R Recensione

7/10

Dntel

Dumb Luck

Coloro che normalmente tendono ad intenerirsi e a collezionare alibi e scrupoli per gruppi ed artisti alle prese col “difficile terzo disco” qui avranno di che commuoversi. Perché, in questo caso, anche se il disco in questione ufficialmente è solo il secondo, la situazione del nostro Jimmy Tamborello è quantomeno spinosa. Per usare un generoso eufemismo.

Non solo perché Tamborello torna ad incidere sotto la sigla Dntel dopo ben 6 anni, (un’enormità secondo le normali convenzioni discografiche), ma anche perché in questi 6 anni di acqua sotto i ponti, per Jim e per il resto del mondo musicale, ne è passata davvero parechia.

Se da una parte quella folktronica che Life Is Full of Possibilities aveva contribuito a definire e rendere celebre (perlomeno nell’angusto circuito indie) è ormai un sottogenere ben definito, dal suono ormai cristallizzato, con le sue etichette simbolo (Morr su tutte),le sue stelle e stelline, dall’altra il nome di Tamborello è ormai legato indissolubilmente al side project The Postal Service, messo su assieme all’amico Ben Gibbard (Death Cab For Cutie). Vale a dire “quelli che hanno riportato in auge il synth pop”, più semplicemente uno dei connubi di maggior successo tra indie ed elettronica degli ultimi anni.

Un ritorno alle “origini” quindi, ma anche una sorta di prova del fuoco, temprata dalla necessità di dimostrare al mondo che si può dire ancora qualcosa sotto la sigla Dntel. Per l’occasione, ancora una volta, proprio come 6 anni fa, Tamborello si circonda di amici più o meno noti, mettendo al servizio della loro arte la sua chincaglieria di scorie sonore e disturbi impercettibili, refusi gracchianti e tappeti lo-fi.

Il risultato è, fortunatamente, apprezzabile: sottoposte al trattamento del nostro le lunghe divagazioni psych-folk di Grizzly Bear si fanno più avvolgenti e assumono connotati quasi-wyattiani (To a fault), il trepidante country-folk dei Rilo Kiley esorcizza in parte la melensaggine che spesso ne inficia le produzioni (Roll On) e il misconosciuto duo folkArthur & Yu ha l’occasione di mettersi in luce con la bella The Distance.

Meno brillante la prova dei Fog, un po’ spenti in Natural Resources, impeccabile ma non memorabile il signor Bright Eyes in Breakfast In Bed, procedono di mestiere i Lali Puna con I’d Like To Know, adorabili come sempre i Mystic Chords of Memory di Dreams.

E Tamborello? Dirige il tutto con la maestria e con la classe che lo hanno reso figura imprescindibile della galassia indietronica, senza mai perdere il colpo o accusare stanchezza, riservandosi l’onore di aprire le danze in solitaria nella splendida sortita folk della titletrack, una delle highlights assolute del disco.

Questa volta nessuna rivoluzione sonora in vista, solo il piacere di ascoltare un piacevole riassunto della scena folktronica, con la consapevolezza che tanto indie dovrà passare, ancora per un pò almeno, da queste parti.

V Voti

Voto degli utenti: 6,7/10 in media su 3 voti.
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rubens 8/10
londra 6/10
REBBY 6/10

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