R Recensione

8/10

Damero

Happy in Grey

Noi generazione di Myspace.

Ricordo qualche mese fa, circa sei o sette, quando leggo un bulletin sul miospazio fatto girare da Ellen Allien ( o da colui/colei che si cela dietro il myspace della dj berlinese). Raccomanda caldamente di ascoltare la nuova entrata della casa Bpitch Control, un certo Damero. Dò un’occhiata al sito e alle varie foto e mi accorgo presto che si tratta di unA certA Damero.

Lineamenti poco teutonici a dire la verità, pelle chiara, si, ma con una testa mora riccia a caschetto e un rossetto rosso sulle labbra.

Il sito ufficiale di Damero non è ancora pronto, ma siamo tutti vittime dell’etere e un myspace funzionale basta e avanza per capire di cosa si tratta.

La prima cosa che guardo, di solito, è il genere sotto cui si classifica: elettronica / IDM / electro funk. La seconda sono gli amici: la suddetta Ellen Allien, Apparat, i Low…etc. E poi la provenienza: Berlino.

Queste mi bastano per cercare e ascoltare a scatola chiusa il suo disco d’esordio, Happy in Grey, pubblicato nel febbraio 2007.

Grey è l’inverno dal quale stiamo uscendo, Grey è il cielo di Berlino, Grey è la metropolitana all’uscita dal lavoro, Grey sono i palazzi del centro visti dall’alto della Vittoria alata, Grey è l’anonimità, Grey è lo stato d’animo da cui fuggiamo.

Marit Posch, aka Damero, esordisce con un ossimoro: quasi che il “Grey” fosse una condizione necessaria di base, il fondo che tutti tocchiamo quotidianamente con mano, nel quale si inserisce la sua successione di note che genera in noi uno stato di felicità (Happy).

Marit vanta di una formazione giovanile di musica classica coi migliori maestri, tra Germania, Francia, Italia e Stati Uniti, e cos’è l’elettronica oggi, se non la nuova musica classica? Per intenderci, sulla sua biografia ufficiale viene definita la Anne Netrebko (nota cantante lirica russa) dell’IDM…

Fin dall’ascolto delle prime note del disco, Ellen Allien l’ha voluta reclutare sotto l’ala protettiva della sua etichetta Bpith Control, nota garanzia di qualità: undici tracce compongono il disco, sei sono prodotte da Henri Hagenow, più varie collaborazioni illustri.

Indie-tronica della miglior specie contaminata dal pop, in alcune parti più delicato, vedi le tracce di Mope, 1-1+1-1+1…=1/2, Sweet Thunderheads, I Made A Homel, nelle quali spicca la sua voce ovattata e fredda che si fa largo tra le tracce dei synth e delle basi campionate di fondo. Queste forse le tracce migliori, quelle che ricordano i Postal Service e i Notwist, in cui traspare un nuovo (triste) romanticismo dalle sue note, un costante panorama notturno innevato, un sussurro dolce e ritmato, influenzato indirettamente e allo stesso tempo concretamente dalle note di Agf ( vedi 1-1+1-1+1…=1/2).

Passage to Silence, la traccia numero tre e uno dei singoli più riusciti dell’album, è frutto della collaborazione con il paladino della Bpitch, Apparat, suoni più dilatati e cupi ne aumentano la profondità, un’eco lontana scandita da un ritmo che il campionamento rende quasi tribale.

Io adoro Okay Okay traccia numero cinque, forse perché ci sento dentro i Lali Puna, ma meno low-fi (se i Lali Puna possono definirsi low-fi), un crescendo di emozioni elettroniche che non arrivano mai a scadere nella dance music, per intenderci, non una Barbara Morgenstern qualunque, musica da camera mista a musica da aperitivo mista a musica da predisco.

Neck Warmth e Capricorn Saltlick (quest’ultima con la collaborazione di Zander Vt) passano per suoni più soffusi per giungere poi a Gestern Morgen (feat Nevis Peak) dove regna la distorsione.

È il disco del viaggio. È il disco della notte. È il disco della perduta stagione.

V Voti

Voto degli utenti: 5,5/10 in media su 2 voti.
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gogol 7/10

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