inventare: o ce l’hai, o non ce l’hai. Bene, dopo questo secondo album appare chiaro come il sole che il buon Micah (Paul) Hinson  possiede l’uno e l’altra in dosi non comuni. Stupisce forse meno questa volta, il buon Micah da Abilene (Texas); ma probabilmente, è solo perché questo disco viene ‘dopo’.

Una voce bellissima, un songwriting sempre ispirato, semplice e lineare ma al contempo profondo in grado di regalare struggenti emozioni; queste le armi con cui il nostro ci ammalia ancora una volta, così come era successo due anni or sono con il magnifico esordio discografico (And the gospel of progress). Accordi delicati e nostalgici della sua chitarra, a cui spesso e volentieri si accompagnano archi e fiati, ci raccontano di storie e disillusioni personali; paesaggi autunnali, che quasi si materializzano davanti ai nostri occhi rapiti, seguendo il susseguirsi delle note. E qualche scatto rabbioso, che emerge solo qua e la, in rare quanto azzeccate fughe elettriche.

Dalla sarabanda di violini, armoniche e via dicendo del folk in salsa gitana di Digging the Grave alla progressione ritmica di You’re only lonely passando per le ‘classiche’ ballate che ormai abbiamo imparato a conoscere, eppure ci impressionano sempre (Seems almost impossible, Drift off to sleep, Little boys dream per citare le più riuscite) è un susseguirsi di piccole, quanto preziosissime gemme che traboccano di sentimento. 

Undici brani per un album che palesa, una volta di più, una maturità ed una sensibilità musicali fuori del comune. Se un appunto può essere mosso al disco in questione, questo riguarda a parer mio la decisione del cantante di impostare la sua voce di una ottava più in basso, perdendo così quel timbro caldissimo ed intimamente personale che tanto si era fatto apprezzare sull’album di esordio. Ma tant’è…

Se ‘Gospel of progress’ rimane, a giudizio di chi scrive, disco assolutamente imperdibile e tra gli esordi più fulminanti degli ultimi anni, questo secondo lavoro resta un degno successore, e album da scoprire ed assaporare un pezzetto alla volta.

Dedicato soprattutto a chi ama un certo cantautorato folk-rock ‘sbilenco’, che parte da L. Cohen ed arriva dalle parti di Tom Waits.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

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target (ha votato 7 questo disco) alle 12:01 del 8 ottobre 2009 ha scritto:

Molto bello, come d'altronde tutte le cose che ha pubblicato Micah (tranne il recente disco di cover, tutto sommato superfluo). Il precedente e il successivo, in ogni caso, mi sembrano superiori.

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 12:32 del 8 ottobre 2009 ha scritto:

l'ho trovato inferiore rispetto a "the red empire orchestra" a livello di atmosfera e background emotivo; ad ogni modo questo "...and the opera circuit" contiene buoni pezzi quali

-diggin'a grave:trascinante, carnevalesca;

-Jackeyed: tesa, sembra voler esplodere di soppianto a un certo punto;lo strimpello iniziale è il background della canzone, che si muoverà fino alla fine su questa linea;

-letter from huntsville: parte scarna, micah è immerso in ricordo remoto, che inevitabilmente crolla sotto i passi di un contro tempo incalzante e vibrante, danzante.

The musical box alle 20:53 del 25 febbraio 2014 ha scritto:

Questo disco e'meraviglioso....cattivo davvero nella sua dolcezza decadente....you re only lonely e' emozione pura