Eels
Tomorrow Morning
Mr E è un ineffabile compagno di viaggio. Un amico prezioso. Di quelli da tenerseli stretti. Di quelli a cui piace starsene per i fatti propri, che si fanno sentire di rado, ma che quando hai bisogno di loro ci sono sempre e sanno sempre cosa dire. Così è stato per almeno tre lustri. Poi, improvvisamente, quel silenzio s’è gonfiato di così tante parole, suoni ed emozioni - non nuovi ma impellenti, incontenibili - che un disco solo non bastava più a sorreggerne la catarsi giaculatoria. Morale della favola: prima appena cinque album in quasi quindici anni di carriera, ora tre nell’arco di poco più di un’ orbita terrestre attorno al sole.
Una trilogia di concept album iniziata con Hombre Lobo e continuata con End Times che trova ora il suo ideale compimento, la sua sintesi hegeliana, per così dire, con il nuovo Tomorrow Morning. Lavoro che riassume in sè e sublima i tratti salienti dei due predecessori: il vitalismo irsuto del primo e il riflusso ciclotimico del secondo. Coniugandoli in una forma che rilegge il passato in una chiave più tersa e pop di quanto eravamo abituati ad ascoltare. Atmosfera insieme aurorale e crepuscolare. Senso di sollievo e di speranza, guardando al futuro sicuri che, qualunque cosa accada, il peggio è già alle spalle e anche se il male dovesse ripresentarsi troverà una fitta schiera di anticorpi esistenziali e musicali a sbarrargli la strada.
Arrangiamenti che riscoprono il piacere della classicità (un coro, una piccola sezione d’archi e di fiati) e rimandano alla sua fuggevole ma memorabile esperienza di compositore per il cinema (Levity misconosciuto piccolo film americano pieno di commozione e di poesia, uscito nel 2003 e interpretato da Billy Bob Thornton, Kirsten Dunst, Holly Hunter e Morgan Freeman, uno più bravo dell’altra, per inciso). Così come l’elettronica che punteggia in sottofondo molti degli episodi più riusciti rimanda al suo primo grande capolavoro Beautiful Freak, ai tempi in cui l’elettro-folk era l’ultima nuova indie e lui e Beck (liscio, biondo, solare questi, barbuto, cupo, introverso il Nostro) gli araldi più significativi.
Tomorrow Morning è lo squarcio bianco, fragile e luminoso fra un temporale e l’altro. Ed è un momento caduco e fuggevole ma osservato con tale intensità da stancare gli occhi e ricamarne indelebilmente l’immagine sul fondo della retina. Qui le asprezze di My Baby Loves Me, elettro-garage viscerale e compiaciuto, e Looking Up, jump blues pentecostale, si stemperano nel pop insieme ruvido e gentile, digitale e cameristico di brani come la brumosa Spectacular Girl o la rauca e dolcissima What I Have To Offer, nell’ouverture solenne di I’m The Hummingbird, nel passo dinoccolato per mellotron e vibrafono di That’s Not Her Way, nel rullo di tamburi che apre il sontuoso ritornello, da oratorio corale, di Mistery Of Life, nel valzer aereo e trepidante di Oh So Lovely.
“Tomorrow is a long time”, come diceva un poveraccio amico mio, abbiamo quindi tutto il tempo - prima che il sole sorga ancora sulle nostre miserie - per gustarci il vecchio-nuovo E. L’amico ritrovato.
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